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La grande scommessa dell’economia circolare

Perché è importante investire in questo nuovo modello economico? Quali sono le potenzialità sul fronte ambientale e sociale? Alcune delle principali realtà impegnate nel settore, indagano gli aspetti propulsivi

La grande scommessa dell’economia circolare

 

 

(Rinnovabili.it) – L’implementazione di un’economia circolare ad ampio respiro è al centro dell’agenda europea fin dal 2010, anno in cui per la prima volta il nuovo modello economico faceva capolino nella Strategia 2020 sulla crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Oggi il settore ha una sua dimensione precisa, sia a livello comunitario che nazionale, ma la strada per “chiudere definitivamente il cerchio” è ancora lunga.

Di questo percorso, delle sfide e dei benefici attesi si è discusso durante la tavola rotonda “La grande scommessa dell’economia circolare”, tenutasi in occasione di Maker Faire Rome 2018. L’incontro, moderato da Mauro Spagnolo, direttore di Rinnovabili.it, ha portato allo stesso tavolo rappresentanti delle istituzioni, settore industriale e mondo delle associazioni con l’obiettivo di definire perché sia importante investire in questo nuovo modello economico.

 

Quello che è emerso chiaramente dal confronto è che i semi della circular economy sono stati già piantati nel terreno italiano; per raccoglierne i frutti è necessario saper individuare e risolvere gli ostacoli e ri-pensare in maniera innovativa gli strumenti di supporto. Ne è un chiaro esempio, il disegno di legge Salva Mare, provvedimento annunciato dal ministero dell’Ambiente per rinforzare la lotta all’inquinamento da plastica. L’economia circolare è uno dei punti fermi del nuovo programma del ministro Sergio Costa e il nuovo ddl lo dimostra: tra le disposizioni attese vi è anche una norma che permetterebbe finalmente ai pescatori di riportare a terra – presso specifiche isole ecologiche portuali – la spazzatura raccolta in mare, senza incorrere nel reato di traffico illecito dei rifiuti. Come spiega dal palco dell’evento il Sottosegretario di Stato all’Ambiente, Salvatore MicilloI primi due esperimenti a Sorrento e Livorno hanno portato alla raccolta di 16-25 quintali in meno di una settimana. Immaginiamo se il progetto fosse riprodotto con tutti i pescatori in tutta Italia, quale mole [di rifiuti] potremmo recuperare”. Non si tratta dell’unico asso “circolare” nella manica del dicastero: tra le prossime tappe del dicastero, prosegue Micillo, c’è anche la normativa sull’end of waste, strumento fondamentale per proseguire la transizione economica italiana, trasformando gli sprechi in risorse.

 

Ed in questo processo di ripensamento degli strumenti che si colloca anche la riqualificazione dell’ex raffineria petrolifera di Venezia: la struttura è stata convertita in una bioraffineria (la prima al mondo) con l’obiettivo di prolungare la vita dell’impianto e rispondere all’obbligo normativo europeo che impone agli Stati membri una quota parte di combustibili di origine non fossile. L’impianto a partire dal 2014 produce quello che la società chiama green diesel, biofuel di alta qualità prodotto a partire da oli vegetali, che viene miscelato al 15% al tradizionale gasolio. “Questo è stato il punto di partenza”, spiega Giacomo Rispoli, Executive Vice President presso Eni. “Dopodiché abbiamo visto che sul mercato erano disponibili anche rifiuti che potevano essere riciclati (nella produzione di biodiesel) e il primo di questi rifiuti è stato l’olio di frittura”.

 

È qui che entra in gioco il Conoe, il consorzio nazionale di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti: grazie all’accordo firmato tra le due realtà, oggi il 50% dell’olio di cottura raccolto viene destinato al riciclo nella bioraffineria veneta.

D’altra parte la gestione degli oli esausti è una delle buone realtà dell’economia circolare italiana. “Oggi – afferma Tommaso Campanile, Presidente del Conoe – possiamo dire di aver raggiunto il 90% di raccolta degli oli vegetali dalle attività professionali”. Rimane fuori un 10% a causa di una fascia di attività che ricorre ancora a pratiche di smaltimento illegali. Potenzialità ancora tutte da sfruttare sul fronte della raccolta differenziata domestica degli oli, i cui rifiuti rappresentano i due terzi di tutta la quota di olio esausto recuperabile “Noi ne raccogliamo per ora solo un terzo”, aggiunge Campanile spiegando che per centrare l’obiettivo del 100% è necessario un importante sforzo economico e di coordinamento che possa raggiungere tutti e 27 i milioni di nuclei familiari italiani. “Noi ci stiamo provando – rivela il presidente del Consorzio – fra un mese dovrebbe partire una raccolta sperimentale in 5 grandi città italiane per verificare quale sia il sistema più efficace destinando anche questi oli ad un uso legale e legittimo”.

 

Filiere illegali parallele e mancanza di risorse non sono problemi solo del Conoe, ma dell’intera economia circolare. Ad ostacolare il settore del riciclo italiano è oggi anche un mercato che storce il naso di fronte le materie prime seconde. Il comparto dei RAEE, i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche ne fornisce il migliore esempio. Sulla carta l’e-waste è una vera e propria miniera urbana “I Raee sono riciclabili all’85%-90% – commenta Giorgio Arienti, direttore generale di Ecodom – vuol dire un’enorme potenzialità di rimettere nel ciclo produttivo quello che buttiamo: alluminio, rame, ferro e plastica ma anche materiali più preziosi come le terre rare”.  Peccato che attualmente l’industria manifatturiera continui a preferire materie prime vergini. “Della plastica riciclata non sappiamo cosa farne, perché nessuno la vuole. Il ferro è difficile da piazzare perché la spinta competitiva degli estrattori di materia prima vergine è fortissima. E senza misure di sostegno il riciclo rimarrà soltanto una teoria”, ha aggiunto Arienti.

 

“Più che in termini di grande scommessa parlerei dell’economia circolare in termini di grande sfida”, afferma Andrea Carluccio, Operation & Sales Account Manager presso Cobat Perché deve essere qualcosa in cui investire tutto il nostro impegno di operatori, legislatori e di sistema”. Ed è esattamente quello che sta facendo Cobat da 30 anni, cercando di puntare via via l’asticella dell’ambizione sempre più in alto e allargando l’originale monofiliera delle batterie al piombo ad un impegno differenziato che abbraccia oggi pile, accumulatori, apparecchiature elettriche ed elettroniche, moduli fotovoltaici e pneumatici. “Come Consorzio abbiamo pensato di ri-concepire la nostra struttura per renderla adeguata e dare risposte contemporanee, attraverso un sistema di gestione integrato che contemplasse funzioni come le certificazioni ambientali e di qualità, l’innovazione e la comunicazione affinché rappresentasse l’ottimizzazione dei processi”. Carluccio punta i riflettori sulla responsabilità estesa del produttore, elemento fondamentale dell’economia circolare “Oggi il produttore è responsabile e deve esserlo sempre di più; noi operatori dobbiamo essere in grado di fornire tutte le risposte e il supporto che serve affinché egli sia nelle condizioni di fare il suo meglio”.

 

E c’è chi ha saputo cogliere la sfida dell’economia circolare come una opportunità per creare un vero e proprio nuovo modello di bussines. A spiegarlo è Alessandra Colombo, Product Stewardship & Sustainability Manager presso Versalis “La nostra strategia si fonda essenzialmente su tre pilastri strettamente legati all’innovazione e che hanno la prerogativa di guardare lungo tutto il ciclo di vita dei nostri prodotti”. Il primo di questi è l’impegno nella ricerca di feedstock alternativi, ossia risorse che derivino da fonti rinnovabili o materie prime seconde provenienti dal riciclo facendo attenzione “a valutare l’effettiva sostenibilità di queste alternative”. Secondo punto fondamentale della strategia Versalis, l’attenzione verso l’ecodesign che si declina nello sviluppo di innovativi progetti in filiera assieme ai produttori finali, in maniera da rendere i manufatti completamente riciclabili. Terzo pilastro, il riciclo stesso “Noi ci focalizziamo sui polimeri plastici”, spiega Colombo “Siamo consapevoli che per raggiungere i target imposti dall’Unione Europea il riciclo meccanico non sarà sufficiente”. L’obiettivo della società è quindi quello di portare avanti anche un impegno su nuove tecnologie di riciclo chimico che permetterebbero di far un salto di qualità al settore. “L’industria può fare tanto, tuttavia ha bisogno anche di un contesto esterno che permetta di raggiungere questi obiettivi”.

 

Ma economia circolare non è solo saper agire sui rifiuti, ma anche usare consapevolmente e razionalmente risorse e beni. L’educazione al consumo responsabile è il pallino di una delle associazioni di consumatori più grande d’Italia, Adiconsum, che per voce del suo presidente Carlo de Masi spiega “Infondere la cultura del riuso è una nostra missione sociale”. L’associazione “vuole essere e sarà al centro del processo di transizione dei consumi dall’economia lineare a quella circolare. Per fare questo daremo avvio ad un grande programma educativo, coinvolgendo tutti gli stakeholder, istituzionali e non, proponendo un Manifesto dell’innovazione circolare per i consumatori”.