Sull’onda del Green Deal, torna in auge il riciclo chimico. Piace ai produttori di plastica, molto meno agli ambientalisti
Con il riciclo chimico si possono trattare polimeri molto complessi, ma il processo è inquinante
(Rinnovabili.it) – Il riciclo chimico può davvero contribuire a rendere più sostenibile il settore della plastica? La domanda è meno semplice di quello che si può pensare, ma il tema è sempre più di attualità. Sull’onda del Green Deal europeo, infatti, il riciclo chimico è tornato in auge. Il timore è infatti che il riciclo meccanico, da solo, non sia sufficiente per raggiungere gli obiettivi posti da Bruxelles.
Eppure, quest’ultimo rimane resta l’unico metodo riconosciuto per il trattamento dei rifiuti di plastica. L’utilizzo del cosiddetto “riciclo avanzato”, basato su sostanze chimiche e calore, piace soprattutto ai produttori di polimeri. Per gli ambientalisti è invece molto più simile a un’operazione di greenwashing, mentre per le istituzioni il giudizio resta sospeso.
Il riciclo avanzato ha principalmente tre modalità: l’estrazione con solvente, la pirolisi e la depolimerizzazione. Funziona quando prende di mira materiali complessi come la plastica, tipicamente difficili o impossibili da riciclare attraverso i tradizionali metodi. Molti prodotti, come gli imballaggi per alimenti e bevande, sono infatti progettati utilizzando molteplici strati di materiali diversi, come plastica e metalli, per fornire la necessaria protezione e conservazione. Questi materiali complessi possono essere difficili da riciclare con i metodi tradizionali. Il riciclo avanzato, invece, consente di riconvertirli nei loro elementi costitutivi – i monomeri – dai quali poi produrre nuovi materiali o imballaggi. Sembra quindi un metodo che riduce gli sprechi, la produzione di materia prima e l’impatto ambientale.
Le analisi del ciclo di vita, tuttavia, sostanziano solo in parte queste affermazioni. Secondo Zero Waste Europe, un approccio consapevole al riciclo chimico è quantomai opportuno: si tratta di una tecnologia che, per l’organizzazione, dovrebbe occupare una posizione inferiore al riciclo meccanico nella gerarchia dei rifiuti. Inoltre, dovrebbe limitarsi a quei rifiuti di plastica durevoli degradati che non possono essere riciclati meccanicamente.
Prima di farne un vessillo della transizione, dunque, meglio concentrare le energie su altre soluzioni: dal design ecologico dei prodotti, che sempre più dovranno essere pensati e realizzati per il riciclo, al taglio drastico della produzione di plastica.