di Isabella Ceccarini
(Rinnovabili.it) – Un’importante new entry nella vasta galassia del riciclo. Biorepack è il settimo consorzio nazionale di filiera che è entrato a far parte di Conai (Consorzio Nazionale Imballaggi), e il primo consorzio al mondo per il riciclo organico degli imballaggi in bioplastica, un’alternativa sostenibile a basso impatto e alte perfomance. La bioplastica, infatti, è biodegradabile, compostabile e rinnovabile.
Il consorzio Biorepack è stato costituito nel 2018 dai sei produttori e trasformatori di bioplastiche (Ceplast, Ecozema, Ibi Plast, Industria Plastica Toscana, Novamont e Polycart) per gestire la fine vita degli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile. Infatti questo materiale, riciclabile con i rifiuti organici, con un trattamento specifico può essere trasformato in compost.
Riciclare la bioplastica fa bene all’ambiente
Biorepack garantisce ritiro, recupero e riciclo degli imballaggi in bioplastica. Il consorzio si occupa anche di promuovere il corretto conferimento nella raccolta differenziata: un momento in cui la corretta informazione dei cittadini fa la… differenza. Riciclare la bioplastica è un altro passo avanti nell’economia circolare, di cui l’Italia indossa la maglia del campione europeo.
Quello delle bioplastiche è un settore in crescita con grandi possibilità di occupazione. Per avere un’idea della dimensione del settore guardiamo qualche cifra relativa al 2020: il fatturato della filiera è arrivato a 815 milioni di euro, vi lavorano 2.775 addetti, sono state prodotte 110.700 tonnellate di bioplastiche, 2 milioni di tonnellate di compost dalla frazione organica della raccolta differenziata hanno prodotto un risparmio di 4,3 milioni di tonnellate di CO2 equivalente/anno rispetto allo smaltimento in discarica (dato stimato dal CIC, il Consorzio Italiano Compostatori, per il 2018) e contribuito a immagazzinare nel terreno 375mila tonnellate/anno di carbonio organico con conseguente produzione di 312 milioni di Nm3 di biogas equivalenti a una produzione energetica di 664mila GWh/anno e 100 milioni di Nm3 di biometano.
SIRCLES, progetto per NEET e persone a rischio esclusione sociale
Il CIC ha anche avviato SIRCLES, un interessante progetto per diventare esperti nel settore dei rifiuti organici dedicato ai giovani NEET di 18-24 anni e persone a rischio di esclusione sociale residenti nei Comuni pugliesi di Alberobello, Locorotondo, Noci e Putignano.
La bioplastica si affaccia al mercato negli anni Novanta con i primi sacchetti compostabili per la raccolta dei rifiuti organici. Nel 2012 entra in vigore il divieto di vendere i sacchetti di plastica e nel 2018 l’obbligo di fornire sacchetti biodegradabili per imbustare frutta, verdura e altri prodotti alimentari.
Biorepack tratta i rifiuti di bioplastica di vario tipo, tra cui: shopper, sacchetti per la vendita di prodotti alimentari freschi, stoviglie monouso, pellicole, buste IV gamma, capsule del caffè, vaschette per il gelato, bottiglie e flaconi. Per rientrare nel circuito Biorepack, la bioplastica deve essere biodegradabile e compostabile certificata UNI EN 13432 e riportare uno dei marchi di compostabilità approvati.
Umido organico, 40% della differenziata domestica
Secondo il Rapporto ISPRA 2020 sui rifiuti urbani, nel 2019 la raccolta differenziata dell’organico umido ha raggiunto 4,6 milioni di tonnellate, superando la carta (3,5) e la plastica (1,5): un valore che rappresenta circa il 40% delle raccolte differenziate domestiche in Italia.
L’Italia sta facendo in un certo senso da apripista, e altri Paesi europei stanno seguendo il suo esempio incrementando l’uso delle bioplastiche. Inoltre, come spiega Marco Versari, presidente di Biorepack, «il riciclo dell’umido diventerà obbligatorio in tutta l’Unione Europea a partire dal 2024, dando un’ulteriore spinta al settore».