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EcoTyre, come trasformare la virtù in business

Il modello vincente: raccogliere più Pneumatici Fuori Uso di quanti nuovi se ne immettono sul mercato. Essenziale il ruolo della sensibilizzazione del consumatore. L’obiettivo? Trasformare questa attività di bonifica ambientale in una vera risorsa economica

 

EcoTyre, come trasformare la virtù in business(Rinnovabili.it)  – Quando si parla di Consorzi per la raccolta di pneumatici fuori uso non sempre si hanno le idee chiare sulle caratteristiche della loro attività, con quale meccanismo economico vengano sostenuti, quali obiettivi si pongano e specialmente quali risultati ottengano. Per ottenere alcune risposte a questi quesiti abbiamo incontrato il Presidente del Consorzio Ecotyre, Enrico Ambrogio.

 

Mauro Spagnolo: Presidente, nel 2014 avete lanciato il Progetto PFU Zero. Qual è il bilancio dopo 12 mesi e quali target siete riusciti a raggiungere.

Enrico Ambrogio: Mi fa piacere premettere che i nostri oltre 450 soci ci hanno dato una mission  ambientale molto chiara: fare volontariamente più di quello che la legge ci obbliga.

Questo si può fare in due modi, raccogliendo presso i gommisti quantitativi maggiori rispetto a quanto previsto dalla legge, ed è ciò che abbiamo realizzato con una raccolta superiore al 100%, ma anche occupandoci dell’annoso problema dei numerosissimi pneumatici abbandonati nell’ambiente. In effetti la legge impone di destinare una parte dell’eventuale  avanzo di gestione della nostra attività alla raccolta straordinaria dei cosiddetti stock storici, ma le assicuro che non è così facile individuarli.

Ci siamo allora trovati, circa due anni fa, nella situazione paradossale di avere la volontà e il budget per raccogliere pneumatici anche da siti abbandonati, cioè da situazioni straordinarie pregresse rispetto all’entrata in vigore della normativa, senza però sapere dove poter operare. Qualche caso più discusso si conosceva, ma ci siamo presto resi conto che era necessario fare di più.

 

E’ stato allora deliberato di iniziare questa nuova attività, denominata PFU Zero,  che ha ottenuto il patrocinio del Ministero dell’Ambiente, che consiste nel mettere a disposizione di tutti, gratuitamente, un data base on line nel quale vengono raccolte tutte le situazioni di pneumatici abbandonati in quantitativo rilevante, cioè quelle situazioni che necessitano un intervento massiccio.

Le informazioni sui casi di abbandono di pneumatici, in grandi quantitativi, vengono messe a disposizione di tutti, oltre che essere segnalati alle autorità competenti. Noi comunque cerchiamo di fare la nostra parte, anche se abbiamo un budget limitato, gestendo direttamente la raccolta in alcuni siti.

 

MS: L’impressione è che la vostra attività da una parte inizi ad essere performante, generando importanti numeri, dall’altra che ci siano ancora delle cause di rallentamento della filiera.  Quali sono le maggiori criticità della vostro lavoro?

EA: In verità le confesso che noi siamo soddisfatti dei risultati della nostra attività in quanto, come dicevo, l’anno scorso abbiamo raggiunto gli obiettivi di legge ed ulteriormente raccolto, grazie anche a PFU Zero, un milione di pezzi abbandonati nell’ambiente terreste e marino. Se mi consente vorrei per una volta portare una nota ottimistica: ci sono ampi  fattori  di miglioramento nella nostra attività. Il più semplice? Si vedono molti meno pneumatici abbandonati nell’ambiente. Ciò grazie alla nostra attività, ma anche a quella di altri Consorzi, che attuano da una parte la sovraraccolta, cioè raccolgono di più di quello che si immette sul mercato, dall’altra  gli  interventi straordinari.

 

IMG_0062 (FILEminimizer)MS: Quindi non vede criticità…..

EA: Beh, non esageriamo. Esistono criticità e sono rappresentate principalmente dalle dichiarazioni non veritiere di alcuni soggetti: parliamo delle vendite illegali o in nero, una piaga ancora ben presente nel nostro Paese.  Questi quantitativi, non essendo dichiarati, non risultano come immessi nel mercato con il risultato che questi soggetti, oltre ad avere un vantaggio competitivo, eco-contributo incassato ed iva non versata allo stato,  abbandonano il rifiuto sul territorio. Questo è un triplice danno per gli operatori onesti e per la collettività sul quale si dovrebbe assolutamente intervenire.

 

 


MS: Se si raccoglie più di quanto si produce, il quantitativo degli pneumatici abbandonati nell’ambiente tende a diminuire…

EA: Assolutamente sì. La riprova di questa situazione è, come accennato, che non è per nulla facile trovarli. Quindi il ragionamento è: se non è facile individuare PFU abbandonati, pur volendoli raccogliere, vuol dire che o sono nascosti bene (ma questo tranne rarissimi casi non corrisponde a realtà)  oppure che sono realmente di meno.

 

MS: Con quali strumenti si potrebbe migliorare la vostra attività e renderla più performante?

EA: Credo che sarebbe il caso di investire di più sulla comunicazione per aumentare la percezione, da parte dei consumatori e dell’opinione pubblica, su come funziona il meccanismo di raccolta e riciclo dei PFU. Inizia ad essere chiaramente percepita la presenza sul territorio di un’organizzazione che funziona, ma spesso non sono chiare le caratteristiche della nostra attività. Questo è anche uno degli obiettivi che ci siamo dati con PFU Zero: divulgare e informare sull’esistenza e il funzionamento della filiera. Si tratta di esempi di efficienza italiana, divulghiamoli nell’interesse di tutti.

 

MS: Qual è il messaggio principale da comunicare al consumatore?

EA: Il messaggio principale è molto semplice: per il consumatore, e per il gommista, la raccolta è gratuita. Non c’è nessun motivo allora di gettare il pneumatico nell’ambiente. Questo è un obbligo sancito dalla legge e dalla coscienza ambientale. E poi oggi nessun automobilista usa più sostituirsi il pneumatico a casa e, visto che si ha il diritto al ritiro gratuito, tanto vale approfittarne, magari pretendendo dal gommista, ed accertandolo, che questi conferisca ad uno dei consorzi autorizzati.

 

pneu1MS: Visto il ruolo centrale del gommista in questo meccanismo, il lavoro di sensibilizzazione andrebbe fatto allora più su questa categoria che sull’utenza…

EA: Certamente. Il gommista non credo possa ignorare, dopo 5 anni, di aver diritto al ritiro gratuito. Certo se svolge parte della sua attività nell’illegalità, cioè nella situazione in cui gli pneumatici non dovrebbero esistere, ha qualche motivo in più per disconoscere questa opportunità.

L’automobilista dovrebbe invece pretendere che l’operazione della sostituzione degli pneumatici sia gestita correttamente, visto, tra l’altro, che il contributo per la raccolta l’ha versato proprio lui al momento dell’acquisto. Quindi: io automobilista che acquisto 4 pneumatici nuovi, pagando il contributo per finanziare la raccolta di quelli sostituiti, devo pretendere che ciò avvenga.

 

MS: Quando parliamo di contributo versato dal consumatore, di quali cifre parliamo?

EA: In 5 anni  il contributo è passato da 3 a 2 euro a pneumatico, quindi una riduzione del 50%. credo che  nei  prossimi 5 anni si possano fare ulteriori dei passi in avanti. E’ chiaro che una grande mano potrebbe darla una normativa più attenta e puntuale sulla possibilità di riutilizzare il materiale riciclato per nuovi prodotti. Ad esempio con il Green Procurement si potrebbe agevolare il reimpiego di questi materiali nelle opere pubbliche, come pavimentazioni stradali o altri manufatti, che permetterebbero di accrescere la domanda e quindi la competitività dell’intera filiera.

 

MS: Parliamo di servizio a livello  territoriale. La vostra attività è distribuita in maniera omogenea sul territorio italiano o ci sono delle regioni meglio servite o delle regioni non servite?  

EA: Noi cerchiamo di servire, ovviamente, tutto il territorio nazionale e ci adoperiamo seriamente per farlo. La nostra attività è comunque direttamente proporzionale al numero di autovetture presenti sul territorio, in altri termini in una città molto popolosa, quindi presumibilmente con molte automobili, ci saranno più volumi che in una città meno abitata. Per rendere ancora più efficiente la nostra attività su tutto il territorio, abbiamo varato un’interessante iniziativa  all’interno di PFU zero: laddove dovesse esserci una carenza di ritiro per motivi logistici, ad esempio su un’isola, svolgiamo interventi straordinari sostenendoli, contemporaneamente, con quelli divulgativi.

 

EcoTyre,  come trasformare la virtù in businessMS: Parliamo allora proprio della vostra attività divulgativa, avete progetti specifici e verso quali target?

EA: Ne abbiamo due indirizzate agli automobilisti. La prima è il frutto della collaborazione, attiva ormai da 4 anni, con Legambiente nel progetto Puliamo il mondo che è una iniziativa operativa e di sensibilizzazione che si svolge annualmente nel mese di settembre e nella quale siamo i partner per la raccolta dei PFU. Quindi tutti i PFU che vengono raccolti in quei giorni di raccolta straordinaria sono gestiti da noi e avviati al trattamento. L’altra è con Mare Vivo, con la quale gestiamo PFU Zero nelle isole minori. E’ un progetto che, in appena 2 anni di attività, ha già al suo attivo intervenuti in oltre 20 isole, con lo scopo di sensibilizzare ed intervenire concretamente  sul grave problema della salvaguardia dell’ambiente marino. All’iniziativa partecipano squadre di subacquei che individuano e prelevano i PFU sommersi, ma anche volontari per la raccolta sulle spiagge e sul territorio isolano.  I pezzi raccolti vengono avviati al riciclo ed i partecipanti informati sulle possibilità di riutilizzo completo del pneumatico una volta trattato. Infatti, come noto, del pneumatico si ricicla il 100%.

 

MS: Presidente Ambrogio, lei ha maturato un’esperienza notevole in questo settore. Ci racconti, se ne ha,  il suo sogno nel cassetto.

EA: Il mio sogno è che un giorno, speriamo molto vicino,  il costo della raccolta e del riciclo sia annullato dalle leggi di mercato. Tutta la filiera non avrà più un costo, e forse potrà costituire addirittura un ricavo,  quando saremo così virtuosi da sviluppare mercati di sbocco interessanti per il reimpiego del materiale. Parlo del riutilizzo del granulato, del polverino o del materiale comunque frammentato che, se adeguatamente richiesto da un mercato di sbocco per futuri utilizzi, potrebbe rappresentare un ricavo tale da coprire i costi della raccolta e del riciclo.  L’esempio migliore è il rame: non occorre sostenere costi per una rete di raccolta del rame, si sa che il materiale costituisce un valore scontato per future utilizzazioni e quindi sostiene autonomamente un  mercato di sbocco.  Altri materiali che non rappresentano un valore in quanto non hanno un adeguato mercato di sbocco,  costituiscono un costo e purtroppo, quando certi soggetti devono affrontare un costo, nasce la tentazione di …