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CONOU, l’economia circolare conviene

Il CONOU, che si occupa della gestione, raccolta e avvio a rigenerazione di un rifiuto pericoloso, gli oli lubrificanti usati, ha presentato il suo Rapporto di Sostenibilità. Percentuale di recupero al 98%, risparmio sulla bilancia energetica e salvaguardia dell’ambiente

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di Isabella Ceccarini

(Rinnovabili.it) – La presentazione del Rapporto di Sostenibilità del CONOU – Consorzio Nazionale Oli Usati mette subito di buon umore: la percentuale di recupero è del 98%. Da 37 anni CONOU è un’eccellenza italiana nella gestione, raccolta e avvio a rigenerazione di un rifiuto pericoloso, gli oli lubrificanti usati.

L’economia circolare fa bene all’economia e all’ambiente

Nel 2020, l’anno più difficile dall’inizio della pandemia, sono state raccolte e avviate a rigenerazione 171mila tonnellate di olio minerale usato. Questo esempio virtuoso di economia circolare, di cui peraltro l’Italia è campione europeo, ha un duplice valore: da un lato comporta un significativo risparmio sulla bilancia energetica (rigenerare l’olio usato ha permesso di risparmiare 46,7 milioni di euro di importazioni di greggio), dall’altro dà un contributo prezioso alla salvaguardia dell’ambiente. Come ha detto Riccardo Piunti, presidente del CONOU, «avviare a riciclo l’olio lubrificante usato ha contribuito a salvare 3,2 specie viventi e a evitare l’emissione di 78,4mila tonnellate di CO2 equivalente».

Ma come si arriva a percentuali così alte di riciclo? Mischiare materiali diversi è un errore gravissimo. Piunti ha precisato che alla base c’è la gestione capillare della qualità in tutta la filiera, potenziata dall’innovazione digitale.

Non abbiamo un Pianeta B, cambiare è un dovere di sopravvivenza

Al 2030 ci aspetta la realizzazione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda ONU, al 2050 dobbiamo raggiungere le emissioni zero. Date che sembrano lontane, ma sono invece dietro l’angolo e le sfide sono importanti. Ricordiamo che nel 2020, nonostante il mondo si sia praticamente fermato, la nostra impronta ecologica è cresciuta del 6,5 %. L’Earth Overshoot Day 2021, ovvero il giorno in cui si esauriscono le risorse da usare nell’anno, è arrivato il 21 luglio: sarebbe a dire che stiamo consumando più di quello che la Terra possa sopportare.

Non abbiamo un Pianeta B, cambiare è un dovere di sopravvivenza. Del resto il clima sta dando segnali inequivocabili: non è un tema per scienziati o ambientalisti, è un tema universale che riguarda tutti.

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Affrontare la transizione energetica sarà difficile, non affrontarla sarà peggio

È degli ultimi giorni l’allarme per gli astronomici rincari che arriveranno in bolletta da ottobre (a cui seguiranno a ruota quelli delle materie prime come degli alimentari). Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola, ne dà una lettura particolare: «Affrontare la transizione energetica sarà difficile, non affrontarla sarà peggio».

Un paese povero di materie prime come l’Italia ha l’economia circolare nel DNA e dimostriamo nei fatti che essere buoni conviene: le aziende green sono quelle che esportano di più, innovano di più, creano lavoro e hanno il fatturato in crescita. Ma non basta, continua Realacci, «recuperiamo il doppio di materie prime rispetto alla media europea e l’economia circolare ci fa risparmiare milioni di tonnellate di petrolio e di CO2».

Temiamo gli aumenti? Sono dovuti al costo del metano, sostiene Realacci, con più rinnovabili avremo meno rincari e si creerà più lavoro, un po’ come è successo con gli incentivi all’edilizia.

Non spaventiamoci delle difficoltà, conclude Realacci citando Frank Capra: «“I dilettanti giocano per piacere quando fa bel tempo, i professionisti giocano per vincere quando infuria la tempesta”. Ora che sta infuriando la tempesta non possiamo permetterci di perdere questa sfida. Ci sono solo due grandi ostacoli da superare: la burocrazia e le opposizioni a prescindere».

Dal riciclo dei rifiuti allo sviluppo sostenibile

«Una volta si parlava di riciclo dei rifiuti, oggi l’economia circolare è sinonimo di sviluppo sostenibile. Per questo deve diventare sempre più importante ed efficiente, come dimostra quel 98% realizzato dal CONOU», ha dichiarato la sottosegretaria al Ministero della Transizione Ecologica, Vannia Gava.

Come superare la sindrome NIMBY? Spiegando che i soldi per l’ambiente vanno investiti in tutti i settori (trasporti, agricoltura, energia, etc.) e tutti devono partecipare: è una chiamata all’azione per pubblico, privato, cittadini. «Dobbiamo fare un lavoro di squadra: tecnologia e ricerca ci sono, applichiamole. È vero che da soli si va più veloci, ma insieme si va più lontano».

L’obiettivo del decreto semplificazioni è stato proprio quello di tagliare i tempi delle autorizzazioni e dare poche regole chiare sia a chi investe che a chi controlla. Indispensabile è la creazione di infrastrutture, come le colonnine di ricarica per i mezzi di trasporto: «La casa non si costruisce dal tetto, cominciamo a creare il contesto giusto, il resto seguirà. Però si deve creare una cultura ambientale, spiegare, far capire che la tecnologia non è nemica, ma un aiuto prezioso per realizzare la transizione ecologica, come dimostra l’esempio del CONOU.

Fare la differenziata è inutile se non si costruiscono gli impianti per il riciclo e lo smaltimento dei rifiuti. Costruire gli impianti di riciclo è una forma di sostenibilità: 3300 camion che portano i nostri rifiuti all’estero (che in Italia sono un problema e fuori dai nostri confini sono una risorsa) inquinano tantissimo».

I ritardi sono un costo

«La transizione va guidata e non temuta. Il bilancio di sostenibilità del CONOU lo dimostra: si risolve un problema, si aiuta l’ambiente e si crea lavoro» ha dichiarato Rossella Muroni, vicepresidente della Commissione Ambiente della Camera. Dietro all’economia circolare ci sono ricerca, brevetti, coscienza ambientale. «I costi sociali non sono dovuti alla transizione ma ai ritardi nel realizzare il Green Deal. Cambiare ha dei costi, ma se ben gestiti possono fare la differenza: scompaiono alcuni vecchi lavori, ma ne nascono di nuovi, più sostenibili. Non facciamo l’errore di contrapporre il lavoro all’ambiente». E qui vorremmo aggiungere quanto sia importante la formazione permanente dei lavoratori: investire in upskilling e reskilling farà la differenza per accompagnare i lavoratori nel cambiamento.

A proposito di formazione, Muroni ritiene paradossale che molti atenei abbiano avviato corsi green e poi non si creino posti di lavoro: dopo tutto, il CONOU impiega 1185 persone lungo la filiera, segno che lavorare nel green è possibile.

Economia circolare, pilastro della transizione ecologica

Stefano Ciafani, presidente di Legambiente, propone un approccio olistico per combattere la crisi climatica. Bisogna unire elementi diversi, «edilizia, mobilità, rifiuti». Lo stesso CONOU costituisce un bell’esempio di fare gruppo per raggiungere obiettivi comuni: soggetti industriali diversi uniti per gestire rifiuti pericolosi e dimostrare che l’economia circolare genera un valore positivo per l’economia nazionale.

L’economia circolare è uno dei pilastri della transizione ecologica come dimostra il lavoro del CONOU.Ciafani ricorda quanto l’Italia sia all’avanguardia in questo settore, dove può insegnare al mondo: solo in Italia esiste un impianto di riciclo dei pannolini usati, o uno per produrre il butandiolo con cui si producono le bioplastiche. La crisi climatica si fronteggerà solo con un lavoro congiunto di paesi industrializzati, paesi emergenti e in via di sviluppo, adottando le stesse tecnologie.

«Il PNRR è una grande occasione che non si ripeterà, l’ultimo treno» ha dichiarato Giovanni Battista Zorzoli, presidente di AIEE. Ma soprattutto ha rimarcato che «l’economia circolare abolisce il concetto di rifiuto e fa passare il messaggio che si possono evitare gli sprechi in una società che spreca», abituata com’è al concetto di usa e getta. Zorzoli sottolinea che non si può più ragionare con il “non si tocca nulla”: lasciare tutto com’è significa andare verso la distruzione. Ci vuole il coraggio di cambiare.

Economia di filiera

Il CONOU fa un’economia di filiera, e si racconta con trasparenza nel suo Rapporto di Sostenibilità sottoposto al controllo di Deloitte. Il Rapporto di Sostenibilità coinvolge tutti gli stakeholder, le imprese partecipano alla riflessione strategica e a delineare la visione del futuro.

Come ha spiegato Monica Palumbo, Partner Deloitte, oggi le aziende sono le prime ad essere interessate a raggiungere standard ambientali certificati. I casi di green washing tutto sommato sono abbastanza rari. È cresciuta la sensibilità della società, le aziende vogliono capire cosa non funziona ed essere aiutate a migliorare per crescere nel modo giusto. È diventato chiaro che la sostenibilità è diventata un aspetto chiave del business.

Davide Bottari è un Concessionario CONOU. Guida un’azienda di famiglia nata nel dopoguerra. «Per noi è un motivo di orgoglio far parte del CONOU. Riteniamo qualificante essere in un gruppo di aziende attente all’ambiente, e siamo stimolati a investire in nuove tecnologie». Bottari è la dimostrazione della passione che guida le aziende familiari, una peculiarità italiana. Quali sono i suoi prossimi obiettivi? «Investire nel futuro».

La spinta propulsiva dell’Europa

Il punto di vista dell’Europa l’ha espresso l’europarlamentare Simona Bonafè. «Nel 2013 l’economia circolare era un tema per addetti ai lavori, oggi è perfino un elemento di marketing! L’Europa ha alzato il tiro con il Green Deal e la decarbonizzazione al 2050: un obiettivo ambizioso che richiede coraggio e competenza. In questo ci aiuta il Next Generation EU, con il 37% delle risorse da destinare alla transizione ecologica. L’Europa sta dimostrando di avere una forza propulsiva nel proporre strategie green ed esempi come il CONOU fanno ben sperare per il futuro».

Quindi sembra di capire che risorse e capacità ci sono, diamo loro la capacità di partire. «Le aziende finora hanno rischiato e investito senza chiedere soldi, sono andate avanti da sole, ma almeno non ci siano norme impossibili a frenarle. CONOU ha organizzato una filiera, dimostrando che a volte la spinta individuale e l’assunzione di responsabilità contano più dei finanziamenti» ha concluso Piunti.