(Rinnovabili.it) – Sono bastati solo sei mesi sui previsti due anni e i ricercatori dell’Università del Nilo possono mostrare già i primi risultati del loro lavoro: un film di bioplastica creato dai gusci secchi dei gamberetti. La ricerca, condotta in collaborazione con i colleghi dell’Università di Nottigham, mira ad ottenere un buon prodotto polimerico da cui ricavare sacchetti per la spesa e packaging alimentare, appositamente per il mercato egiziano. Un’alternativa sostenibile alla plastica ottenuta dal petrolio e anche a quella biodegradabile prodotta oggi da colture in competizione con l’alimentazione.
Spiega il dott. Nicola Everitt della Facoltà di Ingegneria a Nottingham: “L’utilizzo di un biopolimero biodegradabile fatto dai gusci dei gamberetti per sacchetti della spesa porterebbe a basse emissioni di carbonio e ridurrebbe parte dei rifiuti alimentari e da imballaggio che si accumulano nelle strade o nelle discariche illegali”. “L’Egitto – aggiunge il collega egiziano Hani Chbib – importa circa 3.500 tonnellate di gamberetti, che producono 1.000 tonnellate di gusci come rifiuti … Invece di buttarli, siamo in grado di fare della plastica”.
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Il primo prototipo è praticamente pronto: è composto da chitosano, un polimero artificiale derivato dalla chitina, la molecola strutturale dell’esosocheletro del gamberetto. Il procedimento richiede che i gusci, una volta puliti, siano prima trattati con l’acido per rimuovere il bicarbonato di calcio dalla chitina e quindi con alcali per produrre le lunghe catene molecolari che compongono il biopolimero. La strada per avere un prodotto finito è ovviamente ancora lunga. Per ora il team si sta concentrando sul miglioramento della stabilità termica e della durata della bioplastica.
La seconda parte del progetto prevede invece di sviluppare un film polimerico attivo che assorba l’ossigeno. E successivamente di individuare un percorso di produzione con cui questi materiali degradabili possano diventare borse della spesa e imballaggi alimentari. “Se commercializzato, – ha spiegato qualche giorno fa alla Reuters il supervisore del progetto Irene Samy – potrebbe davvero aiutare a diminuire i rifiuti … e potrebbe aiutarci a migliorare le esportazioni di prodotti alimentari, perché la plastica ha proprietà antibatteriche e antimicrobiche”.