Incentivare il recupero di tutti i materiali e trovare sinergie con gli impianti di trattamento termico esistenti sono le soluzioni con cui sarà possibile “disegnare il futuro del car fluff”
(Rinnovabili.it) – La frantumazione è un passaggio cruciale nel trattamento delle auto a fine vita. Con la triturazione delle carcasse, prima, e la separazione dei materiali tra ferrosi e non ferrosi, poi, l’industria della frantumazione delle automobili innesca un processo virtuoso che contribuisce alla gestione efficiente del veicolo giunto alla fine del suo ciclo di vita. Secondo quanto diffuso da AIRA, l’associazione che in Italia raggruppa tutti i riciclatori di auto, il materiale ferroso proveniente dalle auto a fine vita è un ottimo rottame da inviare alla rifusione e rappresenta oltre il 15% del fabbisogno delle acciaierie italiane; il car fluff, invece, è quella frazione di materiale da avviare allo smaltimento e che attualmente ammonta a circa 600.000 tonnellate annue. Ed è proprio il recupero energetico del fluff che sarà determinante per l’Italia per raggiungere gli obiettivi previsti dalla Direttiva europea sugli End of Life Vehicles. Al convegno che ADA e ASSODEM, in collaborazione con Rinnovabili.it, hanno organizzato nell’ambito di Ecomondo, è stata sottolineata l’importanza del processo di smistamento e recupero dei singoli materiali, finalizzato a rendere il car fluff sempre più puro, riducendo al contempo il materiale di scarto da destinare in discarica.
A margine del convegno, abbiamo intervistato Franco Macor, di AIRA, tra gli intervenuti, il quale si è dichiarato assolutamente positivo su quanto sta facendo il nostro Paese nel percorso verso il raggiungimento degli obiettivi europei: “I dati ci dimostrano che in Italia il recupero viene di fatto effettuato – ha detto – e che, di questo passo, sarà possibile raggiungere obiettivi anche più elevati rispetto a quelli fissati per il 2015”.
Quanto andrà a influire il corretto trattamento del car fluff in questo meccanismo?
“Tanto, ma dovremo massimizzare il recupero di materia, prima ancora che di energia, e ottimizzare tutte quelle attività che la filiera del recupero del fine vita auto sta mettendo in essere: recupero di tutti i metalli, compresi i cablaggi, in un futuro prossimo quello delle plastiche, sebbene questo sia legato anche all’economicità dell’attività stessa, e poi come ultime azioni il recupero energetico e lo smaltimento in discarica della parte residuale che non sarà possibile recuperare con le altre attività”.
Quali sono le problematiche che potrebbero rallentare questo percorso virtuoso?
“Innanzi tutto la classificazione dei materiali e l’uniformarsi a quelli che sono i parametri europei. Lo smaltimento del car fluff è un problema principalmente italiano, legato soprattutto agli impianti di trattamento, che in altri Paesi d’Europa non viene osteggiato così tanto: se in Francia e Spagna sono già molto avanti in questo settore e la Germania ha delle ottime possibilità di raggiungere gli obiettivi richiesti grazie alla capacità con cui riesce a recuperare il fluff, per noi è soltanto da poco che si è iniziato a parlare del suo recupero energetico negli impianti di termovalorizzazione esistenti. Nonostante ciò sono ottimista perché ritengo che il problema non sia tecnico, ma semplicemente legato all’economicità di una simile gestione. Purtroppo, però, il volume del materiale che può essere trattato è diminuito. I dati sulle immatricolazioni e sulle radiazioni sono sotto gli occhi di tutti: un triste bollettino di guerra che contribuisce a fare della gestione del rifiuto un problema che via via si sta assottigliando. Non ci sono più migliaia di tonnellate di rifiuti da trattare, ma qualche centinaia, che gli impianti esistenti possono tranquillamente trattare in sicurezza”.
Quali saranno le prossime azioni su cui sarà necessario puntare?
“Incentivare il recupero di tutti i materiali e cercare sinergie economicamente percorribili con gli impianti di trattamento termico esistenti, cosa che si sta già concretizzando in alcune regioni d’Italia attraverso accordi mirati. Oltre a ciò, sarà anche necessario sviluppare tecnologie di recupero per quella frazione di rifiuti che comunque non può essere conferita all’incenerimento, quella parte più simile alla terra (ghiaia, vetro, etc…) che può essere utilizzata invece come recupero di materia”.