(Rinnovabili.it) – Il sistema di gestione dei Pneumatici Fuori Uso (PFU) in Italia sta compiendo rapidi progressi. Oggi pneumatici e copertoni sono a pieno diritto parte del sistema di economia circolare su cui il Pese ha scommesso. Del potenziale della filiera e dei trend che aspettano il comparto, ne abbiamo parlato con Giovanni Corbetta, Direttore Generale di Ecopneus, la società consortile senza scopo di lucro per il rintracciamento, la raccolta, il trattamento e il recupero dei PFU.
Ing. Corbetta, nel Rapporto Ecopneus 2015, risulta che dal 2011 Ecopneus ha raccolto un extra quantitativo di PFU pari a quasi 90mila tonnellate, per un onere complessivo di 16 milioni di euro di costi supplementari non coperti dalla gestione ordinaria. In tale occasione lei ha dichiarato: “La situazione nel 2016 rischia però di esplodere senza che vi siano le risorse per far fronte alla raccolta degli extra-quantitativi non coperti da contributo ambientale”. Quali sono le motivazioni di questo problema?
Il fenomeno delle quantità “extra-target” di Pneumatici Fuori Uso deriva dai flussi illegali di pneumatici immessi nel mercato del ricambio, ed è un problema annoso che riguarda tutta l’Italia e l’intero sistema di gestione dei PFU a livello nazionale. Si stima infatti essere tra le 20 e le 30 mila tonnellate la quantità di Pneumatici Fuori Uso che ogni anno non può essere raccolta e recuperata a causa di un “sistema parallelo” di ingressi irregolari nel mercato e di successive vendite “in nero” al dettaglio.
Parliamo di circa 2 – 3 milioni di pneumatici che vengono irregolarmente venduti ogni anno senza quei documenti fiscali che ne determinano il conteggio, ne fanno assegnare il target di raccolta e consentono di avere il contributo necessario al prelievo e recupero. E’ questo fenomeno che – oltre a causare danni all’erario (stimati in circa 80 milioni di euro l’anno) e al Paese per i connessi atti di abbandono – causa un “extra target” di raccolta che va oltre gli obiettivi dei soggetti deputati al recupero, costringendoli a sostenere un extra costo o a contingentare i ritiri presso i punti di generazione.
Come negli anni precedenti, anche a fine 2015 la problematica era emersa chiaramente, mettendo in luce la difficoltà economica del sistema, e anche di Ecopneus, a proseguire nella raccolta dei PFU oltre i target di legge. Puntualmente, il problema si è ripresentato anche nel 2016, acuito dalla presenza di accumuli che i punti di generazione di PFU (gommisti, operatori del ricambio) avevano realizzato negli ultimi giorni del 2015 a causa dei vari rallentamenti nella raccolta.
Ecopneus ha già negli anni sopperito a questa situazione con maggiori quantità raccolte oltre il target di legge, con le sole risorse economiche. Anche il 2016 si chiuderà per noi con una stima di 17.000 tonnellate di PFU “extra”, portando il totale raccolto dalla nostra filiera oltre gli obiettivi di legge dal 2011 ad oggi a ben 106.000 tonnellate di Pneumatici Fuori Uso.
E’ iniziato un dialogo con le istituzioni per arrivare ad una soluzione strutturale del problema?
Stiamo da tempo lavorando al fianco delle Istituzioni, in primis il Ministero dell’Ambiente, per trovare una soluzione organica al problema, che grava in modo straordinario sul sistema, sui consumatori e sugli imprenditori che operano in modo corretto e onesto.
Siamo stati anche tra i promotori di un protocollo d’intesa per la legalità ambientale e fiscale nelle filiere di pneumatici e PFU insieme all’Associazione Italiana Ricostruttori Pneumatici, a Confartigianato Imprese, Federpneus e Legambiente.
“Un’alleanza civile” come l’ha definita il Ministro dell’Ambiente Galletti, che intende contrastare irregolarità e “nero” nel settore, premiare i virtuosi ed educare i consumatori spiegando i rischi di quella che può sembrare una semplice “ricerca di risparmio” e che invece nasconde evasione fiscale, concorrenza sleale, danni per l’ambiente e per la salute dei cittadini. Sono stati messi a punto sistemi di monitoraggio del fenomeno, attività di tracciamento degli acquisti e delle vendite, forme di collaborazione con le autorità di controllo, sistemi di “whistle blowing”, fino ad arrivare ad una vera e propria “carta d’identità del pneumatico”.
Il futuro del settore è strettamente legato alla domanda di gomma riciclata e agli investimenti da parte delle imprese. Da questo punto di vista, continuano i trend positivi?
Il 2015 è stato un anno contrassegnato da importanti progressi, per Ecopneus e per l’intero sistema di gestione dei Pneumatici Fuori Uso in Italia. Il consolidamento della raccolta e del sistema industriale di trattamento è stato accompagnato, direi per la prima volta dall’inizio delle attività nel 2011, da un marcato segno positivo nella domanda di granuli e polverini di gomma da riciclo di PFU alle imprese della filiera coordinata da Ecopneus. Tale incremento è stato ben superiore al tasso di ripresa economica del Paese e, pertanto, è prevalentemente da leggersi come risultato degli investimenti attuati negli anni precedenti sia nel miglioramento della qualità e nel rispetto degli standard dei prodotti, che nella ricerca applicativa e nei progetti di promozione sui mercati di sbocco, principalmente asfalti, impiantistica sportiva ed edilizia. Si tratta di un segnale significativo che va a beneficio dell’intero settore e di una concreta attuazione dei principi della circular economy.
Grazie ad un protocollo specifico come quello relativo alla Terra dei Fuochi, avete raccolto circa 16mila t di PFU. Si tratta di un modello replicabile in altre realtà, o resta una misura spot, di carattere emergenziale?
Con il Protocollo abbiamo raggiunto importanti traguardi che sottolineano come la collaborazione tra pubblico e privato possa dare risposte efficaci e concrete al territorio. Un modello che ha dimostrato e continua a dimostrare la sua valenza e che speriamo possa rappresentare una best-practices anche per altre realtà o filiere.
Sono infatti circa 1 milione e 700mila i Pneumatici Fuori Uso che fino a qualche anno fa erano abbandonati nel territorio delle province di Napoli e Caserta e che, invece, grazie al “Protocollo per il prelievo straordinario dei pneumatici fuori uso abbandonati nelle province di Napoli e Caserta” sono stati raccolti e recuperati, sottraendoli alle pratiche criminali che spesso li fanno diventare innesco per i roghi di rifiuti. Il meccanismo è molto semplice: i Comuni, attraverso le società di raccolta da cui sono già serviti effettuano la raccolta sul suolo pubblico per concentrare poi i PFU in aree idonee al loro stoccaggio e permettere il prelievo gratuito da parte delle aziende della filiera Ecopneus. Questo in aggiunta alle nostre quotidiane attività di prelievo presso i 1.700 gommisti, stazioni di servizio e autofficine in tutta la Campania.
Parallelamente alle attività operative sul territorio, promuoviamo inoltre iniziative di informazione e sensibilizzazione, specialmente in ambito scolastico, che aiutino le giovani generazioni a maturare scelte responsabili e di legalità per il loro futuro.
Quanto fatto finora ci incoraggia nel proseguire in questa direzione; è tuttavia necessario anche un cambiamento “culturale” nella gestione ambientale dei prodotti a fine vita che permetta di supportare e amplificare gli importanti traguardi raggiunti.
Quali sono i benefici in termini di economia circolare che la gestione dei PFU può apportare nel prossimo futuro?
Per la prima volta, nel 2015 il recupero di materia ha superato la soglia del 50%, con 77mila tonnellate di granuli e polverino di gomma immessi nel mercato; un incremento del 33% rispetto l’anno precedente. Solo lo scorso anno, il nostro Paese ha risparmiato 119 milioni di euro sulle importazioni di materia prima, grazie all’impiego dei materiali riciclati dalla filiera Ecopneus; nello stesso tempo, la qualità del materiale si affina sempre più e migliorano anche le valenze applicative. Merito anche degli investimenti che le aziende di frantumazione che lavorano con Ecopneus stanno effettuando, stimati lo scorso anno in circa 15 milioni di euro. Sono trend che di anno in anno vediamo in costante crescita e che danno la dimensione del dinamismo del settore e della fiducia che gli imprenditori italiani ripongono nella circular economy.
Il 2016 sta per concludersi: qual è il bilancio, in termini complessivi, di quest’anno?
Anche quest’anno i segnali di crescita sono incoraggianti e l’utilizzo della gomma riciclata da Pneumatici Fuori Uso sta progressivamente trovando nuovi campi di applicazione e mercati di riferimento. Un ulteriore passo da compiere rimane, dunque, quello verso una chiara e univoca identificazione dei criteri dell’End of Waste, ovvero la cessazione della qualifica di rifiuto per i materiali riciclati che rispondono a determinate caratteristiche. Alla stessa maniera, anche il Green Public Procurement o GPP (gli “acquisti verdi” della Pubblica Amministrazione), rappresenta un fondamentale strumento per stimolare la domanda di prodotti riciclati.
Solo in questo modo, si potrà raggiungere, nel concreto, il modello dell’economia circolare, con risparmio di materie prime, incremento nella quota di materiali riciclati impiegati e riduzione del recupero energetico.
Infine: Si sono conclusi i lavori della COP22, mentre il 4 novembre scorso è ufficialmente entrato in vigore l’Accordo di Parigi, ratificato anche dal Parlamento italiano. Qual è il contributo di Ecopneus alla tutela dell’ambiente e al rispetto degli impegni internazionali sul clima sottoscritti dall’Italia?
Il contributo di Ecopneus alla tutela dell’ambiente lo possiamo quantificare con gli impatti ambientali anche indiretti derivati dal recupero dei PFU. La scelta di puntare con convinzione sul recupero di materia, oltre ad essere la soluzione che meglio valorizza le prestazioni del materiale, persegue, infatti, anche l’obiettivo di massimizzare i benefici dell’impiego dei materiali riciclati della filiera Ecopneus in sostituzione di materie prime vergini. Per farvi un esempio, solo nel 2015 è stata evitata l’emissione di 363mila tonnellate di CO2 eq (come 80mila automobili che percorrono 30mila km in un anno), il prelievo di risorse dall’ambiente per 355mila tonnellate (pari al peso di 1.000 Airbus 380) e un consumo di acqua di quasi 1,8 milioni di m3 (un volume equivalente a 710 piscine olimpioniche).