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MarinaTex: la bioplastica dagli scarti di pesce

Frutto della tesi di laurea della britannica Lucy Hughes all'Università del Sussex, MarinaTex viene prodotto grazie all'impiego del pesce sprecato (calcolato dalla Fao in 50 milioni di tonnellate annue), trattato con un processo a basse temperature.

MarinaTex
Credits: Free-Photos da Pixabay

Flessibile, resistente, compostabile e commestibile: MarinaTex vince il premio Dyson e si prepara a sostituire la plastica monouso

 

(Rinnovabili.it) – Si chiama Lucy Hughes, ha 23 anni e ha inventato MarinaTex, un materiale compostabile prodotto grazie ai sottoprodotti dell’industria della pesca, nella speranza che – un giorno – possa sostituire del tutto la plastica monouso. MarinaTex è il frutto degli studi in Product Design seguiti da Hughes presso l’Università del Sussex. Tutto nasce dal lavoro di tesi, iniziato con un’indagine sulla riduzione dello spreco di pesce (circa 50 milioni di tonnellate in tutto il mondo ogni anno, secondo le stime delle Nazioni Unite).

 

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Raggiunta da Reuters, Lucy Hughes ha spiegato che l’obiettivo del suo lavoro era capire come utilizzare il pesce sprecato al fine di potergli dare un valore: “Quando ho sentito le pelli e le squame nelle mie mani, ho potuto vedere che c’era un potenziale rinchiuso in loro. Erano flessibili, duttili e forti”. In questo modo (e grazie al tatto) nasce l’intuizione, seguita da diversi mesi di studio, ricerca e sperimentazione. Infatti, nonostante il materiale apparisse forte e resistente, occorreva trovare un modo per potere stabilizzarlo. La risposta è arrivata sempre dal mare, attraverso l’aggiunta di molecole di chitosano provenienti dai crostacei (il polimero che conferisce durezza e resistenza ai gusci) e di agar, un polisaccaride ricavato dalle alghe rosse, normalmente usato come gelificante naturale. Diversi mesi di test per mettere insieme squame, pelli, chitosano e agar sono culminati in MarinaTex, vale a dire nella produzione di un foglio traslucido e flessibile, che si forma a temperature inferiori a 100 gradi Celsius. Ed è, all’occorrenza, anche commestibile: “perché abbiamo bisogno di avere centinaia di polimeri artificiali quando la natura ne ha già disponibili così tanti?”, ha detto Hughes a Reuters.

 

Grazie alle sue ricerche, Lucy Hughes è riuscita a conquistare il James Dyson Award, riconoscimento internazionale per il design che celebra e incoraggia i progettisti di nuove idee e prende il nome dall’imprenditore britannico fondatore dell’azienda Dyson. Come ha affermato lo stesso James Dyson, non solo il materiale è più resistente del polietilene a bassa intensità (polimero termoplastico ricavato dal petrolio), ma biodegrada in 4-6 settimane nella semplice compostiera di casa, senza contaminare il suolo. Per fare un paragone, l’acido polilattico (PLA, polimero dell’acido lattico utilizzato nel settore delle bioplastiche) deve essere compostato industrialmente.

 

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Adesso, Hughes ha in programma di utilizzare le 32.000 sterline del Dyson Award per sviluppare ulteriormente MarinaTex e costruire una strategia di mercato.