Manca una posizione comune sul pacchetto Economia Circolare da parte del Consiglio europeo. I Paesi più arretrati stanno avendo la meglio
(Rinnovabili.it) – Consiglio, Parlamento e Commissione europea hanno avviato l’ultima fase di negoziazione sul pacchetto Circular Economy, le nuove misure su economia circolare e gestione dei rifiuti che aggiorneranno le normative comunitarie e nazionali in materia. I colloqui appaiono fin da subito difficili: tra l’ambizione di Strasburgo e la reticenza a nuovi sforzi creatasi in seno ai Ventotto, il risultato è ancora incerto. Il rischio è che la posizione conservatrice di molti Stati membri, blocchi di fatto la reale transizione verso in modello di economia circolare europeo.
Un’indagine guidata da European Environmental Bureau (EEB), Friends of the Earth Europe and Zero Waste Europe, a cui ha contribuito anche Legambiente, ha analizzato le ventotto posizioni per capire chi oggi in Europa stia mettendo i bastoni fra le ruote e chi invece appoggi le proposte al rialzo dell’Europarlamento. L’aspetto più interessante del lavoro è che a frenare sulle nuove misure non sono quelli che le organizzazioni definiscono “i soliti sospetti”.
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Ad oggi, la posizione del Consiglio europeo risulta spaccata in due: da una parte ci sono gli “idolenti” dall’altra i “leaders”. Meraviglia dunque sapere che nella prima categoria, accanto a paesi come l’Ungheria, la Lituania e la Lettonia spuntino i nomi di Finlandia e Danimarca. Tutti e cinque si oppongono categoricamente agli obiettivi al rialzo approvati dal Parlamento Europeo.
Che dire poi di Repubblica Ceca, Italia, Svezia, Portogallo, Lussemburgo e Slovacchia? Sono a favore di un obiettivo di riciclo del 65%, ma puntano al ribasso con i target relativi alla preparazione al riutilizzo e di prevenzione dei rifiuti, tutte misure che costituiscono priorità del pacchetto dell’economia circolare. Il Regno Unito, la Germania, la Polonia, l’Irlanda, la Slovenia e la Croazia invece non hanno voluto condividere la loro posizione, sottolineando ancora una volta la completa mancanza di trasparenza nei negoziati tra gli Stati membri.
Dalla parte opposta ci sono paesi che lottano ancora con la gestione dei rifiuti, come la Grecia e la Romania e la Spagna, e che chiedono invece un maggiore sostegno a riciclo, prevenzione e riutilizzo. Gli altri stati membri progressisti che sostengono le riforme sono la Francia, il Belgio e l’Olanda .
A rischio i benefici dell’economia circolare
“Sentiamo ogni giorno che i governi si impegnano a ridurre i rifiuti in modo da intercettare i benefici dell’economia circolare. Ma ciò che accade nei negoziati, dietro le porte chiuse, è talvolta una storia completamente diversa”, dichiara Piotr Barczak, responsabile rifiuti e della campagna dell’EEB. Eppure la posta in gioco è alta, e i governi ne sono perfettamente a conoscenza: le nuove misure sull’economia circolare potrebbero creare 800.000 nuovi posti di lavoro e generare 72 miliardi di euro l’anno di risparmi in tutta Europa. Inoltre eviterebbero l’emissione di oltre 420 milioni di tonnellate di CO2 eq.
“Senza obiettivi più alti per il riciclaggio e le misure vincolanti per la prevenzione, che infondono la fiducia nel mercato, i governi dovranno lottare per trovare le opportunità di investimento necessarie a innescare la transizione verso un’economia circolare – prosegue Barczak – Fornire obiettivi di lungo termine ambiziosi e requisiti vincolanti è quello che serve per guidare il cambiamento”.