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8 motivi per cui l’economia circolare sostituirà l’economia lineare

economia circolare
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Dal World Economic Forum, una lista di buone ragioni per cambiare modello di business e guardare all’economia circolare

(Rinnovabili.it) – Se entro il 2030 il tuo business non sarà circolare, non sarai competitivo. Lo dice senza mezzi termini il World Economic Forum (WEF), che ha recentemente pubblicato una lista di 8 ragioni per cui l’economia circolare supererà quella lineare nei prossimi anni. Una strada, quella del recupero, riciclo e riuso, che sembra tracciata anche da norme e regolamenti che continuano ad essere aggiornati in tutto il mondo, ma che si scontra con una realtà industriale ancora poco avvezza a cambiare paradigma.

Eppure, parola di WEF, bisogna correre, o si rischia di rimanere indietro. Da questo punto di vista, le aziende che considerate “native circolari” sono avvantaggiate, ma anche chi riesce a riconvertire le linee di produzione può giocarsela nel nuovo sistema di mercato.

Quali sono quindi gli 8 modi in cui l’economia circolare batterà i mammut della linearità?

1. Prodotti più attraenti

Le analisi di mercato dicono ormai con buona approssimazione che i consumatori preferiscono prodotti sostenibili e sono disposti a sceglierli anche con un piccolo sforzo. Avere un modello di business circolare permette di trasformare i rifiuti in risorse piuttosto che una zavorra da gestire. Anche a monte della produzione, utilizzare input rinnovabili e riciclabili diventa fondamentale, perché consente di ridurre o addirittura eliminare i rifiuti.

2. Maggiori relazioni nella filiera

Invece di scaricare le responsabilità sugli anelli inferiori, in un rapporto di scarsa fiducia e competizione sfrenata, le catene produttive basate sull’economia circolare comportano anche una intensificazione delle relazioni tra fornitore e cliente. Non basta più una comunicazione “next-in-line”, dove ogni attore parla con quello contiguo lungo la filiera, ma occorre instaurare un dialogo continuo in tutto l’ecosistema aziendale durante il ciclo di vita del prodotto. Il WEF fa l’esempio della sharing economy, che massimizza il modo in cui le risorse inattive vengono utilizzate in una comunità, fornendo al contempo ai clienti un accesso conveniente a prodotti e servizi. In questo paradigma, il cliente paga per l’utilizzo di un servizio per un periodo di tempo limitato, il fornitore mantiene la proprietà del prodotto e rimane incentivato alla manutenzione continua, la durata, l’aggiornamento e il trattamento del prodotto al termine del suo utilizzo.

3. Riduzione dei costi

I prodotti dell’economia circolare sono progettati per essere smontati, riutilizzati, riparati oppure rigenerati e riciclati. Di conseguenza, materiali e componenti costano meno, la vita dei prodotti si allunga, le spese di ammortizzano e i margini sono migliori. Chiaramente, non è tutta una passeggiata: l’economia circolare non abbatte i costi dal primo giorno. Servono investimenti e scelte aziendali coraggiose.

4. Fonti di reddito ricorrenti

La possibilità di vendere più volte un prodotto – non solo per chi opera nella sharing economy, ma anche per chi lavora con il commercio di componenti e materiali recuperati – genera reddito ricorrente per un solo prodotto o servizio. 

5. Maggiore resilienza

Le organizzazioni che controllano i loro input di produzione, recuperando i componenti e riciclando i loro materiali piuttosto che smaltirli, possono resistere meglio alle interruzioni nelle catene di fornitura, che abbiamo visto generare tumulti economici nel post-COVID. In più, e non è da poco, la circolarità protegge dalle fluttuazioni dei prezzi.

6. Prodotti più utili e duraturi

I modelli di business definiti “Product-as-a-Service” e sharing economy, su cui il WEF insiste particolarmente, garantiscono un maggiore utilizzo del prodotto, il che significa un reddito unitario più elevato. Pensiamo alle auto, che nell’economia lineare stanno ferme mediamente per il 95% della loro vita utile. Inoltre, i prodotti e i loro componenti, in una economia circolare, sono pensati per il recupero, il riuso e il riciclo, cosa che di per sé allunga i cicli di vita e ammortizza gli impatti ambientali.

7. Tempi di produzione ridotti

La possibilità di sostituire i componenti a fine vita rende le riparazioni più rapide e accorcia i tempi per rimettere in vendita i prodotti. Oggi, molto spesso invece abbiamo a che fare con prodotti che – alla rottura di un componente – impiegano tempi biblici o grandi sforzi per essere rigenerati. Tanto che gran parte delle volte finiscono in discarica.

8. Miglior impatto climatico e ambientale

L’economia lineare funziona ancora perché non calcola le esternalità negative, che ricadono sull’ambiente e la salute delle persone. Il riciclo, la riparazione, la rigenerazione e il riutilizzo dei prodotti in una economia circolare richiedono meno energia e hanno un impatto minore sull’ambiente rispetto ai metodi convenzionali, il che vuol dire meno perdita di biodiversità, meno uso di risorse naturali ed estrazione di materia prima, minore trasporto e smaltimento. Non proprio qualcosa su cui oggi possiamo soprassedere.

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