Rinnovabili

L’economia circolare siamo noi

Comunicare il valore dell’economia circolare

Quando si parla di economia circolare si pensa subito alle aziende, a decisioni prese a livello istituzionale che passano in un certo senso sopra alla nostra testa. Quindi siamo portati a pensare che la questione ci riguardi in modo del tutto marginale. Invece è vero esattamente il contrario. L’economia circolare siamo noi, o meglio siamo anche noi perché la nostra partecipazione è assolutamente essenziale. Pierluigi Sassi, presidente di Earth Day Italia ha condotto l’interessante incontro “Italia Circolare” nell’ambito del Festival dell’Innovability per la crescita sostenibile di Impatta Disrupt.

Innovazione e sostenibilità

Fino a qualche anno fa, quando si parlava di sostenibilità si doveva spiegare perché fosse importante; oggi al centro delle discussioni è spiegare come realizzarla. L’innovazione è una precondizione anche dei nuovi modelli di business che guardano alla sostenibilità. Pensiamo ad esempio a quante emissioni di CO2 si risparmiano con due giorni a settimana di smart working.

Già, perché la sostenibilità costa, sempre e a tutti i livelli; per questo richiede investimenti importanti che vanno pianificati accuratamente. Ma la finanza valuta sempre il rischio e il ritorno degli investimenti: anche in questo campo sta cambiando qualcosa?

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La valutazione d’impatto

In realtà sta cambiando molto, come ha spiegato Elena Shneiwer, Head of ESG Engagement & Cultural Heritage di Cassa Depositi e Prestiti nella copertina che ha preceduto l’incontro. Oggi è entrata in campo la valutazione d’impatto: si preferisce investire in progetti di sviluppo sostenibile e si finanziano imprenditori che vogliano raggiungere chiari obiettivi sociali e ambientali.

Il rischio è che i piccoli restino indietro perché sono penalizzati dalle scarse disponibilità: per questo CDP cerca di accompagnarli se la strada intrapresa è quella giusta. Formazione e informazione sono sempre più importanti: avere competenze ESG sarà indispensabile, un po’ come negli anni passati il must erano la conoscenza dell’inglese e dell’informatica. La mitigazione, ha concluso Shneiwer, non dovrà limitarsi all’ambiente ma tenere conto degli aspetti sociali e ambientali: la nuova economia sarà sostenibile solo se sarà inclusiva.

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Com’e cambiato lo scenario per l’economia circolare

Entrando nel vivo del dibattito sull’economia circolare, si è rilevato come lo scenario sia radicalmente cambiato negli ultimi anni. Si è parlato della plastica, perennemente sul banco degli imputati. Ma Gianfranco Del Percio, amministratore delegato di Flex Packaging, ha illustrato l’evoluzione di questo materiale da imballaggio e di come siano cambiati anche i macchinari per poter aumentare la percentuale di riciclo.

«Non demonizziamo un prodotto», ha detto Del Percio. Un rifiuto ben selezionato ha una seconda vita: il vero rischio è un recupero fatto male che non è riutilizzabile.

Responsabilizzare tutto il sistema sociale

L’economia circolare, hanno sottolineato tutti i relatori, chiama in causa tutto il sistema sociale: non solo le aziende o i produttori, ma le istituzioni che devono legiferare con lungimiranza e le persone, che devono partecipare con attenzione alla raccolta differenziata dei rifiuti. «Il miglior rifiuto è quello che non c’è», ha detto Alessandro Filippi, direttore generale AMA. Certamente è un sogno irrealizzabile in una città complicata come Roma dove, nonostante tutto, il tasso di differenziata sta crescendo. Filippi vuole, giustamente, responsabilizzare di più i cittadini e far capire loro l’importanza di una raccolta corretta dei rifiuti affinché entrino nel circuito virtuoso dell’economia circolare.

L’acciaio è riciclabile all’infinito senza perdere le sue caratteristiche qualitative, ha spiegato Domenico Rinaldini, presidente del Consorzio Ricrea. Questo facilita il riciclo, che nel 2023 ha raggiunto un tasso dell’87%. Il recupero è importante, perché il nuovo si produce con i rottami. Se il Comune informa correttamente i cittadini, questi partecipano attivamente, afferma Rinaldini, che ha anche sottolineato l’efficacia e la trasparenza del CONAI, considerata un’eccellenza a livello europeo.

Giovanni Cappelli, direttore di ANFIMA, ha messo in rilievo il fatto che la qualità degli imballaggi in acciaio e alluminio è molto migliorata nel tempo: ormai l’emissione per la fabbricazione dei barattoli è scesa del 30%.

L’attenzione agli impatti sociali del cambiamento

L’industria dell’acciaio è votata al riciclo e quindi all’economia circolare, ha affermato Giovanni Melogli, di AEGIS Europe. L’UE avrà sempre più bisogno di rottami di acciaio con cui funzionano i forni. Tuttavia, esiste il rischio (a causa dei costi dell’elettricità) di dovere creare delle barriere: non si possono vendere i rottami, farli lavorare all’estero (ad esempio in Cina o India) per poi ricomprarli con emissioni complessive di CO2 decisamente insostenibili.

I semilavorati possono impattare di più, e soprattutto i produttori europei perdono mercato. E, come ha sottolineato Melogli, si deve tenere conto dell’aspetto sociale. Prima non si buttava via niente perché mancavano le materie prime, oggi queste ci sono ma a volte le aziende non conoscono le soluzioni tecnologiche meno impattanti. Inoltre, in situazioni di crisi come quella che stiamo attraversando, cambiano le priorità.

Per questo Gianluca Cecchet, CEO di Next4 Consulting,ha sottolineato che la gestione dei rifiuti è un tema globale. I nostri scarti vanno in giro per il mondo, generando disuguaglianze, l’economia circolare può rappresentare una soluzione significativa se tutti ne siamo consapevoli.

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