(Rinnovabili.it) – Che fine fa l’olio da cucina una volta conferito negli appositi contenitori della differenziata? Finisce nella bolletta energetica e la rende più leggera. Solo nel 2015 i grassi vegetali recuperati in Italia hanno portato alla produzione di tanto biodiesel da permetterci di risparmiare 17 milioni di euro. Una pratica virtuosa che può essere ulteriormente incrementata, come spiega il CONOE, il Consorzio nazionale che si occupa della raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali ed animali esausti. Operativo dal 2001, il consorzio ha progressivamente incrementato la propria raccolta – che avviene prevalentemente nel settore della ristorazione – passando dalle 15mila tonnellate del 2002 alle oltre 62mila del 2015. Nel primo rapporto di bilancio,curato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e presentato oggi a Roma, il Consorzio spiega lo stato dell’arte della filiera e cosa succede una volta che gli oli vegetali esausti vengono rigenerati.
LA RACCOLTA DEGLI OLI VEGETALI ESAUSTI
Si parte da un dato: le 62mila tonnellate recuperate rappresentano il 22% del potenziale raccoglibile che ammonta invece a 280mila tonnellate. Ma se la parte della differenziata ha ancora ampi margini di crescita, molta strada ha percorso quella del riciclo. Oggi infatti il CONOE può vantare un ottimo risultato in termini di seconda vita degli oli vegetali esausti: l’85% del raccolto viene avviato a rigenerazione per la produzione di biodiesel, un combustibile vegetale non tossico e completamente biodegradabile che può essere utilizzato come carburante per autotrazione in sostituzione o miscelazione di carburanti di origine fossile, riducendo il contributo di emissioni di CO2 nel settore dei trasporti. Nel 2015, grazie alle 53mila tonnellate di oli vegetali esausti rigenerate, sono state prodotte 49 tonnellate di biodiesel CONOE.
Ma a convincere sono soprattutto i dati ambientali: i bilanci di Carbon footprint e Water footprint per i quantitativi di oli gestiti e recuperati dal consorzio lo scorso anno hanno comportato un beneficio ambientale netto per il Paese pari a 152mila tonnellate di CO2 evitate e a 63mila metri cubi di acqua risparmiati. Il restante 15% dell’olio vegetale raccolto in Italia viene invece recuperato in molteplici processi e applicazioni: come sorgente di energia rinnovabile in impianti di co-generazione, come bio-lubrificanti, come prodotti per la cosmesi, saponi industriali, inchiostri e cere.
CONOE: IERI, OGGI E DOMANI
Negli ultimi cinque anni, inoltre, il valore economico mediamente generato dalla filiera CONOE è stato sempre superiore ai 30 milioni di euro ogni anno, con importanti ricadute positive in termini economici e occupazionali.
“L’imminente introduzione del contributo ambientale – ha spiegato il presidente del CONOE, Tommaso Campanile – rappresenta un momento di svolta che potrà garantire un incremento della raccolta degli oli vegetali esausti provenienti dalle attività professionali, nonché una maggiore tracciabilità dei prodotti a garanzia della salute dei consumatori. L’auspicio è che a breve, attraverso una modifica legislativa, la nostra raccolta possa allargarsi anche agli oli esausti domestici prodotti dai privati cittadini, che costituiscono il 64% del totale raccoglibile”.
Nella ricerca della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile emerge infatti che, se tutti gli oli vegetali usati generati ogni anno in Italia venissero trasformati in biodiesel CONOE, si risparmierebbero ogni anno 790 mila tonnellate di CO2 e 282 mila metri cubi di acqua; a prezzi medi del petrolio correnti si otterrebbe invece un risparmio sulle importazioni di petrolio di 75 milioni di euro.