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Plastica monouso: la Commissione UE annuncia provvedimenti verso 11 Stati

Ieri l'esecutivo UE ha preso provvedimenti contro 11 Stati membri, esortandoli ad accelerare l’attuazione della direttiva sulla plastica monouso

Plastica monouso
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(Rinnovabili.it) – Ieri, 29 settembre, la Commissione Europea ha annunciato provvedimenti contro 11 Stati membri che non hanno ancora dato seguito alla direttiva sulla plastica monouso. Il provvedimento nei confronti di Belgio, Danimarca, Estonia, Irlanda, Francia, Croazia, Lettonia, Polonia, Portogallo, Slovenia e Finlandia esorta i paesi ad accelerare le misure per ridurre l’impatto dei rifiuti in plastica su ambiente e salute umana, visto che non hanno ancora comunicato a Bruxelles le misure che garantiranno il pieno recepimento della direttiva. 

Una nota della Commissione spiega che l’intervento è volto a difendere cittadini e ambiente dall’inquinamento da plastica, promuovendo crescita e innovazione. 

Con la procedura di infrazione, come stabilito dai trattati UE, la Commissione può avviare un’azione legale verso gli Stati che non si impegnano a recepire tempestivamente le direttive europee nei loro ordinamenti nazionali. 

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Più dell’80% dei rifiuti marini è costituito da plastica

Il problema dell’inquinamento da plastica vede nei prodotti monouso uno dei principali focus su cui insiste la Commissione e su cui, negli ultimi anni, cresce il numero di misure messe in atto dagli Stati. 

Gran parte dei rifiuti di prodotti monouso si accumulano nei mari e sulle spiagge: più dell’80% dei rifiuti marini è costituito da plastica, che genera danni diretti a flora e fauna marina e agli uccelli. Con l’azione degli agenti atmosferici, inoltre, i rifiuti si degradano in microplastiche che si inseriscono nella catena alimentare umana. Ci sono anche degli impatti indiretti sull’economia, come nei settori di turismo, pesca e trasporto marittimo. 

Tra gli interventi proposti dalla Commissione nella costruzione del Green Deal ci sono politiche e azioni che supportino l’economia circolare, individuando l’uso sostenibile, il riutilizzo e in ultima istanza il riciclo della plastica quale soluzione per ridurre i rifiuti e l’inquinamento e abbassare i costi di bonifica. 

In questo quadro, la direttiva è al centro di una strategia complessiva di riduzione della plastica e del piano d’azione per l’economia circolare: il suo scopo è incentivare la produzione e l’uso sostenibile di alternative al monouso, per raggiungere l’obiettivo UE “inquinamento zero”. 

L’obiettivo della Commissione è dimezzare i rifiuti di plastica in mare entro il 2030. 

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Applicazione della direttiva sulla plastica monouso

Il 3 luglio 2019 è entrata in vigore la direttiva sulla plastica monouso: da quel momento gli Stati hanno avuto due anni per recepirla nei propri ordinamenti nazionali e iniziare ad applicarla, ma non tutti hanno rispettato le consegne. 

Già a gennaio 2022 da Bruxelles erano partite le procedure di infrazione, con le lettere di costituzione in mora a 16 Stati membri. Di questi, il caso spagnolo è stato chiuso con il pacchetto di infrazioni di luglio, mentre quelli di Cipro, Lituania, Lussemburgo e Slovacchia hanno trovato risoluzione grazie alla regolarizzazione della posizione degli Stati. 

Non sono invece stati attuati interventi da parte di Belgio, Estonia, Irlanda, Croazia, Lettonia, Polonia, Portogallo, Slovenia e Finlandia: a questi paesi la Commissione ha inviato pareri motivati. 

Da questo momento, gli Stati inadempienti hanno due mesi per ideare e comunicare le misure di recepimento. Se non dovesse accadere, potranno essere oggetto di sanzioni pecuniarie da parte della Corte di giustizia europea. 

Sotto la lente di Bruxelles anche Danimarca e Francia, che avevano dichiarato di aver completato il recepimento ma le cui misure non sono state ritenute sufficienti dalla Commissione, che ha inviato lettere di costituzione in mora dando loro due mesi per rimediare, prima di un eventuale parere motivato. 

Quali misure devono adottare gli Stati per recepire la direttiva sulla plastica monouso?

La Commissione ha indicato una serie di misure per le quali gli Stati membri dovranno impegnarsi:

– impedire che siano immessi sul mercato prodotti in plastica monouso laddove esistano alternative sostenibili. Sotto attacco qui i dieci rifiuti più comuni sulle spiagge, che insieme alle attrezzature da pesca sono il 70% dei rifiuti marini in Unione Europea: bastoncini cotonati, posate, piatti, cannucce e agitatori per bevande, palloncini e relative aste di sostegno, contenitori per alimenti, tazze e contenitori per bevande, mozziconi di sigarette, sacchetti, pacchetti e involucri di plastica, salviette umidificate e assorbenti;

– ridurre i contenitori e le tazze per alimenti e bevande sostituendoli con alternative sostenibili;

– responsabilità estesa del produttore per l’industria della plastica monouso, per garantire che siano coperti i costi della raccolta e della rimozione dei rifiuti oltre che i produttori contribuiscono alla rilevazione e alla comunicazione dei dati;

– raccogliere il 90% di bottiglie disperse entro il 2029;

– intervenire sui requisiti di progettazione dei prodotti facendo in modo che contengano quantità minime di plastica riciclata e rendendo tappi, coperchi ed eventuali coperture attaccati ai contenitori;

– individuare requisiti di marcatura per prodotti monouso quali tazze, assorbenti e prodotti da fumo, così che il pubblico sia adeguatamente informato circa la presenza di plastica e le modalità di smaltimento;

– imporre ai fabbricanti di attrezzi da pesca che contengono plastica di coprire i costi di raccolta e conferimento negli impianti dei prodotti giunti a fine vita, oltre a quelli di trasporto, trattamento e delle necessarie misure di sensibilizzazione. 

Gli obiettivi specifici fissati dalla direttiva sono il 77% di raccolta differenziata di bottiglie entro il 2025 e il 90% entro il 2029, introdurre il 25% di plastica riciclata nelle bottiglie in PET entro il 2025 e il 30% entro il 2030. 

La Commissione, nella nota che ha annunciato i provvedimenti di ieri, ha sottolineato come “Un’attuazione inadeguata della legislazione e delle politiche ambientali comporta costi ambientali, economici e sociali e crea condizioni di disparità per gli operatori economici”.