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Olio lubrificante usato: quali verità

Olio lubrificante usato: quali verità.(Rinnovabili.it) – Nella panoramica sul corretto recupero e riciclo di olio lubrificante usato abbiamo parlato di raccolta e smaltimento, due operazioni estremamente delicate che devono essere gestite al meglio per evitare dispersioni nell’ambiente di un rifiuto estremamente pericoloso. Grazie al contributo del Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati (COOU) e all’impegno congiunto di amministrazioni locali e virtuosi cittadini, dal 1984 (il Consorzio è stato istituito nel 1982, ma è diventato operativo 2 anni dopo) ad oggi l’Italia è riuscita a raggiungere importanti risultati in termini di raccolta e smaltimento, diventando una vera e propria best practice cui guarda con interesse anche l’Europa. Per capire il modo in cui opera concretamente questo virtuosismo Made in Italy abbiamo intervistato la Responsabile Comunicazione del COOU, Elena Susini, da sempre attiva nel settore e protagonista in prima linea durante le iniziative e le “mediazioni” con le realtà locali che il Consorzio negli anni ha promosso.

 

Come vengono gestite le 72 aziende che fanno parte della rete di raccolta COOU e qual è il rapporto che il Consorzio ha instaurato con loro?

Si tratta di un rapporto di contratto di servizio: le 72 aziende operano su tutto il territorio nazionale indipendentemente e raccolgono un rifiuto del quale noi abbiamo la gestione per legge. In pratica la raccolta non viene fatta da noi materialmente, ma dalla rete di raccolta alla quale forniamo un supporto economico per poterlo fare. La raccolta è gratuita per il detentore di olio lubrificante usato, cioè colui che lo produce; quando però deve essere smaltito è il concessionario che ne valuta le caratteristiche per decidere come gestirlo e solo qualora ci fossero dei punti interrogativi sulla provenienza dell’olio devono essere effettuate delle analisi il cui costo, per forza di cose, grava sul detentore. È una filiera che opera da sempre sul territorio, i clienti dei concessionari sono praticamente sempre gli stessi, ci si conosce veramente e si sa perfettamente che genere di oli lubrificanti si vanno a trattare.

 

Come funzionano invece i centri di raccolta?

Il centro di raccolta è quel sito gestito o dal Comune o dalla municipalizzata e messo a disposizione del privato cittadino, nel quale si raccoglie tutta una serie di rifiuti, tra cui anche l’olio lubrificante esausto. Ad usufruirne sono i cittadini che effettuano il cosiddetto “fai da te”, che lo possono conferire gratuitamente, con l’obbligo però di presentare un documento per evitare illegalità. Su tutto il territorio nazionale ce ne sono appena 1.700 e non sono gestiti dal Consorzio: se si pensa che i Comuni in Italia sono circa 8.000 si capisce che si tratta di un servizio che non si riesce ad offrire in maniera completa al privato cittadino e se guardiamo a come sono distribuiti sul territorio, poi, troviamo che alle eccellenze del Centro-Nord si contrappone una grave carenza nel Sud Italia, fino ai casi estremi di regioni molto poco virtuose.

 

elena-susini-coouPerché questa discrepanza?

Non si può puntare il dito contro qualcuno in particolare. C’è un decreto legislativo dell’8 aprile del 2008 che obbliga i Comuni a fornire questo servizio al privato cittadino; noi come Consorzio non possiamo obbligare nessuno, ma nel caso ci arrivassero richieste da parte di privati cittadini che non sanno dove e come smaltire l’olio lubrificante usato possiamo attivarci, contattando l’Assessorato all’Ambiente del Comune “sprovvisto” e incentivando la fornitura del servizio. In alcuni Comuni del Sud c’è più difficoltà a mettere in opera simili servizi, anche se per contro ci sono molte più isole ecologiche nei porti, ma si tratta sempre di numeri troppo bassi. Anche in questi casi cerchiamo di intervenire mettendo in comunicazione il Comune in questione e i cittadini con una delle 72 aziende di raccolta che operano sul territorio.

 

Anche sulla rigenerazione rappresentiamo una best practice. Chi rigenera e dove si rigenera in Italia?

Gli impianti di rigenerazione presenti in Italia sono 5: 3 al Nord, tra cui i 2 gestiti da Viscolube, e altri 2 impianti nel napoletano. Il Nord, per forza di cose, avendo una maggiore concentrazione di industrie produce un volume di olio lubrificante usato maggiore; il Meridione ha una vocazione più agricola e l’olio proveniente dalle poche zone industrializzate del Centro Sud viene tranquillamente rigenerato dai 2 impianti campani. È l’Italia a essere strutturata in questo modo e, per come sono disposte le industrie e per quello che è lo sviluppo del territorio, gli impianti si trovano nel punto giusto.

 

Quanto olio si riesce a rigenerare oggi in Italia?

Il 90% delle 170.000 tonnellate che abbiamo raccolto l’anno scorso va a rigenerazione. Di ciò che rimane, solo lo 0,2% viene termodistrutto e il resto mandato a combustione, quindi al recupero energetico. Se la rigenerazione non è tecnicamente fattibile o economicamente impraticabile, infatti, la legge ci impone di inviare l’olio alla combustione; quando invece l’olio è così irrimediabilmente inquinato da non poter essere né rigenerarlo né recuperabile energeticamente, allora si procede alla sua termodistruzione. Si tratta dei casi in cui l’olio supera la percentuale minima di inquinanti prevista per legge. I numeri che abbiamo consolidato negli anni ci danno soddisfazione e lo stimolo giusto per andare avanti e migliorare. Tutta la nostra attività di comunicazione punta proprio a smuovere le coscienze e a far capire che anche piccolissimi quantitativi di olio lubrificante usato smaltiti in maniera non corretta possono essere un grosso pericolo.

 

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