Sviluppato all'Università di Bath un nuovo biopolimero naturale. La materia prima è una sostanza chimica contenuta negli aghi di pino
(Rinnovabili.it) – Il settore della bioplastica apre le porte ad una nuova materia prima: gli aghi di pino. Un team di ricercatori britannici, dell’Università di Bath, ha scoperto come convertire il pinene, molecola aromatica presente nelle conifere, in un polimero funzionale, il caprolattone. Quest’ultimo è uno dei monomeri utilizzati per rendere la plastica, anche quella bio, flessibile.
I poliesteri degradabili come il PLA o acido polilattico, sono oggi realizzati a livello industriale da colture di mais o canna. In teoria si classificano come bioplastica, ma per ottenere specifiche caratteristiche finali, tra cui per l’appunto la flessibilità, si addizionano molecole che non sempre sono di origine naturale. E’ questo il caso del caprolattone, ottenuto tradizionalmente dal petrolio.
Spiega Helena Quilter, dottorando presso il Centre for Sustainable Chemical Technologies (CSCT) dell’ateneo britannico: “Non stiamo parlando DI riciclare vecchi alberi di Natale in plastica, ma piuttosto di utilizzare un prodotto di scarto dell’industria [gli aghi di pino] che altrimenti sarebbe gettato via, e trasformarlo in qualcosa di utile”. La ricerca è stata pubblicata in questi giorni su Polymer Chemistry, in un articolo che spiega i quattro passi del procedimento di polimerizzazione.
Il materiale di partenza è il pinene, un composto organico appartenente alla famiglia delle biomolecole terpenoidi, di cui fanno parte anche il mentolo, la canfora e il limonene. E potrebbero essere proprio queste, le prossime molecole oggetto d’indagine. Il progetto, finanziato dal Dipartimento di Ingegneria e Scienze Fisiche del Research Council (EPSRC), sta a esaminando anche l’impiego di altri terpeni come basi biologiche alternative ai prodotti petrolchimici. I ricercatori sperano di riuscire a ottenere una bioplastica al 100% tale da mettere a frutto in una vasta gamma di applicazioni, dagli imballaggi alimentari agli impianti medici.
“Lo studio – aggiunge Matthew Davidson, direttore del CSCT – fa parte di una ricerca più ampia che punta ad utilizzare sostanze chimiche bio come fonte ecosostenibile […] In questo modo potremmo ridurre il bisogno di combustibili fossili, fornendo una materia prima rinnovabile che abbia la potenzialità di rivoluzionare l’industria chimica”.