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Idrogeno dalla plastica, ci prova anche l’Italia

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Al momento nessun dettaglio tecnico su come saranno prodotti biocarburanti e idrogeno dalla plastica

 

(Rinnovabili.it) – Produrre biocarburanti e idrogeno dalla plastica proveniente dal plasmix, un materiale plastico eterogeneo composto da imballaggi post consumo non riciclabili. È la mission dell’intesa firmata questa mattina tra Giuseppe Ricci, Eni Chief Refining & Marketing Officer, e Antonello Ciotti, Presidente di COREPLA, intesa finalizzata all’avvio di progetti di ricerca che possano innescare un processo innovativo e virtuoso di economia circolare. Nei prossimi sei mesi, infatti, si costituirà un gruppo di lavoro congiunto che analizzerà l’evoluzione che il mercato degli imballaggi non meccanicamente riciclabili avrà nei prossimi anni e le tipologie di rifiuti utilizzabili.

 

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Attualmente gli imballaggi di plastica vengono selezionati e avviati al riciclo, trasformati in scaglie e granuli e quindi impiegati come materia prima per la creazione di nuovi prodotti. Di tutto questo materiale di scarto, una parte non è però riciclabile e rientra in quell’insieme di imballaggi post consumo, costituito da plastiche eterogenee, detto plasmix, quasi esclusivamente destinato al recupero energetico e in piccola parte in discarica. Proprio il plasmix sarà l’oggetto di studio del gruppo di lavoro che si è costituito grazie all’accordo, il cui obiettivo è quello di avviarlo a recupero e trasformarlo in una nuova materia prima, nel caso specifico biocarburanti di alta qualità e idrogeno dalla plastica appunto. Al momento non è stato fornito alcun dettaglio tecnico su come saranno effettivamente prodotti queste due nuove materie prime, ma non è la prima volta che il vettore energetico si scontra con il settore dei rifiuti polimerici. A settembre del 2018, infatti, un gruppo di scienziati della Swansea University ha reso di noto di aver testato il reforming solare delle materie plastiche come mezzo per trasformare gli scarti in gas idrogeno. Nell’esperimento britannico, il team di chimici ha degradato acido polilattico, PET e poliuretano impiegando sole, una soluzione acquosa alcalina ed economici punti quantici (nanostrutture di un semiconduttore) in solfuro di Cadmio.

 

Con questo accordo Eni – si legge nella nota stamparafforza e sviluppa il proprio percorso strategico di applicazione dei principi dell’economia circolare all’attività produttiva, grazie alla ricerca e alle tecnologie sviluppate”. Dal 2014, infatti, l’azienda produce biocarburanti di alta qualità da oli alimentari usati e di frittura, grassi animali e altri scarti non edibili, impiegando l’idrogeno per  neutralizzare l’ossigeno degli oli vegetali, trasformare i trigliceridi in isoparaffine e paraffine, e annullare quindi la presenza di zolfo, azoto e poliaromatici nel biocarburante. All’impianto già operativo di Porto Marghera a breve se ne aggiungerà anche un altro a Gela; entrambi opereranno sotto il brevetto Ecofining™. Sempre a Gela, inoltre, Eni sta testando, in un impianto pilota, la produzione di bio olio e bio metano a partire dalla frazione organica dei rifiuti solidi urbani.

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