(Rinnovabili.it) – Auto a fine vita letteralmente “incastonate” lungo le rive dei fiumi. Chi si fosse recato nel Montana non può non aver notato quello che a prima vista potrebbe sembrare uno scempio ambientale commesso da qualche proprietario senza scrupoli, deciso a disfarsi della propria vecchia auto in modo rapido e (per lui) indolore. Difficile, invece, immaginare che si tratti di una manovra messa in atto proprio per proteggere l’ambiente. Si chiama “Detroit Riprap” ed è l’esperimento con cui negli anni 50 l’US Army Corps of Engineers pensava di poter controllare i fenomeni di erosione fluviale utilizzando auto a fine vita in giacenza nelle discariche. I vecchi veicoli, infatti, venivano privati di liquidi, motore e batterie e trascinati dalla discarica direttamente lungo i fiumi maggiormente colpiti da fenomeni erosivi; una volta in acqua, le carcasse sono nel tempo diventate parte integrante delle sponde del fiume salvaguardando di fatto il paesaggio naturale.
Delle vere e proprie barriere artificiali, dunque, che oltre ad alleggerire il carico delle discariche di auto a fine vita avevano la duplice funzione di salvaguardare i bacini idrografici esposti a fenomeni franosi e all’aumento del rischio o del dissesto idrogeologico a causa proprio all’erosione. Le atipiche barriere artificiali fluviali hanno avuto negli anni decorsi differenti: alcune delle auto che le compongono sporgono ancora oggi da terra, altre invece sono state a mano a mano ricoperte e seppellite da sabbia e detriti. Oggi probabilmente si parlerebbe di pura follia ambientale, ieri invece, l’insolita “manovra” è riuscita a conservare l’habitat naturale e a scongiurare il dissesto idrogeologico.