Sopra una certa temperatura i polimeri termoindurenti biologici sviluppano un comportamento termoplastico
Potranno mai esistere polimeri termoindurenti biologici? La risposta è sì, se si osservano i risultati della sperimentazione dell’Oak Ridge National Laboratory. L’istituto statunitense ha trovato un materiale sostenibile e morbido, che combina gomma e rinforzi in legno. Gli scienziati lo hanno definito “intelligente” perché integra legami tra i componenti che si possono “sbloccare” con il calore. Così facendo, il riciclo è molto più semplice e permette una semplice economia circolare del biopolimero.
Il lavoro dell’ORNL è stato pubblicato sulla rivista Polymer Chemistry. In linguaggio un po’ più specifico, la loro trovata combina polimeri reticolati di anidride epossidica con riempitivi solidi contenenti ossidrili. Il risultato è un materiale che si comporta come un termoindurente rinforzato a temperature inferiori a una soglia specifica (tipicamente da 100°C a 200°C). Ma può sviluppare un comportamento termoplastico a temperature più elevate. Questa transizione è facilitata da legami covalenti dinamici che consentono al polimero di essere riprocessato, rimodellato e riciclato senza perdite significative di integrità meccanica o prestazioni.
Gli esperti hanno tenuto a sottolineare che il processo di realizzazione del biopolimero intelligente è privo di solventi. A differenza degli elastomeri convenzionali non riciclabili, inoltre, il materiale è completamente circolare. Quando riscaldato oltre la soglia, il biopolimero diventa rapidamente un materiale modellabile che può essere iniettato negli stampi o stampato in 3D. L’approccio innovativo apre nuove possibilità per la produzione sostenibile e il riciclo efficiente, secondo gli scienziati.
Il team di ricerca ha ora in programma di studiare ulteriormente come personalizzare questi elastomeri riciclabili. L’obiettivo è migliorare le loro prestazioni meccaniche e aumentare la resistenza al calore. L’idea è impiegarli in prodotti compositi rinforzati con fibre. I polimeri termoindurenti tradizionali, infatti, sono ampiamente utilizzati per la loro eccellente stabilità e prestazione meccanica. Tuttavia, questi materiali sono tipicamente derivati da fonti petrolchimiche non rinnovabili e sono difficili da riciclare, finendo spesso in discarica o inceneriti.