di Mauro Spagnolo
(Rinnovabili.it) – Abbiamo incontrato, appena insediato, il nuovo Presidente del CONOU, l’ing. Riccardo Piunti. 66 anni, marchigiano, Piunti è un tecnico di grande esperienza nel settore. Entrato appena tre anni fa nel Consorzio, ha subito mostrato visione e molta voglia di innovare. Abbiamo cercato di capire come immagina il futuro del CONOU.
Ing. Riccardo Piunti, lei è stato appena eletto nuovo presidente del CONOU.
Quale Consorzio troverà, dopo la lunga era Tomasi, e quali sono – se ci sono – i margini per un ulterore miglioramento?
In effetti la presidenza Tomasi è di difficile confronto sia perché, come lei diceva, è stata una gestione di ben 18 anni, sia perché è stata caratterizzata da una grande capacità: costruire una filiera coesa. Trasformare un insieme eterogeneo di aziende, composto pensi da 70 realtà con esigenze diverse, in un unico sistema integrato è stato davvero un aspetto rilevante.
E la nuova gestione da dove parte?
Partiamo da una “circolarità completa”. Io sono arrivato al Consorzio tre anni fa, nel 2018, anno in cui abbiamo raggiunto appunto la “circolarità completa”.
Cosa intende per circolarità completa?
Si raccoglie il 100% dell’olio usato e quasi il 100% viene inviato alla rigenerazione. Abbiamo chiuso completamente il ciclo e creato un modello di economia circolare praticamente perfetto. E questo è il nostro punto di partenza.
Sembrerebbe il punto di arrivo, più che di partenza. In futuro allora non dovrete migliorare nulla…
Non è proprio così. Per due motivazioni: la prima è legata all’evoluzione del mercato. L’utilizzo degli oli motore, di qualità sempre migliore, è in sensibile riduzione a causa del loro limitato consumo. Per darle un termine di paragone: anni fa il rapporto di produzione degli oli motore rispetto a quelli industriali era il 60% contro il 40%. Oggi si sono invertite le percentuali: 44% i motori e 56% gli industriali. Questa è una tendenza ormai consolidata: in futuro la produzione degli oli industriali sarà sempre più importante rispetto a quella degli oli motore. Pensiamo anche allo sviluppo della mobilità elettrica che creerà un ulteriore contrazione dei consumi. E solitamente, per ragioni tecniche, la qualità degli oli industriali usati è minore di quelli motore.
Per quale motivo?
Le faccio un esempio: la fabbricazione di pezzi meccanici in lega leggera (le forcelle delle motociclette, p.es); gli oli industriali si trovano a fungere da distaccanti fra lo stampo di acciaio e la colata di alluminio. L’alluminio fuso, in queste condizioni, tende a rilasciare nell’olio del silicio. La presenza di questa sostanza nell’esausto crea poi problemi nel nostro processo di rigenerazione perché il silicio vetrifica ostacolando l’ultima e decisiva fase di finitura dell’olio rigenerato.
E la seconda motivazione?
L’altro problema è costituito dai biolubrificanti. Prodotti dalle importanti potenzialità ambientali, ma dei quali tutti si occupano di incrementarne l’utilizzo e nessuno della loro rigenerazione. Bisogna sapere che i biolubrificanti, una volta utilizzati, diventano rifiuti pericolosi al pari di quelli convenzionali. Quindi anche loro vanno raccolti ed avviati a processi di rigenerazione, ma con tecnologie diverse. Ad esempio i biolubrificanti tendono, nel ciclo di rigenerazione, a creare processi di saponificazione.
E la nostra sfida futura sarà proprio questa: affrontare e risolvere queste problematiche basate su caratteristiche di prodotti sempre in evoluzione.
Se da una parte il futuro della qualità dell’olio è un futuro che pone alcuni quesiti, dall’altra, però, il rigeneratore deve confrontarsi – giustamente – con standard di qualità del prodotto rigenerato sempre migliori. Dobbiamo quindi fare i conti, nel processo rigenerativo, con un divario crescente: da una parte la qualità dell’olio di ingresso tende a peggiorare, dall’altra quella di uscita deve tendere a migliorare.
Quali saranno allora le soluzioni?
Il lavoro che ci aspetta in futuro sarà di porre sempre maggior attenzione a selezionare, segregare e concentrare gli inquinanti. Non diluirli, ma separarli in piccole quantità dal prodotto rigenerato. Bisognerà insegnare alle industrie ed agli operatori a non fare operazioni irregolari, ad esempio aggiungere prodotti che possono rendere difficile o impossibile la rigenerazione dell’olio.
Questo sarà in futuro il nostro principale obiettivo.
Parliamo del mercato degli oli lubrificanti rigenerati. Si prevedono nuovi scenari? E se sì, come pensa che il Consorzio potrà reagire?
L’innovazione tecnologica dei motori, unitamente all’esigenza di contenere sempre di più il loro peso, porterà ad una crescente contrazione dell’utilizzo dell’acciaio a favore delle leghe, ognuna con caratteristiche diverse. Di conseguenza non esisterà più un’unica tipologia di olio usato, ma tante diverse che necessiteranno di cicli rigenerativi dedicati. Questo è quello che prevediamo ed il Consorzio dovrà organizzarsi di conseguenza.
Il lungo periodo della pandemia ha completamento ridisegnato la curva dei consumi e l’approccio all’energia. Quanto ha inciso sul funzionamento e sul bilancio del CONOU?
Partiamo da un presupposto: la sfida climatica non si può basare unicamente sulla trasformazione delle fonti energetiche fossili in quelle rinnovabili, ma anche sul passaggio da un’economia lineare ad una circolare. Nel 2019 abbiamo prelevato risorse dal pianeta (fossili, metalli ed altro) pari a 100,6 miliardi di tonnellate e di questi solo l’8,6 sono di provenienza da riciclo. Ecco, dobbiamo rapidamente incrementare la quota della materia prima seconda, rispetto a quella della materia prima. Senza questa capacità non vinceremo mai la sfida climatica ed il Consorzio rappresenta proprio un esempio di economia circolare ultravirtuoso. Pensi che la media di rigenerazione di olio usato in Europa è del 60% contro il nostro 98%…
In conclusione: per lo sviluppo dell’economia circolare secondo lei è più importante la cultura o l’innovazione tecnologica?
Il modello CONOU nasce dalle compagnie petrolifere 37 anni fa, ed ha sancito l’importanza della responsabilità del produttore, allora un modello unico.
Per noi l’innovazione tecnologica significa: in stabilimento, seguire l’evoluzione delle caratteristiche tecniche degli olii lubrificanti, nella raccolta, la digitalizzazione, ciò un servizio al cliente sempre migliore. Ma la tecnologa non basta: sono gli uomini e la cultura che fanno un’azienda.
E questo il CONOU lo sa molto bene.