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Con Decreto End of Waste inerti rischio discarica per oltre 4mln di tonnellate di rifiuti d’asfalto

Secondo SITEB l’attuale formulazione del decreto EoW sugli inerti mette in crisi il settore del riciclo dei rifiuti d’asfalto. Senza le opportune modifiche potrebbero finire in discarica più di 4 milioni di tonnellate di scarti, altrimenti destinati alla produzione di aggregati riciclati

rifiuti d’asfalto
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A rischio il settore riciclo rifiuti d’asfalto

(Rinnovabili.it) – Con l’attuale formulazione del Decreto End of Waste sugli inerti rischiamo di perdere ogni anno più di 4 milioni di rifiuti d’asfalto riciclabili: questa, in sintesi, la denuncia di SITEB – Strade Italiane e Bitumi. La normativa, secondo l’associazione, rende problematica la gestione e la possibilità di riciclare i rifiuti che provengono dai cantieri dei lavori stradali che, secondo le stime di ISPRA, sono 14 milioni e 457 mila tonnellate l’anno, secondo quelle SITEB, arrivano a 17 milioni. Se il testo non dovesse essere riformulato una quota importante di questi scarti finirà in discarica, con conseguenze che non sono solo ambientali ma anche economiche e occupazionali. 

Modificare il decreto End of Waste inerti per tutelare il riciclo dei rifiuti d’asfalto

Secondo la nota inviata da SITEB al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica occorre intervenire con urgenza per modificare il Decreto ministeriale 152 del 27 settembre 2022, perché mette a rischio il riciclo dei rifiuti d’asfalto.

Prima dell’arrivo del cosiddetto Decreto sull’End of Waste dei rifiuti inerti, i rifiuti (fresato) d’asfalto venivano utilizzati per diversi impieghi: quasi dieci milioni di tonnellate (9.600.000) per produrre nuovo conglomerato bituminoso a caldo; mentre una quota di 800.000 tonnellate veniva destinata al conglomerato bitumisono a freddo, le restanti 4.100.000 tonnellate erano utilizzate per la produzione di aggregati riciclati.

Applicando il nuovo testo di legge, invece, non sarebbe più possibile la produzione degli aggregati perché le miscele bituminose alla base del processo hanno una concentrazione di idrocarburi superiore alle disposizioni di legge: questa frazione consistente di rifiuti d’asfalto, a questo punto, non sarebbe più ritenuta riciclabile e sarebbe destinata allo smaltimento in discarica, andando in contrasto con i nostri obiettivi nazionali di economia circolare e con gli obiettivi di riciclo comunitari e richiedendo la pianificazione dell’apertura di nuove discariche, oltre che portando conseguenze negative sul settore delle costruzioni, del recupero del fresato e in molti cantieri di realizzazione di opere strategiche del PNRR. 

Le richieste di SITEB al MASE

SITEB ha analizzato la situazione attuale i potenziali rischi in una nota, inviata al Ministero, nella quale chiede la revisione dei limiti di concentrazione di idrocarburi, un chiarimento sulle sovrapposizioni tra il nuovo decreto e la normativa già vigente per quanto riguarda l’End of Waste per il fresato d’asfalto (DM 69/18), in particolare per il conglomerato bituminoso demolito, e una modifica alla previsione di certificare ISO9001 le attività di riciclo dei rifiuti d’asfalto, già sottoposte a marcatura CE obbligatoria che, a detta dell’associazione, è sufficiente per garantire la dovuta sicurezza, senza produrre “un impatto burocratico sproporzionato che rischierebbe di bloccare le attività e favorire il ricorso alla materia prime vergine”.

“Secondo nostre stime”, ha dichiarato Stefano Ravaioli – Direttore SITEB, “il riutilizzo del 30% del fresato, dato attualmente registrato in Italia, nella produzione di conglomerato bituminoso, comporta ogni anno il minor impiego di 380.000 tonnellate di bitume vergine (riduzione del fabbisogno di petrolio) e il recupero di 9.480.000 tonnellate di inerti, equivalenti in termini economici ad un risparmio di circa 370-380 milioni di euro di sole materie prime. Producendo conglomerato con il 100% del fresato, il risparmio economico salirebbe fino a 1.200 milioni di euro/anno di sole materie prime, senza considerare tutti i vantaggi ambientali dovuti a minori importazioni di petrolio, al minor ricorso alle cave, ai minori trasporti di materie, ai minori costi di lavorazione e alle minori emissioni in atmosfera. In questo modo si eviterebbe la produzione di bitume di 3 raffinerie di medie dimensioni.

In Italia, se non si modificherà la normativa sull’end of waste dei rifiuti inerti, questo potenziale rischia di andare disperso”.