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Gestione rifiuti organici: Italia va bene, ma necessario ridurre gap nord/centrosud

L'analisi ha esaminato 112 impianti di riciclo organico, che hanno trattato quasi 5 milioni di tonnellate di FORSU, pari al 96% del totale gestito in Italia

Gestione rifiuti organici: Italia va bene, ma necessario ridurre gap nord/centrosud
Fonte Biorepack

Percentuale troppo alta di materiali non compostabili che finiscono nell’umido e una struttura impiantistica ancora non adeguatamente efficiente. Questi i due principali ostacoli nella raccolta differenziata e gestione dei rifiuti organici in Italia, paese tra i migliori su scala continentale.

Ad analizzare la situazione italiana ci ha pensato l’università romana di Tor Vergata, su commissione di BiorepackConsorzio nazionale per il riciclo degli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile – in cui sono stati presi in esame 112 impianti di riciclo organico (su un totale di 358) che hanno trattato circa 4,8 milioni di tonnellate di FORSU, ovvero la frazione di rifiuto da cucine domestiche e mense di grandi utenze, costituita da scarti alimentari raccolti separatamente, che è pari al 96% del totale gestito in Italia nel 2022.

Tra le prime caratteristiche evidenziate dallo studio, il fatto che solo 7 regioni italiane dispongano di impianti con processi avanzati, capaci di minimizzare gli scarti non compostabili e valorizzare al massimo la frazione organica, mentre in altre 5 regioni, tra cui Lazio, Campania e Trentino Alto Adige, nessun impianto rispetta i requisiti minimi di efficienza definiti nello studio.

Le regioni viste al “microscopio”

Sui 112 considerati dallo studio, solo 22 mantengono gli scarti al di sotto del 10%, in altri 9 il tasso di scarto è compreso tra il 10 e 15%, in ulteriori 14 è tra il 15 e il 20%, infine i restanti 67 sono sopra al 20% di scarti.

In 5 Regioni – Trentino Alto Adige, Marche, Lazio, Abruzzo, Campania – non si riscontrano impianti che soddisfino condizioni di efficienza tali da poter riuscire a contenere gli scarti nemmeno al di sotto del 20%. Ciò significa che in media per ogni 100 chili di rifiuto organico in ingresso in quegli impianti, solo 80 vengono avviati effettivamente a riciclo” spiega Francesco Lombardi, docente del Dipartimento di Ingegneria Civile e Informatica dell’università di Roma Tor Vergata che ha coordinato lo studio. Dunque fare una buona raccolta da parte dei cittadini non è sufficiente, ma è solo una buona partenza, come mette in evidenza anche il rapporto di Biorepack.

Rifiuti di Bioplastiche, attenzione agli scarti

Altro elemento da evidenziare, la compatibilità tra le bioplastiche compostabili che finiscono nel processo di trattamento dei rifiuti organici, quindi nei siti di riferimento; l’analisi ha confermato che il comportamento dei rifiuti in bioplastica compostabile è analogo all’umido di provenienza domestica che viene riciclato all’interno degli impianti.

“Le evidenze dello studio – si legge nella ricerca – hanno confermato che esse non presentano problemi gestionali negli impianti con elevato indice di riciclo, ossia con alta efficienza degradativa. In tali contesti, le bioplastiche rappresentano una indubbia risorsa in quanto contribuiscono ad aumentare la quantità di materiale avviabile a riciclo, diminuendo allo stesso tempo gli scarti di processo”.

Eventuali problemi nascono quando gli impianti sono scarsamente efficienti e insieme alle bioplastiche sono scartati altri elementi biodegradabili, come gusci di frutta, di uova, ossa o valve di molluschi, oltre alle plastiche tradizionali e altri materiali non conformi, motivo per cui sono spesso ritrovate non degradate negli scarti.

Le inefficienze del sistema italiano

Lo studio, come dicevamo si è focalizzato sul livello di performance dei 112 principali impianti italiani, ciascuno dei quali ha trattato almeno 5.000 tonnellate di FORSU, e sono stati valutati in base a tre “scenari di efficienza”, a seconda della capacità di eliminare dal processo di trattamento i materiali non compostabili senza scartare una quantità eccessiva di rifiuto umido e bioplastiche compostabili, che invece possono essere trasformati in compost.

“In termini economici – sottolinea lo studio- una produzione di scarti maggiore del 15% rispetto al rifiuto trattato risulterebbe economicamente non sostenibile, considerando che le attuali tariffe medie per lo smaltimento degli scarti sono, nella migliore delle ipotesi, circa il doppio di quelle del ritiro del rifiuto organico. Un impianto che abbia una produzione di scarti superiore al 15% genera verosimilmente un conto economico in perdita rispetto al processo di riciclo organico”.

Gestione rifiuti organici, i risultati dello studio

Secondo la ricerca, a fronte di un valore di materiali non compostabili presenti nel rifiuto organico in ingresso agli impianti del 7,1%, il tasso medio di scarto prodotto dagli impianti di trattamento organico è pari al 21,9%, ma l’obiettivo da raggiungere è il 15%; purtroppo ad incidere sono le differenza su scala regionale in termini di efficienza impiantistica.

L’unica Regione il cui sistema impiantistico, considerato nel suo complesso, ha saputo contenere gli scarti sotto al 10% del rifiuto trattato è il Friuli Venezia Giulia, mentre sotto la soglia del 15% si collocano i sistemi di raccolta di Veneto e Lombardia. In una percentuale di scarti generati non superiore al 20% (scenario primary) rientrano i sistemi di raccolta e trattamento anche di Puglia, Liguria e Piemonte. Nelle restanti 12 Regioni gli scarti superano il 20%

Quali azioni da portare avanti?

  • ridurre la presenza dei materiali non compostabili che “sporcano” l’umido;
  • investire su sistemi chiari di etichettatura dei rifiuti compostabili;
  • applicare tariffe di ritiro e trattamento variabili in funzione della minore/maggiore presenza di materiali non compostabili nella FORSU;
  • ottimizzare, all’interno degli impianti, i processi di separazione dei rifiuti non compostabili;
  • evitare la separazione dei materiali non compostabili a inizio processo;
  • rispettare le tempistiche di trattamento organico in funzione dell’obiettivo finale di arrivare a produrre compost di qualità;
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About Author / Paolo Travisi

Ancora prima che giornalista, curioso per natura. Ha iniziato a scrivere per mestiere nel 2004, dapprima in tv, poi su giornali nazionali e web. Appassionato di scienza e tecnologia (ma non solo), ama scoprire nuovi argomenti di cui poter scrivere ed imparare. In questa avventura per Rinnovabili si occupa in particolare di economia circolare e mobilità sostenibile, e realizza i contenuti video per i social.