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CONOU sempre più ambizioso: obiettivo 100%

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Abbiamo intervistato Paolo Tomasi, presidente del CONOU, il Consorzio Nazionale per la Gestione, Raccolta e Trattamento degli Oli Minerali Usati (fino a maggio 2017 COOU Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati).

 

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Presidente Tomasi, per quale motivo o necessità, si è cambiato il nome dello storico Consorzio passando da COOU a CONOU?

Questo è un bel quesito. Pensi che ci è stato posto anche da molti cittadini e aziende. Devo dir la verità, è una domanda che mi sono posto anch’io. La risposta però è molto semplice: si tratta di un Decreto emesso dai nostri due ministeri di riferimento, Ambiente e Sviluppo Economico, che ci chiedeva di inserire una “N”, che sta per nazionale.

 

E cosa significa l’inserimento della parola “Nazionale” nel vostro brand?

Nella pratica che noi siamo l’unica realtà, a livello nazionale, a difendere l’ambiente dal potenziale inquinamento generato dall’olio lubrificante usato. Attività che noi, per altro, svolgiamo già da parecchi anni.

 

Attualmente in Italia si raccoglie e si avvia al riciclo, ben il 98% dell’olio lubrificante usato con 8 anni di anticipo rispetto ai limiti previsti dalla legge. Il Consorzio da lei presieduto si colloca quindi come capofila e riferimento per tutta l’Unione Europea. Se ho ben capito voi esporterete il vostro modello in altri paesi UE?

In effetti l’Italia da tempo è considerata un modello per questo tipo di attività. Per prima cosa perché noi abbiamo una tradizione nel settore della raccolta dell’olio lubrificante usato, e della sua rigenerazione. La normativa di riferimento affonda le sue radici nei lontani anni ’40 quando, per problematiche di altra natura, cioè l’autarchia tipica di quel del periodo, si cercava di utilizzare al meglio tutte le materie prime, e tra queste anche i lubrificanti. S’iniziarono a creare, allora, delle aziende attrezzate per fare un trattamento, chiaramente ancora blando, per la rigenerazione di un elemento fino ad allora considerato unicamente un rifiuto. Poi si è immaginato che il sistema potesse essere industrializzato e quindi sia coloro che raccoglievano che quelli che rigeneravano, diventarono sempre più efficienti fino a motivare i grandi investimenti che consentirono di realizzare vere e proprie raffinerie.

 

Quali sono queste Aziende?

Attualmente in Italia ne abbiamo due importanti, la Viscolube e la Ramoil, legate a due tecnologie diverse, ma entrambe molto efficienti e stimolo per tante altre attività che oggi fanno parte della filiera del nostro modello consortile. Si tratta davvero di due eccellenze oggi stimate in tutto il mondo.

 

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Facciamo un po’ di conti. Da quando è nato il Consorzio quanto si è risparmiato in termini di mancata importazione di petrolio? 

Direi che i numeri sono davvero confortanti. Intanto vorrei spiegare come abbiamo fatto il calcolo. Partendo dal presupposto che dal trattamento, oltre all’olio base, si generano anche gasolio e bitumi, abbiamo inserito nella stima la produzione di tutti e tre i prodotti. Si arriva così a determinare un risparmio di tre miliardi di euro nei 35 anni di attività. Oltre a quello economico ci sono poi altri elementi di risparmio: la riduzione di emissione di CO2, la riduzione di occupazione del suolo con altri insediamenti produttivi, la riduzione di greggio importato e, fattore di grande importanza, il risparmio di acqua.

 

Qual è l’attuale limite di raccolta dell’olio usato imposto dalla normativa europea?

In realtà la normativa europea stabilisce degli obiettivi che per noi sarebbero francamente trascurabili in quanto siamo molto più avanti: basti pensare che noi trattiamo circa il 98% dell’olio lubrificante usato raccoglibile.

 

Che intende per raccoglibile?

Bisogna premettere che siamo di fronte ad un rifiuto che si consuma nel corso del suo esercizio, a differenza della carta o del vetro, cioè che si distrugge parzialmente nell’uso. Faccio un esempio: nel carter della nostra autovettura inseriamo una quantità di olio lubrificante che non ritroveremo mai al momento della sua sostituzione. Una parte dell’olio sarà evaporata a causa delle alte temperature, altra è trafilata nelle camicie e quindi espulsa dallo scappamento. E questo accade in buona parte dei processi produttivi. Tutto ciò ci porta a costatare che l’olio lubrificante, nel suo utilizzo fino a fine vita, distrugge circa il 50% della sua quantità iniziale. Quindi il confronto che noi facciamo è sulla quantità effettivamente disponibile al momento del recupero, cioè circa il 50% di quella iniziale.

 

Grazie ai risultati eccellenti, generati dal CONOU, l’Italia ha chiesto di alzare il limite europeo di recupero e rigenerazione dell’olio usato all’85% entro il 2025. In effetti i limiti attuali negli altri paesi sono davvero più contenuti: Germania il 50%, Francia il 60%, Gran Bretagna 14%. Ma è possibile tutto questo?

Purtroppo sì. Nonostante ci fosse da tempo una specifica direttiva, a livello europeo, non tutti gli Stati si sono adeguati. E questo perché spesso è stata privilegiata la strada della combustione dell’olio usato, quindi la sua totale distruzione. Noi invece abbiamo costatato che la rigenerazione offre decisamente maggiori vantaggi in termini economici e ambientali.

 

E’ vero che l’Italia riesce a recuperare l’olio anche dall’emulsione?

Certo. Noi abbiamo da qualche tempo attivato anche il recupero dell’olio dall’emulsione. Avevamo ipotizzato la realizzazione di un impianto di grande capacità, dotato di una specifica tecnologia, ma questo non si è reso possibile nell’ambito del Consorzio. Allora la nostra struttura di raccolta ha pensato, credendo nelle grandi potenzialità di questa ulteriore metodica, di occupare lo spazio lasciato vuoto dal Consorzio sviluppando una specifica impiantistica.  Questo ha portato a risultati straordinari: se noi siamo passati, dal 2015 al 2016 ad un incremento delle quantità del 7%, il che vuol dire 10.000 tonnellate aggiuntive di raccolta, lo dobbiamo proprio al recupero dell’olio anche dall’emulsione.

 

Quanto si è contratto il mercato dell’olio lubrificante?

Moltissimo negli ultimi 20 anni. Se osserviamo il trend del settore, dal 2000 ad oggi, vi è stata una contrazione del 40% del mercato.

 

Per quale ragione?

Essenzialmente per due fattori molto legati tra loro: l’avvento dell’economia circolare e l’innovazione tecnologica dei motori. Quest’ultima tende sempre di più a garantire efficienza e risparmio.  Ad esempio nei motori per la trazione si sono ridotti drasticamente tutti i passaggi di maggior spreco come i trafilamenti dalle valvole. Fino a pochi anni fa avevamo consumi elevati di olio lubrificante: una vettura aveva bisogno di rabboccare 1 chilo di olio ogni 1000 chilometri, mentre oggi siamo arrivati a rabbocco zero su 10.000 chilometri.  Anche nel settore industriale la tecnologia è andata particolarmente avanti, in quanto c’è un minor utilizzo di lubrificante per unità prodotta. In altre parole, riusciamo a produrre qualsiasi oggetto consumando meno lubrificante.

 

Quanto il calo del prezzo del petrolio ha influito sull’economia della vostra attività?

Questa è una questione per noi basilare. Direi che il periodo che abbiamo attraversato, iniziato nel 2014 con il crollo del prezzo del greggio, ha in pratica spiazzato completamente l’economia di questo settore in quanto le operazioni di rigenerazione dell’olio usato diventavano non più competitive rispetto alla produzione di lubrificante da greggio. Se da una parte era crollato il prezzo del greggio, dall’altra il costo della rigenerazione era, chiaramente, rimasto inalterato. In questa situazione se non fosse intervenuto il Consorzio a compensare il delta negativo ci sarebbe stato un notevolissimo impatto sul settore, come è avvenuto in Francia e Germania, dove il prezzo iniziale di 300 euro per tonnellata di olio usato era crollato a zero. Ovviamente la raccolta non si è fermata ma ha subito una contrazione notevolissima.

 

E veniamo al decreto che recentemente il ministro Calenda, dopo il ministro Galletti, ha firmato. Mi spiega perché per voi è così importante?

Per noi vuol dire il recupero di una stabilità che ci ha portato non pochi problemi nell’ultimo periodo. In effetti la legge ci indica che lo statuto del Consorzio non deve essere approvato unicamente dalla sua assemblea, ma anche dai due ministeri di controllo. Noi abbiamo modificato lo statuto originale del 1992 due volte: nel 2002 e nel 2009, per dar luogo proprio alle prescrizioni delle leggi dello stato. Ma l’approvazione che doveva essere un’operazione tacita, da parte dei due ministeri, non era mai stata fatta. Si era creata quindi una situazione in cui anche il lavoro del nostro Consiglio di Amministrazione, basato su di uno statuto privo dell’autorizzazione ministeriale, era a rischio.

 

 

Oli lubrificanti usati

 

In conclusione Presidente, ammesso che ci siano ancora margini di miglioramento per il lavoro del CONOU, cosa chiederebbe di fare, in più o meglio, agli attori del vostro sistema?

Ai cittadini chiederei di aumentare ancor di più la consapevolezza che stiamo trattano un rifiuto altamente pericoloso e che quindi bisogna evitare il “fai da te”, cioè il cambio dell’olio, ma affidarlo a chi lo fa di professione. Al Governo chiederei di migliorare una legge imperfetta, frutto di tante manipolazioni che mostrano una comprensione parziale dei reali problemi del settore. Ai produttori di rifiuti chiederei di non miscelare tra di loro le diverse tipologie di oli raccolti, oli che se fossero mantenuti separati, consentirebbero un coefficiente di recuperabilità molto più elevato.

 

E’ questo lo spazio che dobbiamo ancora recuperare per avere un ulteriore aumento di quella piccola percentuale di rigenerazione che ancora ci manca.

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