(Rinnovabili.it) – Non è vero che in Europa l’Italia non venga presa a modello per le sue buone pratiche in materia ambientale. Nell’avvio a rigenerazione degli oli usati abbiamo invece un prestigioso record, poiché si tratta di rifiuti pericolosi che possono inquinare l’ambiente in maniera grave. Bastano 4 kg di questi lubrificanti, il cambio di un’automobile, a inquinare una superficie d’acqua grande come un campo da calcio.
Eppure, secondo i dati elaborati da Nomisma, il nostro Paese può stare sicuro da questo punto di vista. Qui si avvia a rigenerazione circa il 90% dell’olio raccolto. Nessuno in tutto il continente fa meglio di noi: anzi, la distanza con gli standard italiani è siderale. Lo dimostra questa infografica tratta dalla rivista Equilibri, house organ del COOU, il consorzio obbligatorio degli oli usati.
Come si nota dalla figura, lo Stato che più si avvicina alle percentuali italiane è la Spagna, ferma però al 68% di rigenerazione sul raccolto. La Germania si attesta al 50% e la Francia al 40%. La Gran Bretagna chiude la fila con un misero 14%. Tuttavia, queste percentuali da sole dicono poco. È necessario accostare ad esse un altro dato importante: la quota di oli usati raccolta in Italia. Se fosse bassa, la buona performance nella rigenerazione perderebbe il suo significato. Ma anche in questo caso il Paese vanta un primato invidiabile: il 98% del raccoglibile viene infatti prelevato dalla rete del COOU (circa 170 mila tonnellate), e il 91% (nel 2014) di questa quantità è avviato a rigenerazione. Da questo processo si ricavano soprattutto nuove basi lubrificanti, ma anche bitumi per asfalti e combustibile per la produzione di cemento.