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Lavori verdi: le potenzialità italiane legate all’economia circolare

Per stimare il possibile futuro dell'occupazione green in Italia, Legambiente e Green Factor hanno sviluppato un’analisi concentrandosi su 55 figure professionali. Obiettivo? Testare il grado di fiducia in una possibile ripresa basata su uno sviluppo sostenibile

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Credits: pxfuel.com

L’economia circolare ha i numeri per farsi motore di un nuovo sviluppo

(Rinnovabili.it) – L’economia circolare e l’energie rinnovabili possono non solo fornire la base della ripartenza post Covid-19, ma essere anche motore della crescita futura. Questo quanto emerso dall’indagine di Legambiente e Green Factor, nell’ambito del progetto Ecco (Economie Circolari di COmunità), per stimare il possibile futuro dell’occupazione green in Italia.

La ricerca s’è concentrata in particolare su 55 gruppi professionali legati sia all’impresa che all’auto-impresa.Sono state analizzate due classi di professioni. Un primo gruppo di 29 categorie, con un mercato di circa un milione e mezzo di posizioni aperte sul mercato del lavoro nel 2019, tutte potenzialmente coinvolte in processi di economia circolare dal basso o in imprese via via più strutturate fino alle grandi con oltre 50 dipendenti“, ha spiegato Marco Gisotti, giornalista e direttore di Green Factor. “Quindi, un secondo gruppo nel quale sono state classificate tutte quelle altre categorie professionali, in tutto 22, nelle quali esplicitamente Istat pone riparatori e manutentori: un mercato di 234.140 posizioni disponibili in entrata solo nello scorso anno”.

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Secondo le ultime previsioni di Unioncamere-Anpal (dati febbraio 2020), i posti di lavoro destinati alle professioni legate all’economia circolare risultavano essere circa 1 milione, 672 mila e 310. Ma quanto i dati registrati in una fase pre Covid-19 possono essere ancora validi? Secondo la nuova indagine la crisi sanitaria viene percepita un problema per il 42% dei casi ma, allo stesso tempo, anche l’occasione per costruire un nuovo paradigma occupazionale più sostenibile per il 61% dei casi. Il 9% degli intervistati, ritenendo l’epidemia “ininfluente”, ritiene invece che le cose torneranno come erano prima. 

Molto però dipenderà dal ruolo delle istituzioni: agli intervistati è stato chiesto di assegnare un punteggio da 0 a 100 in base al rischio per lo sviluppo dell’economia circolare. Con rispettivamente 85 e 84 su 100, i principali fattori che secondo gli intervistati andranno con urgenza implementati per favorire lo sviluppo dell’economia circolare sono la diminuzione della pressione fiscale da parte dello Stato, ( 85 su 100) ed il perfezionamento del sistema di leggi e regolamenti nazionali e locali anche per chi vorrebbe iniziare, che  ha registrato (84,2 su 100).

L’epidemia c’entra poco: dai dati raccolti è emerso infatti come i rischi maggiori per gli intervistati derivano da fattori pre-Covid. La crisi sanitaria, per quanto abbia un peso di 45,8 su 100, è ben distante dai vincoli imposti dalla burocrazia (che ha un peso di 74,2) e dalla scarsa attenzione da parte delle istituzioni in ambito locale (68,3).

Possiamo e dobbiamo immaginare che il mercato del lavoro abbia sempre più bisogno di competenze verdi. Lo confermano i numeri – ha dichiarato Lorenzo Barucca, responsabile nazionale di economia civile Legambiente – L’economia e i processi circolari rappresentano la direttrice sulla quale è possibile innervare percorsi economici civili per generare posizioni lavorative e includere persone in condizioni di marginalità. Crediamo che la strada dell’inclusione circolare possa rappresentare una sana ricetta di sviluppo economico che guarda al rilancio in chiave green di settori strategici per il Paese tra cui turismo, mobilità, ristorazione, energia e rifiuti”.

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