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Il nuovo decreto sul riutilizzo degli inerti è stato firmato

riutilizzo degli inerti
Foto di Vincenzo Cassano su Unsplash

La normativa cerca un difficile equilibrio tra riutilizzo degli inerti inquinati e ambienti salubri

È stato firmato il nuovo decreto sul riutilizzo degli inerti da costruzione e demolizione, che semplifica le regole per reimmetterli sul mercato. Ad annunciarlo è la viceministra all’Ambiente e Sicurezza Energetica, Vannia Gava. La nuova normativa, attesa da tempo nel settore, ha l’obiettivo di superare le criticità del precedente DM 152/2022, ampliando le possibili applicazioni per questi materiali e riducendo i costi economici e amministrativi per gli operatori del settore.

Il decreto in questione era varato nel 2022 dall’allora Ministero della Transizione Ecologica (MiTE). Stabilisce i criteri specifici per il recupero di rifiuti derivanti dalle attività di costruzione e di demolizione, così come altri rifiuti inerti di origine minerale. Il nuovo schema allenta alcune disposizioni e crea una tabella degli inerti per i quali cesserà la qualifica di rifiuto.

“In un Paese povero di materie prime, recuperiamo strategicamente materia prima seconda centrando diversi obiettivi”, ha dichiarato la viceministra Gava. “Meno discarica e quindi più economia circolare, maggiore tutela ambientale, e un supporto concreto alle imprese con un impatto positivo su molte filiere, tra cui quella estrattiva, delle costruzioni e demolizioni, della produzione di aggregati riciclati, bitumi, calcestruzzi e cementi, che hanno un peso importante in Italia”.

Un nuovo decreto dopo le critiche degli operatori

Il testo originale era stato contestato dal settore. Le critiche, veicolate attraverso una recente consultazione pubblica, riguardavano i criteri ambientali. Considerati dagli operatori troppo severi, avrebbero avuto un effetto opposto, costringendoli a non recuperare la materia. In particolare per cloruri e solfati presenti negli inerti, l’effetto di regole più stringenti per il riciclo avrebbe incentivato la discarica. 
Tuttavia, allargare le maglie della norma – come ha fatto il MASE – rischia di avere effetti sanitari e ambientali ancora più diretti. Se gli inerti inquinati rientrano nella filiera, infatti, si troveranno più vicini agli spazi di vita e transito delle persone. In un tale contesto, l’equilibrio tra economia circolare e ambienti salubri rimane un punto interrogativo.

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