Gli stati membri hanno speso quasi tutti gli aiuti per la gestione dei rifiuti, niente è stato fatto per prevenirli e progettare un’economia circolare
(Rinnovabili.it) – Raggiungere gli obiettivi che l’UE si è data per l’economia circolare, allo stato attuale sarà come realizzare la quadratura del cerchio. Tradotto: un esercizio impossibile. Arriva come una doccia ghiacciata la relazione della Corte dei Conti europea, pubblicata ieri pomeriggio. Il documento spegne la retorica che le istituzioni comunitarie hanno alimentato negli ultimi mesi con i suoi metodi tradizionali: la matematica e la logica. L’organo di vigilanza sulla gestione finanziaria del blocco ha incrociato i trend attuali di riciclo, riuso e progettazione ecocompatibile con le risorse allocate dall’UE e gli obiettivi che si è data. Ne risulta che “le misure e i miliardi di euro dell’UE hanno avuto un modesto impatto sulla transizione negli Stati membri”. Il problema, secondo la Corte dei Conti, è evidente “soprattutto per quanto riguarda la progettazione circolare dei prodotti e dei processi produttivi”.
I dati sono lì a dimostrarlo. Come racconta in una nota, la Corte ha riscontrato che “tra il 2015 e il 2021, il tasso medio di circolarità per tutti gli Stati dell’UE‑27 è aumentato soltanto di 0,4 punti percentuali”. Tra i 27 membri, sette paesi (Lituania, Svezia, Romania, Danimarca, Lussemburgo, Finlandia e Polonia) hanno perfino peggiorato le performance.
Azioni inefficaci e soldi spesi male
Gli auditors concludono, pertanto, che “l’ambizione dell’UE di raddoppiare la percentuale di materiali riciclati e reintrodotti nell’economia entro il 2030 appare decisamente difficile da realizzare”.
A dispetto di come vengono presentate e lette, quindi, le statistiche sull’economia circolare in Europa sono negative. E le azioni intraprese, “inefficaci”. Non solo, ma c’è una resistenza a cambiare il sistema di produzione delle merci. L’Unione Europea ha stanziato oltre 10 miliardi di euro tra il 2016 e il 2020 per investire nell’innovazione verde ed aiutare le imprese a fare la transizione verso la circolarità dei processi. Ma gli Stati membri “hanno speso la stragrande maggioranza di questi fondi per gestire i rifiuti invece che impedirne la produzione attraverso la progettazione circolare”. L’impatto maggiore si ha con la prevenzione, non con il trattamento a fine vita, che non intacca il sistema di produzione. Circa l’80% dell’impatto ambientale di un prodotto dipende dalla sua progettazione. Se non si vincola questo estremo della filiera, tutto il resto sarà un esercizio di stile. Costoso, impegnativo, ma inutile.