L’Europa perde terreno nella produzione di plastica. Anche quella riciclata. A livello mondiale, infatti, la crescita è del 3,4% su base annua, cioè da 400 a 413 milioni di tonnellate prodotte, mentre nel nostro continente la flessione è dell’8,3% in un solo anno: da 54 a 50 milioni di tonnellate secondo il rapporto Plastics – the fast Facts 2024, pubblicato dall’associazione dei produttori europei di materie plastiche, PlasticsEurope (scaricabile QUI) E questo cosa significa? Che l’industria del vecchio continente rischia di rallentare il processo di circolarità del materiale, e che l’Europa stessa è più dipendente dall’importazione da altri paesi. Difatti, anche sul versante del riciclo non va meglio: da 7,7 a 7,1 milioni di tonnellate, ovvero una diminuzione del 7,8%; per contro il solo dato positivo è la crescita delle bioplastiche, da 700 a 800.000 tonnellate tra il 2022 e il 2023, ma questo avviene piuttosto lentamente, ed è ancora un settore marginale.
Plastica, calano le esportazioni, ma crescono le importazioni
Se la produzione cala, non va certo meglio nelle esportazioni di plastiche, diminuite del -25,4% tra il 2020 e il 2023, di fatto l’Europa è ormai un importatore netto di plastiche e di prodotti finiti in plastica, a discapito della competitività europea, in netto calo, seppure il settore occupi oltre 1,5 milioni di posti di lavoro in 51.700 aziende con un fatturato di oltre 365 miliardi di euro di fatturato. “La transizione dell’UE verso un sistema circolare è in grave pericolo a causa delle importazioni di plastiche che non sempre rispettano i nostri standard. La dura realtà è che assistiamo già alla chiusura di impianti produttivi nell’UE, con la conseguente delocalizzazione dell’industria, dei posti di lavoro e degli investimenti sostenibili”, il commento di Marco ten Bruggencate, Presidente di Plastics Europe.
Secondo Bruggencate “la transizione verso la circolarità avrà successo solo se i decisori politici implementeranno urgentemente le condizioni necessarie per recuperare competitività e offrire una prospettiva a lungo termine per gli investimenti nella circolarità. La finestra di opportunità è stretta e il momento per agire con decisione è adesso”. Il rischio dunque, è di una crescente deindustrializzazione.
Italia va bene in Europa: tra i più forti dopo la Germania
Sul mercato internazionale della plastica, la quota di plastica europea va erodendosi, passando dal 28% nel 2006 all’attuale 12%, meno della metà in 18 anni, un periodo medio-lungo in cui la filiera europea non ha saputo cavalcare l’onda della competitività. Infatti, se il valore commerciale resta comunque alto, a 12,7 miliardi di euro, l’Ue ormai importa sia resine che prodotti finiti. E l’Italia come se la cava? Nella classifica del rapporto Plastics – the fast Facts 2024, siamo al sesto posto in Europa nella produzione di plastiche vergini, con il 4,4% del totale, ed al secondo posto, dopo la Germania, nel riciclo post-consumo con il 15%, mentre resta la stessa posizione anche nella produzione di bioplastiche, con il 34,2%, anche in questo caso alle spalle dei tedeschi (40,7%).
Plastica, ridurre burocrazia e rilanciare investimenti
Insomma ci difendiamo molto bene, ma serve una mano a livello politico, come sottolinea anche l’associazione europea. “Servono misure urgenti che rendano più attraenti gli investimenti nella plastica circolare, riducano la burocrazia, ad esempio abbreviando i tempi per le autorizzazioni, e garantiscano condizioni paritarie con i nostri concorrenti internazionali – suggerisce Virginia Janssens, Managing Director di Plastics Europe -. Nonostante le sfide, restiamo pienamente impegnati nel perseguire gli obiettivi di circolarità e neutralità climatica del nostro piano ‘Plastics Transition’. Ora abbiamo bisogno che l’UE e i responsabili politici degli Stati membri inviino un messaggio chiaro e immediato agli investitori e al mercato sul loro sostegno alla produzione di materie plastiche in Europa e alla transizione in corso.”
Energia e materie prime troppo care
Altri fattori limitanti? Non solo politiche strategiche e burocrazia, ma anche i costi energetici e delle materie prime inficiano il settore, all’interno di una cornice economica europea che in alcuni paesi è stagnante se non addirittura prossima alla recessione. PlasticsEurope chiede una serie di misure ai governanti europei, tra cui obiettivi obbligatori ambiziosi per il contenuto di plastica riciclata, l’accettazione tempestiva di metodologie innovative come il riciclo chimico, procedure di autorizzazione semplificate per installazioni industriali a basso impatto carbonico e schemi di certificazione per garantire che le importazioni rispettino gli standard UE. È inoltre necessario valutare ulteriori misure fiscali ed economiche per rendere urgentemente competitivo il riciclo delle plastiche in Europa.