Oltre alla produzione di batterie, il futuro dell’industria elettronica e dell’automotive è largamente dipendente dalle terre rare, che ancora una volta, sono nelle mani della Cina. L’Ue, infatti, dipende per il 90% delle terre rare dal gigante cinese, e per il 78% dal litio.
Tra gli elementi più importanti, ci sono gallio e germanio usati per i semiconduttori, mentre l’antimonio è utilizzato nella costruzione di esplosivi militari. Da qui il braccio di ferro commerciale e politico tra Usa e Cina, con l’Europa in mezzo ai due fuochi, che a settembre scorso è stato reso pubblico da una nota scritta dalla Casa Bianca in cui si scriveva in modo molto chiaro che “i minerali critici sono mattoni fondamentali per l’economia moderna e per la nostra sicurezza energetica…la Cina ha monopolizzato il mercato della lavorazione e raffinazione di materiali critici, lasciando gli Stati Uniti e i loro alleati vulnerabili agli shock nelle catena di fornitura e minando alla base la sicurezza economica e nazionale“.
Da Seul, una ricerca innovativa per recuperare metalli preziosi
Se questa è la situazione americana ed europea, anche per la Corea del Sud non va meglio, visto che importa il 95% dei suoi minerali principali, come litio, nichel e terre rare; queste ultime, caratterizzate da proprietà chimiche, elettriche, magnetiche, sono molto richieste come materiali principali nell’industria automobilistica e nella produzione di energie rinnovabili.
E proprio dalla Corea, arriva un risultato importante di un esperimento scientifico che potrebbe cambiare (in parte) questa condizione di ultra-dipendenza. Lo studio è stato condotto dal Center for Water Cycle Research del Korea Institute of Science and Technology di Seul, coordinato da Jae-Woo Choi che con il suo gruppo di ricerca ha sviluppato una sorta di “spugna” per il recupero delle terre rare a base di fibre. La soluzione materiali come il neodimio (Nd) e il disprosio (Dy) con un elevato grado di efficienza.
“Il materiale per il recupero di metalli delle terre rare sviluppato in questo studio è una tecnologia in grado di sostituire gli attuali materiali di assorbimento granulare, mostrando risultati eccellenti in termini di prestazioni, produttività, economicità e applicabilità, che rivitalizzerà l’ecosistema dell’estrazione dei minerali di scarto delle infrastrutture digitali e ha un grande potenziale per l’applicazione industriale attraverso il riciclaggio delle risorse“, del KIST.
Il materiale innovativo per il recupero delle terre rare
Di cosa si tratta? I ricercatori hanno sviluppato un materiale in fibra composita nanostrutturata composta da strutture metallo-organiche e fibre composite di polimeri acrilici per recuperare in modo efficiente i metalli delle terre rare; secondo la pubblicazione coreana questo nuovo materiale potrebbe contribuire a risolvere i problemi di approvvigionamento di terre rare, estraendo e riciclando i metalli utilizzati principalmente nei magneti permanenti di terza generazione, componenti essenziali nei veicoli elettrici, nei motori di propulsione dei veicoli ibridi, ma anche nell’energia eolica, nella robotica e nell’industria aerospaziale. Insomma, tantissime applicazioni centrali per le economie dei paesi avanzati.
“In futuro, la tecnologia potrà essere ampliata per recuperare selettivamente varie risorse utili, tra cui le terre rare, dalle acque reflue industriali, contribuendo alla neutralità carbonica e alle industrie a monte e a valle legate alle terre rare”, ha aggiunto il dott. Youngkyun Jung; infatti, il team si aspetta che il materiale sia in grado di recuperare efficacemente le terre rare non solo dai magneti permanenti di scarto, ma anche da una varietà di acque reflue industriali contenenti metalli delle terre rare, come il drenaggio delle miniere.