Tutti i numeri del rapporto di sostenibilità CONOU 2023 nell’anno del 40° anniversario del Consorzio
L’Italia si afferma leader nella raccolta e rigenerazione degli oli usati, con una filiera che raggiunge un tasso di circolarità quasi del 100%. Questo risultato, che vale il primato europeo al nostro paese, ha anche riflessi economici positivi. Sono i dati diffusi dal rapporto di sostenibilità CONOU 2023. Il Consorzio nazionale per la gestione, raccolta e trattamento degli oli minerali usati, ha lanciato il dossier nel suo 40 esimo anniversario, a Roma, con un evento lo scorso 31 maggio.
Un primato europeo impossibile da scalfire
I numeri dicono che l’Italia è al top nella classifica europea della gestione circolare degli oli minerali usati, provenienti da settori industriali e officine. In Europa la raccolta è pari all’82% del potenziale raccoglibile, mentre mediamente si rigenera appena il 61%. L’Italia alza nettamente la media, con un sistema nato per fare di necessità virtù. La mancanza di materie e, quindi, le prime norme Europee sui rifiuti hanno spinto l’evoluzione del sistema consortile e di responsabilità estesa del produttore (EPR), con risultati che ora fanno scuola. Quando correttamente smaltito e rigenerato, questo rifiuto può diventare una preziosa risorsa. Al contrario, se non trattato adeguatamente, potrebbe rappresentare una grave minaccia per l’ambiente.
Numeri sempre in positivo
Il rapporto di sostenibilità CONOU 2023 conferma la continuità di una gestione del rifiuto che da tempo registra buone performance. Sono 183 mila le tonnellate di oli minerali usati raccolte, quasi la totalità della quota raccoglibile. Il 98% viene avviato a rigenerazione da 59 concessionari che, nell’attività di raccolta e micro-raccolta, ritirano l’olio da 103 mila produttori su tutto il territorio nazionale. Si tratta, in particolare, di siti industriali (12%) e officine (88%).
Il 50% del totale raccolto viene dalla micro-raccolta, ovvero da piccole quantità smaltite anche in località impervie e lontane dalla grande viabilità. A compensare gli extra costi del servizio è lo stesso CONOU, per incentivare questa pratica capillare anche quando la normale concorrenza di mercato lo sconsiglierebbe. La maggior parte del totale raccolto viene trattata da tre impianti di rigenerazione: il più attivo è a Lodi, e lavora da solo più di 90 mila tonnellate. Seguono Ceccano (63,4 mila tonnellate) e Napoli (26 mila). Il lavoro dei raccoglitori e di queste strutture di rigenerazione ha fatto sì che solo 2.800 tonnellate siano andate alla termovalorizzazione in un cementificio, mentre una quantità minima (200 tonnellate) è stata destinata a un inceneritore.
Oltre il 58% dell’olio esausto raccolto viene dal Nord Italia, con la Lombardia in cima alla lista delle regioni produttrici (22%), seguita dal Veneto (12%). Le regioni del Centro contribuiscono con una raccolta del 18%, con il Lazio e la Campania che raccolgono ciascuna il 7%. Il Sud e le isole arrivano al 23%. I numeri non sorprendono, dal momento che le regioni a maggiore densità di popolazione e di insediamenti industriali sono proprio Lombardia e Veneto.
Nuovi standard di rendicontazione sostenibile
Le cifre diffuse sono state presentate dal CONOU in un rapporto che adotta i nuovi standard normativi europei creati dall’EFRAG (European Financial Reporting Advisory Group), che presto diventeranno obbligatori per tutte le aziende per la rendicontazione di sostenibilità.
“La strada della trasparenza secondo gli standard UE richiede applicazione, continuità e competenza,” ha dichiarato il presidente del CONOU, Riccardo Piunti. “I rapporti di sostenibilità chiamano sempre più professionalità ampie e multiformi per gestire, a livello complessivo, gli input tecnici, economici, ambientali e organizzativi che le diverse funzioni aziendali mettono a disposizione. La realtà consortile, non un’azienda ma una galassia di aziende, rende questo compito ancora più complesso. Per questo siamo sempre molto soddisfatti del nostro rapporto di sostenibilità, certificato da un revisore di livello, che fotografa la nostra eccellenza in modo completo e veritiero, il nostro biglietto da visita in Europa”.
L’ambiente ringrazia, l’economia pure
La rigenerazione degli oli usati ha impatti positivi sull’ambiente. Nel 2023, secondo il Consorzio l’attività ha evitato emissioni in atmosfera per 127 mila tonnellate di CO2 equivalente. Rispetto alla produzione di basi lubrificanti vergini, diesel e prodotti bituminosi, la rigenerazione porterebbe una riduzione di gas serra del 57%. Il ragionamento si può declinare anche in termini di risparmio sulle fonti primarie: significa che è stato evitato il consumo di circa 7 milioni di GJ di combustibili fossili e 60 milioni di metri cubi di acqua.
Economia e occupazione rispondono bene all’attività di raccolta e rigenerazione. Il dossier stima infatti che l’attività del Consorzio abbia generato un impatto economico totale pari a 81,3 milioni di euro. Rispetto all’anno precedente, il trend segna un +12% e in termini di occupazione, significa lavoro per 1.857 persone. Il risparmio per le casse dello stato, in termini di riduzione della domanda di materie prime fossili importate vale invece 105 milioni di euro. Dagli oli usati sono state tratte 120 mila tonnellate di nuove basi lubrificanti, con una resa del 66,5%, stabile rispetto al 2022. Dal processo escono anche 26 mila tonnellate di bitume, 22 mila di acqua e leggeri e 12 mila di gasolio.
“Parlare di ambiente significa anche parlare di salute”, ha concluso il presidente di CONOU, Riccardo Piunti. “Il che vuol dire eliminare anche gli elementi di tossicità. Tra questi ricordiamo, i PFAS, che solo marginalmente lambiscono il Consorzio con le acque delle emulsioni, sostanze difficilissime da togliere dalle nostre acque. Ci sono, in Italia, zone rosse, per esempio nel Veneto, dove i PFAS hanno avuto una diffusione incontrollata nelle acque e nelle persone”. Con questo in mente, il consorzio ha avviato nel 2023 ulteriori studi per consentire la rilevazione di PFAS all’interno delle matrici di acqua-olio. “Con la metodica di scissione/combustione a 800°C”, descrive il dossier, “non sono attaccabili e, pertanto, non misurabili”. Quest’anno avremo novità sull’andamento delle ricerche per capire come monitorare, anche nel settore, queste sostanze chimiche tuttora difficilissime da smaltire.