La pericolosità degli imballaggi in plastica riciclata può essere molto superiore alle attese. Ma la tracciabilità è ancora una chimera
Una ricerca getta un’ombra sugli imballaggi in plastica riciclata
(Rinnovabili.it) – Ci sono centinaia di studi che ormai valutano l’impatto delle sostanze chimiche contenute negli imballaggi in plastica riciclata. Finalmente però un team di ricercatori statunitensi e svizzeri li ha messi tutti insieme, valutandoli uno per uno e pubblicando una revisione dai toni preoccupanti.
“Le sostanze chimiche pericolose possono accumularsi nel materiale riciclato e quindi migrare nei prodotti alimentari”, hanno scritto gli autori, citando come esempio le bottiglie realizzate in polietilene tereftalato (PET). C’è il rischio concreto di un’esposizione cronica delle persone a queste sostanze chimiche, che non può più essere ignorata.
Investire nel miglioramento della riciclabilità del materiale, inoltre, è un’arma a doppio taglio: i ricercatori hanno trovato infatti 853 sostanze chimiche utilizzate nel pet riciclato e molte di queste risultano scoperte negli ultimi due anni. Le sostanze più rilevate sono l’antimonio e l’acetaldeide, ma non mancano anche potenti tossine come 2,4-DTBP, glicole etilenico, piombo, acido tereftalico, bisfenolo e oligomeri ciclici di PET.
Dati sempre più preoccupanti stanno emergendo recentemente perché la regolamentazione non aiuta. Negli Stati Uniti c’è una scarsissima conoscenza e tracciabilità dei composti inseriti in questi materiali e l’UE richiede test piuttosto blandi per determinare quali sostanze chimiche sono presenti nella plastica. Alcune di quelle presenti nella plastica riciclata, inoltre, non possono essere identificate, aumentando il rischio che si crei un cocktail ancora più nocivo. I dati indicano che durante il processo di riciclo vengono create o aggiunte sostanze chimiche.
Se infatti 461 tipi di composti organici volatili (COV) sono stati rilevati nella plastica vergine, circa 573 sono quelli reperiti nella plastica riciclata. Il riciclo chimico potrebbe essere un primo indiziato, ma anche i flussi di rifiuti plastici contaminati potrebbero essere un’altra possibile causa. In più, per creare la plastica riciclata che va a contatto con gli alimenti, a volte vengono utilizzate plastiche non alimentari. La revisione ha identificato problemi di questo tipo con articoli in plastica riutilizzabili che vanno a contatto con gli alimenti, come utensili da cucina, bottiglie d’acqua, stoviglie, biberon, distributori d’acqua, tubi di mungitrici e altro ancora.
Si tratta di un illecito? sì. Ma senza la tracciabilità, tutto diventa possibile. A scapito della nostra salute.