La sostenibilità ambientale delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione rappresenta un requisito essenziale della transizione digitale. Ma in che modo è possibile tradurre questo obiettivo in un impegno concreto? Lo abbiamo chiesto ad Angelo Fienga, responsabile europeo per le strategie di sostenibilità di Cisco
di Rita Cantalino
(Rinnovabili.it) – Il settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) subirà i maggiori cambiamenti in ottica di transizione ecologica: emissioni, materie prime, fine vita sono solo alcuni degli aspetti che dovranno essere rivoluzionati nei prossimi anni per rispondere alle esigenze del pianeta. Innanzitutto perché richiede un utilizzo molto ingente di energia: si stima che entro il 2035 utilizzerà l’8,5% dell’elettricità globale. L’ICT inoltre necessita di materie prime la cui estrazione può generare importanti impatti dal punto di vista ambientale ma anche del rispetto dei diritti umani. Solo meccanismi di recupero e smaltimento virtuosi possono garantire il rispetto degli standard europei e mondiali. Molte imprese stanno già rispondendo a queste necessità dotandosi di piani di sostenibilità e di strumenti adatti alla gestione delle singole fasi della catena di filiera. Abbiamo intervistato Angelo Fienga, responsabile europeo per le strategie di sostenibilità di Cisco, azienda attiva nei settori del networking e dell’IT, che ci ha raccontato come la sua società sta rispondendo alle sfide della contemporaneità.
Dottor Fienga, quali sono, in generale, gli impegni che Cisco ha deciso di assumere rispetto alla sostenibilità ambientale delle proprie attività?
Il tema della sostenibilità è estremamente rilevante per le corporations, soprattutto negli ultimi anni. Molti hanno sviluppato un piano di sostenibilità da qui al2030, 2040, 2050, anche nell’attesa della prevista due diligence europea. Certamente non è un tema conosciuto e affrontato generalmente a 360 gradi. Se prendiamo lo spettro degli SDGs definiti dalle Nazioni Unite, molta attenzione è data allo SDG13, che ha il fuoco sulle azioni per combattere il cambiamento climatico. Quindi le persone pensano a CO2 e gas climalteranti ma il concetto è molto più ampio. Una delle prime cose che è stata interessante raccontare ai colleghi e partner, quando ho preso l’incarico, è stato che quello che stiamo facendo oggi ha un impatto notevole dal punto di vista ambientale, perché, ad esempio, tutti i nostri data center di Webex in cloud girano su energie rinnovabili. Questo significa che la sola CO2 che stiamo generando nella nostra video conference [con la quale è stata svolta l’intervista] è quella associata all’utilizzo del nostro computer a casa, eventualmente quella del trasporto, ma tutta la parte di gestione del video, della voce e della condivisione di documenti e presentazioni è a 0 impatto. Questo è facile, comprensibile. Però per noi la sostenibilità non riguarda solo l’SDG 13; se vogliamo utilizzare la tassonomia delle Nazioni Unite c’è anche il concetto di accesso a un lavoro dignitoso, l’idea di permettere a persone che hanno disabilità o genitori single che hanno problemi a gestire i ragazzi di poter comunque gestire il lavoro in maniera efficiente. Bisogna guardare all’obiettivo 8, al 5, al 13, se ci metti anche la parte di sicurezza e gestione privacy guardiamo anche al 16. Il concetto di sostenibilità è più esteso rispetto alla riduzione delle emissioni. È un tema sempre più essenziale, che sarà sempre più importante di qui a venire perché è giusto focalizzarsi sull’impatto delle emissioni ma noi ragioniamo in termini più estesi e inclusivi sulla base proprio degli SDGs.
Come si combina questo impegno virtuoso con l’essere leader in un settore, quello dell’IT, che può essere foriero di importanti impatti ambientali? Quali sono gli impegni e la strategie assunte sulla produzione di emissioni climalteranti?
Lavoriamo su gestione della supply chain: entro il 2025 tutti i nostri prodotti saranno progettati con criteri di circolarità. Per l’utilizzo delle materie abbiamo un closed loop plastic cycle: le plastiche utilizzate vengono da sorgenti di riciclo, una parte di queste è raccolta direttamente da Cisco.
Anche nella produzione siamo attenti alla nostra sostenibilità. Ad esempio, la progettazione dei flussi d’aria per raffreddare alcuni prodotti è frutto di uno studio che utilizza schemi particolari di raffreddamento intelligente con uso minore di plastica nelle ventole e di energia per attivarle. Altre innovazioni diminuiscono la quantità di rame necessario per i circuiti, il che riduce la richiesta di materie prime.
C’è poi tutto il discorso della scelta dei materiali e del packaging. Sui router abbiamo eliminate le vernici oil wet che producono inquinanti. Abbiamo sviluppato nuove metodologie per il packaging, cercando di utilizzare un unico pacco con prodotti assemblati. È come se sostenibilità e circolarità fossero rispettivamente i watt e i kg. Per la circolarità tu ragioni in termini di chili, quanto materiale rimetti in circolo, mentre per la sostenibilità in termini di efficienza, cioè quanto riesci ad essere efficiente nell’utilizzare energia associata a quei prodotti. Noi lavoriamo su entrambe, sull’ottimizzazione dell’utilizzo dei materiali e della rimessa in circolo in un loop anche ampio ma chiuso, mentre l’utilizzo dell’energia avviene attraverso la progettazione e adozione di soluzioni sempre più efficaci. Noi siamo tra i pochi ad avere lo standard 80 plus, che garantisce l’efficienza dei powers supplies. Per avere questo standard, l’efficienza deve essere superiore all’80%, Cisco è tra i pochi al 96%: questo vuol dire che il nostro alimentatore, che in ogni apparato elettronico è tra le cose che disperdono più energia, è estremamente efficace.
Un’economia realmente circolare mira a integrare ogni fase del ciclo di vita del prodotto. In particolare rispetto alla produzione, quali sono gli accorgimenti che adottate circa il reperimento delle materie prime?
Un piano di sostenibilità dipende da quanto è sostenibile la tua supply chain. Abbiamo delle policy molto stringenti per i materiali speciali e pericolosi e abbiamo degli obiettivi per la nostra catena di fornitura. Entro il 2025 programmiamo di avere almeno il 70% dei fornitori con “zero-waste diversion rate” su almeno uno o più siti produttivi: devono sprecare poco, almeno il 90% dei rifiuti prodotti deve rientrare nel riciclo. Questo vuol dire porre attenzione alla progettazione, ma anche alla policy, specie sui diritti umani, per capire come e dove vengono estratti i materiali e con che attenzione a persone e ambiente. Abbiamo degli obiettivi per noi stessi ma anche per chi produce all’interno della nostra supply chain.
Lo scorso 23 febbraio la Commissione Europea ha approvato una direttiva che dice proprio questo, che le imprese devono sostenere una due diligence per tutti gli anelli della propria catena di fornitura, la vostra azione va in quella direzione e anticipa quella norma?
Per noi è molto importante, e per certi versi abbiamo anticipato la direttiva. Il percorso è molto positivo, perché tutti siamo supplier di qualcun altro e quindi alla fine a tutti noi sarà richiesto dai nostri clienti di essere più sostenibili. Il concetto introdotto dalla Comunità Europea è efficace perché funziona a ritroso: se sei un’azienda in genere utilizzi materiali o prodotti da chi ti sta a monte, a cui chiedi di rispettare i parametri di sostenibilità. Questi, a sua volta, lo chiederà a chi li rifornisce e quindi si ripercorre la catena a ritroso. Il discorso sulla sostenibilità non è solo su di te: sei responsabile di chi viene prima e di cosa avviene dopo con i tuoi prodotti.
In fase di produzione è fondamentale che i prodotti siano modulari e riciclabili in ogni loro parte, oltre che riparabili. Come vengono progettati i prodotti di Cisco? Ci può fornire qualche esempio?
Sviluppiamo tutti i prodotti in maniera modulare: da un lato possono essere disassembleati molto facilmente, separando le componenti di alluminio, metallo ecc, dall’altro possono essere aggiornati.
Uno dei router più venduti per l’IoT, l’internet delle cose, il 1101, può essere aggiornato da 4g a 5g cambiando solo un modulo. Così rimettiamo in circolo quel router cambiandogli solo un pezzettino. A fronte di un ricambio tecnologico, l’harware necessario per l’aggiornamento è ridotto proprio perché progettato in maniera circolare.
Abbiamo poi il programma di ricondizionamento Cisco Refresh. Il nostro è un ciclo completo, attraverso il programma Send it back puoi mandarci tutto il materiale, noi lo riutilizziamo al 99,86%. Una parte viene riciclata, un’altra parte è rimessa in circolo per prodotti ricondizionati. Si tratta esattamente degli stessi prodotti ma con impatto ambientale più basso, e hanno costi più bassi perché è ridotta la quantità di materiale utilizzata. Il programma utilizza un’applicazione attraverso la quale il consumatore può fotografare e poi rimandare indietro qualunque prodotto Cisco da qualunque parte del mondo a costo zero. Cisco si occupa di ritiro, smaltimento e riciclo. È inoltre possibile tracciare sia la raccolta che avere i certificati di riciclo.
C’è poi un ulteriore strumento finanziario, Cisco Green Pay per il quale puoi utilizzare la tecnologia e l’hardware come un servizio. Noi come costruttori ci prendiamo la responsabilità della gestione end to end dell’hardware, che tu paghi mensilmente. Alla fine dei 5 anni, riprendiamo la tecnologia per farti passare a una successiva, più avanzata e che consumi meno, ma puoi anche decidere di estendere la durata dell’utilizzo. In più, viene riconosciuto un valore residuo dell’hardware che viene direttamente in fase di avvio del programma.
E cosa succede per quanto non è recuperabile o riciclabile?
Si tratta dello 0,08%, che viene trattato dai partner per poter essere smaltito correttamente. Consideriamo che è lo 0,08% di apparati che pesano decine di chili, come router industriali. Il residuo è solo la parte minima che deriva da estrazione schede madri.
Qual è la risposta di investitori e consumatori a queste scelte, se è stata registrata? È un valore aggiunto nella scelta di un fornitore?
Lo sta diventando sempre di più.
Un’analisi pubblicata da Accenture ha mostrato che le aziende che hanno forti investimenti in direzione degli SDGs sono il 21% più profit delle altre, quindi la prima risposta è: sì, la sostenibilità paga. La ricerca della sostenibilità non è disaccoppiata dalla ricerca e dall’innovazione per il business, è la stessa cosa, equivale alle ricerca per l’efficienza e per il migliore utilizzo delle risorse.
È sempre più rilevante e ci viene sempre più richiesto. Penso che nell’arco di qualche anno non sarà più un nice to have ma una questione di market access: o la hai, o è difficile che i tuoi clienti possano selezionarti. Se non sei sostenibile o parte di una supply chain non sostenibile, resti fuori, non potrai fare parte della supply chain di altri clienti.