L’equazione “più vestiti, più riciclo” non è realistica, perché la fast fashion produce a un ritmo troppo veloce per entrare in un processo circolare
Secondo Waste Mangement World occorre limitare la fast fashion se si vuole uscire dall’impasse
(Rinnovabili.it) – Ad un primo sguardo, tra il mondo della fast fashion e quello dell’economia circolare, sembra esserci una sinergia promettente. La prima rende accessibili capi trendy a un pubblico più ampio, mentre l’economia circolare mira a ridurre la dipendenza dalle materie prime primarie attraverso il riciclo del tessile, creando potenziali posti di lavoro “verdi”. Grandi rivenditori di abbigliamento si stanno impegnando in pratiche sostenibili, per intrecciare questi due ambiti. Tuttavia, il greenwashing è dietro l’angolo, perché i grandi marchi privilegiano le vendite rispetto alla realizzazione di prodotti durevoli o riparabili. È qui che la possibile compatibilità tra fast fashion ed economia circolare trova i suoi limiti. Se da un lato propone l’equazione “più vestiti, più riciclo”, il meccanismo si inceppa quando si approfondiscono i termini della questione.
Il riciclo tessile è complesso, coinvolge varie strategie con impatti differenti. Queste includono la produzione di stracci usa e getta per la pulizia, tecniche che mantengono la struttura originaria delle fibre, metodi che recuperano il polimero sottostante e approcci che arrivano fino al monomero.
Un’analisi della rivista specializzata Waste Management World ha preso in esame il riciclo delle fibre nel 2022 per capirci di più. Ne emerge un tasso di riciclo notevole per le fibre di PET, principalmente derivate dalle bottiglie di plastica. La lana è in buona parte riciclata ma rappresenta un volume minimo del totale. Altre fibre, tra cui il cotone, mostrano invece bassi tassi di riciclo. Nel complesso, inoltre, il settore è quasi trascurabile, recuperando una minima parte dell’immesso al consumo. In sostanza qui la grande sfida per raggiungere una vera economia circolare. Si ricicla troppo poco – e lo si farà ancora per molto tempo – per stare al passo con le quantità che il settore della moda produce annualmente.
La rapida crescita dell’industria tessile è inoltre sempre più legata alle fibre sintetiche, tipiche della fast fashion. Il che rende tutto più difficile per il riciclo. Per tenere bassi i costi, si punta sulla scarsa qualità, sull’immissione continua nel mercato di capi d’abbigliamento con fibre di diversi materiali e difficili da recuperare. La produzione di fibre sintetiche è destinata a raddoppiare entro il 2035, il che rende meno significativi gli obiettivi ambiziosi di riciclo. La domanda di materie prime rimane infatti così alta da compromettere l’efficacia degli sforzi dell’industria che si occupa di realizzarle tramite il trattamento degli scarti.
Sebbene il riciclo sia prezioso – spiega l’approfondimento di Waste Management World – i suoi limiti, tra cui il consumo di energia e tassi ben lontani dal 100%, sono evidenti. L’unica soluzione praticabile risiede nel limitare la crescita del settore tessile, spingendo i decisori politici a implementare misure che promuovano la durabilità e la riparabilità dei prodotti.