Che i veicoli giunti a fine vita siano una risorsa e non rifiuto di cui sbarazzarsi ormai è risaputo. Un po’ per cultura e un po’ per gli obblighi che la Commissione Europea ci ha imposto, da qualche anno a questa parte si è sviluppato un processo ad hoc di raccolta e trattamento di questa tipologia di rifiuti che intende rendere la demolizione un processo standardizzato e certificabile. Smaltire non correttamente un veicolo giunto alla fine del suo ciclo di vita o, peggio ancora, non recuperarlo e disperderlo nell’ambiente, sono azioni che oltre ad essere punite dalla legge, possono avere anche pesanti conseguenze per l’ambiente.
Secondo i dati riportati dall’ACI, al 31 dicembre 2012 sono stati fotografati complessivamente quasi 50 milioni di veicoli (49.209.701 il numero preciso) circolanti sulle strade italiane. Considerando che nell’ultimo censimento, la popolazione rilevata nel Belpaese è risultata essere composta da 59.433.744 unità (Dati ISTAT), viene facile fare due calcoli e notare che esiste quasi un veicolo pro-capite in circolazione (il dato sarebbe ancora più significativo se sottraessimo dal totale degli italiani censiti il numero di coloro che non hanno ancora raggiunto la maggiore età e quindi non ancora in possesso di patente). Immaginiamo cosa potrebbe accadere se tutti questi veicoli, una volta vetusti, non venissero trattati e smaltiti correttamente…!
E tanta immaginazione poi non serve, dato che la cosiddetta Direttiva europea “End of Life Vehicles”, la 2000/53/EC, è stata messa a punto dalla Commissione proprio per risolvere un problema con cui il vecchio continente ha dovuto fare i conti: gli 8-9 milioni di tonnellate di rottami generati ogni anno dallo smaltimento dei veicoli fuori uso. Proprio grazie alla Direttiva ELV, è iniziata l’organizzazione di sistemi ad hoc per la raccolta e il trattamento di questa tipologia di rifiuti, con l’intento di rendere la demolizione un processo standardizzato e certificabile, privilegiando il riutilizzo e il recupero dei materiali. Nonostante tutto, però, se da una parte ci sono stati enormi progressi compiuti dal settore, dall’altra ancora oggi capita troppo spesso di vedere carcasse oppure rottami, batterie, pneumatici, pezzi di ricambio, oli esausti e RAEE abbandonati o dispersi nell’ambiente e che, in molti casi, vedono coinvolte zone protette o aree naturali incontaminate e di estrema bellezza. Niente di più dannoso per i nostri territori.
Con l’apertura della nuova sezione “re-AUTO”, Rinnovabili.it oltre a portare l’attenzione su un settore piuttosto inesplorato che sta acquisendo sempre più autorevolezza (il riciclo dell’auto appunto), ha voluto puntare i riflettori su questa problematica di cui quotidianamente siamo testimoni. La nuova sezione, infatti, contiene uno spazio dedicato alla denuncia di simili scempi ambientali: “Inviaci la tua foto denuncia”. Obiettivo dell’iniziativa è quello di riuscire a innescare, attraverso una corretta informazione, meccanismi virtuosi capaci di arrivare alla risoluzione (e quindi alla rimozione) del problema. Accedendo all’area “Inviaci la tua foto denuncia”, il lettore ha la possibilità di denunciare, appunto, e rendere pubblico cosa di sbagliato accade sul proprio territorio, mettendo in condizione chi di dovere per attivare le procedure necessarie alla rimozione dei rifiuti provenienti dall’auto giunta a fine vita dispersi per la penisola.
«Con l’apertura di re-AUTO e il lancio dell’iniziativa “Inviaci la tua foto denuncia” – ha dichiarato il Direttore di Rinnovabili.it, Mauro Spagnolo – abbiamo voluto riempire un vuoto informativo nazionale sul tema della seconda vita dell’auto, convinti che questo sia un settore strategico sia a livello ambientale che economico. È giunto il momento di sostenere questa filiera e di far conoscere ai cittadini le sue potenzialità».
Semplicemente inviando alla redazione di Rinnovabili.it una foto inedita e una breve descrizione di quanto testimoniato, chiunque ha la possibilità di diventare il protagonista di un grande gesto con cui promuovere la tutela e la salvaguardia dell’ambiente.