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La chimica verde rinasce dai rifiuti di paglia

rifiuti di paglia

 

Gomme e solventi dai rifiuti della paglia, la ‘green chemistry’ strizza l’occhio al riciclo

(Rinnovabili.it) – Ogni anno nell’Unione Europea il settore dei cereali produce oltre 360 milioni di tonnellate di residui. Un quantitativo sostanzioso che, come l’economia circolare insegna, è molto più che un gigantesco ammasso di rifiuti. Per i ricercatori di Optisochem, ad esempio, si tratta di un bottino di risorse da destinare alla chimica verde. Il progetto, condotto da 6 partner provenienti da 4 Stati membri dell’UE, è impegnato a testare la validità tecnica e commerciale del riciclo dei rifiuti di paglia. Il punto d’arrivo, in questo caso, sono quattro derivati ​​del bioisobutene o bio-IBN, un precursore chiave per numerose sostanze chimiche come plastiche, solventi e alcune fragranze.

 

I partner di Optisochem hanno tempo fino al maggio del 2021 dimostrare le prestazioni, l’affidabilità e la sostenibilità ambientale e socio-economica ​​dell’isobutene a base biologica, in quanto ottenuto dai residui del grano, al posto di quello a base fossile. Ad oggi il progetto, coordinato dall’azienda francese Global Bioenergies, ha già prodotto l’idrolizzato di paglia di frumento (WSH), stabilendo uno standard di qualità per alimentare l’unità di fermentazione. INEOS Oligomers, partner dell’iniziativa, ha verificato la qualità dei primi lotti  aprendo le porte alla seconda fase: convalidare le prestazioni tecniche, economiche ed ambientali / sociali per realizzare il primo impianto si scala commerciale. Spiega Frederic Pâques, direttore operativo di Global Bioenergies “Nel restante periodo del progetto, ci aspettiamo di produrre diverse tonnellate di questa nuova materia prima non convenzionale, l’isobutilene biologico”.

 

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Il progetto si è dato degli obiettivi quantitativi precisi con cui confrontare i risultati raggiunti: il processo studiato da Optisochem dovrebbe permettere di raggiungere un aumento del “rendimento di prodotti a base biologica mirati” di oltre il 20 per cento riducendo nel contempo del 10-20 per cento i costi di produzione ed evitando all’atmosfera oltre il 20 per cento della CO2 rispetto ai metodi di produzione su base fossile. I partner prevedono inoltre di ridurre “il consumo di energia di oltre il 30 per cento per i processi biocatalitici”.

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