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Plastic Odyssey, la barca che ricicla i rifiuti di plastica in carburante

 

Plastic Odissey

 

Il progetto Plastic Odyssey è pronto a prendere il largo

(Rinnovabili.it) – Attraversare gli oceani a bordo di un battello alimentato unicamente dalla spazzatura che galleggia sulle acque. Questo l’obiettivo di un giovane gruppo di francesi che oggi, nel porto della bretone Concarneau, inaugura il progetto Plastic Odyssey. Il nome, chiaro riferimento al poema omerico, contiene la missione stessa dell’iniziativa: affrontare quello che è stato individuato da più fronti come la piaga ambientale numero uno di questo momento storico (Leggi anche Microplastiche nei mari “enormemente sottostimate”). L’idea è venuta in mente all’ingegnere Simon Bernard che, assieme a tre amici, ha progettato e realizzato il primo prototipo di battello (lungo sei metri) dotato di un mini laboratorio di riciclaggio in grado di trasformare i rifiuti di plastica in carburante navale.

l funzionamento è semlice. L’impianto di bordo schiaccia la plastica e la riduce in fiocchi di circa 5 mm; questi vengono successivamente riscaldati a 420 ° C in assenza d’ossigeno per romperne le molecole e trasformarli in gas. Quindi arriva la fase di distillazione.

La macchina, spiegano i ragazzi, può trattare 4-5 kg ​​di rifiuti plastici l’ora producendo in cambio 3 litri di carburante. La tecnica in questione è già utilizzata su scala industriale in alcuni paesi, ma “invece di avere un grande impianto, il nostro pirolizzatore avrà le dimensioni di un container marittimo trasportabile. E invece di un milione di euro, ci vorranno diecimila per comprarlo”, spera Bob Vrignaud, co-fondatore del progetto.

 

Expédition Plastic Odyssey

 

Per mettere in mostra la tecnologia, Plastic Odyssey navigherà nei prossimi mesi lungo le coste francesi per promuovere la soluzione nei saloni nautici, testare il suo pirolizzatore e attrarre sponsor per finanziare il passo successivo: un catamarano di 25 metri con cui imbarcarsi per un giro del mondo di tre anni. In realtà la barca è solo il primo passo di un progetto molto più ambizioso, ossia lavorare allo sviluppo di macchine a bassa tecnologia per il riciclo delle materie plastiche.

 

L’unità di pirolisi è stata sviluppata in open source da Sarpi, una sussidiaria di Veolia, in collaborazione con partner pubblici e privati. Bernard ha lavorato invece su un sensore di smistamento semplificato per poter abbassarne i costi. “Il nostro obiettivo è essere sotto i 100 euro, contro i 15.000 euro per i sensori ultra-sofisticati che si trovano negli impianti di riciclaggio europei”. Non solo. “Tutte le nostre macchine saranno open source, cioè chiunque potrà copiarci – aggiunge l’ingegnere. – Vogliamo dimostrare che questo modello è economicamente sostenibile”.

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