End of Waste inerti, le nuove regole
Il 4 novembre è entrato in vigore il Decreto EoW inerti, che definisce la qualifica di “rifiuto inerte” per quanto riguarda le attività di costruzione e demolizione. Il decreto 152 del 27 settembre è lo strumento con cui il Ministero della Transizione Ecologica ha voluto intervenire per portare l’economia circolare all’interno del settore edilizio, alla luce degli obiettivi strategici del Piano Europeo d’Azione e della Strategia Nazionale, approvata in seno al PNRR.
Decreto EoW inerti: quali sono i rifiuti utilizzabili per produrre aggregati?
Il decreto individua i vari tipi di rifiuti interessati dall’intervento legislativo, stabilendo che sono utilizzabili per la produzione di un aggregato i rifiuti inerti delle attività di costruzione e demolizione non pericolosi e i rifiuti non pericolosi di origine minerali, mentre sono esclusi dal riutilizzo i rifiuti delle attività di costruzione e demolizione che siano stati abbandonati o sotterrati.
Per rifiuti inerti si intende tutti i rifiuti solidi provenienti dalle attività di costruzione o demolizione o i rifiuti minerali che non abbiano subito trasformazioni fisiche, chimiche o biologiche di particolare entità: si tratta di materiali che si dissolvono, bruciano o subiscono altre reazioni fisiche o chimiche, non si biodegradano e, se entrano in contatto con altre materie, non comportano danni ambientali o alla salute umana.
Quali siano è specificato nell’Allegato 1 del Decreto EoW inerti.
I «rifiuti inerti dalle attività di costruzione e demolizione» sono il cemento, mattoni, mattonelle e ceramiche, miscugli o scorie dei precedenti, miscele bituminose, terre e rocce da scavo, pietrisco per massicciate ferroviarie e i rifiuti misti delle attività di costruzione e demolizione.
Per «altri rifiuti inerti di origine minerale» si intende invece gli scarti di ghiaia e pietrisco, di sabbia e argilla, le polveri e i residui affini, i rifiuti derivanti da taglio e segagione di pietra, i residui di miscela di preparazione che non siano stati sottoposti a trattamento termico, gli stampi di scarto, se costituiti da sfridi e scarti di prodotti ceramici crudi smaltati e cotti o da sfridi di laterizio cotto e argilla espansa, che possono essere ricoperti di smalto crudo fino a una concentrazione di <10% in peso. Oltre a questi, sono assimilabili agli altri rifiuti di origine minerale riutilizzabili gli scarti di ceramica, mattoni, mattonelle e materiali da costruzioni sottoposti a trattamento termico, i rifiuti della produzione di compositi a base di cemento, i residui di materiale di sabbiature, i minerali come rocce e sabbia.
Decreto EoW inerti: quando cessa la qualifica di “rifiuto”?
I rifiuti inerti delle di origine minerale o provenienti da costruzione e demolizione diventano “aggregati recuperati” se appartenenti alle categorie di cui sopra. L’ammissione alla produzione di aggregati recuperati è successiva all’esame della documentazione in ingresso, a un esame visivo e, se il controllore lo ritiene necessario, a ulteriori verifiche.
I controlli sono in capo al produttore dell’aggregato, che deve avere un sistema in grado di verificare la conformità dei rifiuti accettati a quanto stabilito dal decreto, e predisporre una procedura per la gestione, la tracciabilità e la rendicontazione delle eventuali non conformità.
Il produttore è inoltre responsabile della corretta attribuzione dei codici dei rifiuti e dell’individuazione dei rifiuti pericolosi, come della compilazione del formulario di identificazione del rifiuto(FIR). Per ogni lotto di materiale recuperato deve compilare e conservare, in formato cartaceo ed elettronico, un’autocertificazione di conformità (modulo Allegato 3 del Decreto EoW inerti), oltre a tenere in custodia per almeno 5 anni un campione di ogni aggregato ricevuto.
Decreto EoW inerti: altre responsabilità in capo al produttore di aggregati
Il personale che esamina i documenti deve ricevere adeguata formazione e aggiornamento, i rifiuti possono essere accettati solo a seguito del doppio check (documentale e visivo) degli addetti, che provvedono alla selezione dei rifiuti rimuovendo qualsiasi materiale estraneo.
I rifiuti accolti vanno pesati e registrati in ingresso, stoccati separatamente da eventuali altri rifiuti non conformi e monitorati con controlli supplementari, a campione oppure quando si renda necessario da ulteriori esami visivi o dei documenti.
Il processo di trattamento e recupero degli inerti per produrre aggregati deve avvenire attraverso fasi meccaniche e interconnesse, tra le quali possono figurare, a seconda dei materiali, macinazione, vagliatura, selezione granulometrica, separazione di frazioni metalliche o altre frazioni indesiderate.
La fase di verifica di conformità e movimentazione dell’aggregato devono essere organizzate in maniera tale che i singoli lotti restino separati e non si contaminino.
Decreto EoW inerti: per cosa possono essere utilizzati gli aggregati?
Un aggregato recuperato è utilizzabile per realizzare opere in terra di ingegneria civile, sottofondi stradali, ferroviari, aeroportuali e di piazze civili o industriali; strati di base per infrastrutture di trasporti e piazzali civili e industriali, recuperi ambientali e riempimenti, strati accessori con funzioni supplementari come anticapillari, antigelo o drenanti; calcestruzzi e miscele legate con leganti idraulici. Se utilizzati nel suolo, non devono costituire fonte potenziale di contaminazione di suoli, sottosuoli o acque sotterranee.
Il Ministero prende ancora 180 giorni per le preoccupazioni di Consiglio di Stato e Anvar
La pubblicazione del decreto era già stata accompagna da un intervento del Consiglio di Stato e dall’allarme da parte dell’Anvar, Associazione Nazionale Produttori Aggregati Riciclati, preoccupata che l’attuale formulazione potesse mettere in crisi il settore.
Il Ministero ha recepito le osservazioni e aperto quello che viene definito un “percorso amministrativo innovativo”, con l’introduzione di un “tagliando” che intervenga a disciplinare le specificità e criticità del settore. In questo momento è in corso un gruppo di lavoro tra tecnici del ministero (ora presieduto da Gilberto Pichetto Fratin), ISPRA e Istituto Superiore di Sanità, per aggiornare il provvedimento entro 180 giorni dall’entrata in vigore, alla luce degli elementi tecnici, ambientali e sanitari emersi.