Un processo in tre fasi permette il recupero e riciclo delle terre rare con tassi oltre il 90%
Alla sfida del recupero e riciclo delle terre rare la risposta è: SEEE. Ma non perché sia un obiettivo improbabile, quanto invece perché si tratta dell’acronimo di “selective extraction–evaporation–electrolysis“. La formula definisce un processo realizzato con successo dall’Università di Kyoto sui magneti a fine vita. Il team ha presentato il nuovo metodo per descrivendolo come un importante passo avanti nel riciclo sostenibile delle terre rare, con effetti concreti sugli sforzi globali per la neutralità carbonica.
Gli elementi delle terre rare, come il neodimio (Nd) e il disprosio (Dy), sono componenti fondamentali dei magneti utilizzati in veicoli elettrici e turbine eoliche. La crescente domanda di queste tecnologie rende necessario trovare metodi di riciclo efficienti. Il processo SEEE si distingue per la sua efficienza e il ridotto impatto ambientale rispetto alle tecniche tradizionali.
Le fasi del nuovo processo di recupero e riciclo delle terre rare
Il processo si articola in tre fasi principali:
- Estrazione selettiva: utilizzando una miscela di sali fusi (cloruro di calcio e cloruro di magnesio), il processo estrae le terre rare dai magneti fuori uso. L’aggiunta di fluoruro di calcio aiuta a ridurre le perdite per evaporazione e a migliorare l’efficienza di estrazione.
- Evaporazione selettiva: durante questa fase vengono rimossi gli agenti di estrazione e i sottoprodotti, operando una concentrazione delle terre rare.
- Elettrolisi selettiva: Gli elementi estratti vengono separati elettrochimicamente in base ai loro diversi potenziali di formazione (la tendenza di un elemento chimico o di un composto a formarsi a partire da ioni o molecole in una reazione elettrochimica), recuperando metalli puri come Nd e Dy.
Risultati promettenti e per il futuro del riciclo
I risultati sono interessanti: il processo SEEE ha raggiunto tassi di recupero del 96% per il neodimio e del 91% per il disprosio, con un livello di purezza superiore al 90%. Questa efficienza rappresenta un miglioramento significativo rispetto ai metodi attuali e potrebbe ridurre la necessità di nuove attività minerarie, limitando i danni ambientali.
I ricercatori prevedono che il SEEE possa essere adattato anche per altri settori, come il riprocessamento dei combustibili nucleari.