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Triplicano le bioplastiche compostabili nella raccolta dell’organico

Le plastiche compostabili certificate UNI 13432 presenti nei rifiuti organici sono in aumento rispetto al 2016/2017: la loro incidenza è passata dall’1,5% al 3,7%.

bioplastiche compostabili
Credits: Pxfuel

(Rinnovabili.it) – È aumentata negli ultimi 3 anni la presenza di bioplastiche compostabili nella raccolta dell’organico. A rivelarlo è il nuovo studio condotto da Consorzio Italiano Compostatori (CIC) e Corepla. Il documento offre uno sguardo puntuale alla quantità e qualità degli imballaggi in plastica conferiti negli scarti di cucina e di giardino. E spiega come l’incidenza in Italia sia più che triplicata negli ultimi anni, per ciò che concerne i polimeri bio e compostabili. Nel dettaglio si è passati dalle circa 27.000 t/anno (espresse sul secco) dell’indagine 2016/2017 alle circa 83.000 t/anno del 2019/2020.

A crescere tuttavia anche il dato sulla plastica tradizionale che viene erroneamente conferita nell’umido: dalle circa 65.000 t/anno si è toccato le 90.000 t/anno nel 2019/2020.

Lo studio, presentato dal Direttore del CIC Massimo Centemero, ha monitorato la composizione del rifiuto organico così da quantificare la presenza di Materiale Compostabile (MC) quale scarti di cucina e di giardino, carta, plastica compostabile, e di Materiale Non Compostabile (MNC) rappresentato da plastica tradizionale, vetro, metalli, pannolini, cialde caffè, altro.

Realizzata su un campione significativo di impianti che trattano scarti di cucina e di giardino, l’analisi ha riguardato gli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile idonei alla filiera del rifiuto a matrice organica che vengono avviati a recupero presso impianti di compostaggio e di digestione anaerobica. Inoltre, sono stati quantificati gli imballaggi in plastica tradizionale che, erroneamente, entrano nella filiera e sono considerati impurità.

“Questo studio è fondamentale per capire come avviene la raccolta differenziata da parte dei cittadini”, spiegano il presidente del CIC Flavio Bizzoni e il presidente del COREPLA Antonello Ciotti. “Di conseguenza, ci permette di valutare i comportamenti da adottare come consorzi per promuovere la corretta modalità di differenziazione sia degli imballaggi in plastica tradizionale che di quelli in plastica biodegradabile e compostabile, così da migliorare la raccolta differenziata e assicurare un riciclo di qualità da entrambe le parti”.

Secondo l’analisi, l’umido proveniente dalle raccolte differenziate è costituito per il 94,8% da Materiale Compostabile. In questo contesto la frazione di plastiche compostabili (certificate UNI 13432) risulta in aumento in aumento rispetto al 2016/2017: la loro incidenza è infatti passata dall’1,5% al 3,7%. Si tratta quasi esclusivamente di bioplastica flessibile e gli imballaggi rappresentano il 70% dei manufatti in bioplastica presenti nell’organico. Lo studio ha confermato inoltre l’assenza di bioplastiche nel compost a dimostrazione dell’effettiva degradazione della bioplastica negli impianti.

Materiali Non Compostabili presenti nell’umido rappresentano invece il 5,2%, con un leggero aumento del +0,3% rispetto al monitoraggio 2016/2017. L’incidenza della plastica  rappresenta il 3,1% del totale..

“Dobbiamo purtroppo constatare l’aumento della presenza dei Materiali Non Compostabili (MNC), di cui le plastiche tradizionali rappresentano il 60%, nelle raccolte differenziate degli scarti di cucina e giardino. Solo negli scarti di cucina i MNC sono passati dalle circa 190.000 t/a (espresse sul tal quale) rilevate nella precedente indagine del 2016/2017, alle circa 240.000 t/a t.q. di quella attuale (2019/2020)”, aggiunge Bizzoni. “I dati raccolti evidenziano che il pur considerevole aumento della presenza dei manufatti flessibili in bioplastica compostabile da solo non è bastato a garantire la diminuzione delle plastiche tradizionali. Questa consistente presenza dei MNC provoca a tutta la filiera enormi costi per il loro smaltimento che, nel solo 2019, possono essere stimati in una cifra che va dai 90 ai 120 milioni di euro, con l’effetto inoltre di ‘trascinare’ allo smaltimento rilevanti quantità di materiale organico sottraendolo così alla produzione di compost di qualità”.

L’indagine ha consentito inoltre di approfondire e conoscere meglio le abitudini degli italiani in relazione ai sacchi e ai sacchetti utilizzati per il conferimento della frazione umida. Rispetto al 2017 si nota un aumento interessante del 6,8% dei manufatti conformi alla norma.