L'analisi del Festival nazionale dell’economia circolare e delle energie dei territori, organizzato Greening Marketing Italia (GMI), Cooperativa Erica, Aica, e eprcomunicazione. Ma il nostro Paese negli ultimi anni, al di là della pandemia, sta facendo passi indietro
di Tommaso Tetro
(Rinnovabili.it) – L’Italia è prima nell’economia circolare in Europa. Una vera “eccellenza”, meglio di Germania e Olanda. Ma il nostro Paese – che sta negli ultimi anni sta facendo passi indietro, al netto della pandemia – “arranca sul fronte dei comportamenti ‘green’, essenziali per dare sostanza e continuità alla transizione ecologica”. Questa la fotografia scatta dal rapporto di Circonomia, presentato oggi ad Alba in Piemonte in apertura del Festival nazionale dell’economia circolare e delle energie dei territori, organizzato Greening Marketing Italia (GMI), Cooperativa Erica, Aica, e eprcomunicazione.
Secondo il documento “non c’è rapporto diretto tra ricchezza di un Paese e le sue performance ‘green’: i Paesi a basso reddito generalmente vanno meglio perché consumano meno energia e meno materia pro-capite, a differenza di quelli più ricchi che spesso hanno livelli più elevati di efficienza energetica”. Nel complesso l’Italia, e in particolare il Nord e il Centro – hanno una carta in più da giocare: sono l’economia più ‘verde’ d’Europa.
Il rapporto si basa su 17 indicatori come il consumo interno di materia pro-capite e la percentuale di rifiuti avviati a riciclo, in cui l’Italia è prima assoluta nell’Unione Europea a 27 Paesi; ma si prendono in considerazione anche i consumi finali di energia in rapporto al Pil e il tasso di rinnovabili sui consumi finali di energia, dove siamo largamente al di sopra della media europea e in testa tra i grandi Paesi Ue come Germania, Francia, Spagna, Polonia.
La classifica generale – che tiene in conto tutti gli indicatori – vede al primo posto l’Italia; segue l’Olanda, l’Austria, la Danimarca. La ‘bravura’ del nostro Paese nell’economia circolare – viene spiegato – nasce da diversi fattori: tipo condizioni oggettive e tradizionali come la nostra geografia caratterizzata in prevalenza da un clima mite che favorisce più bassi consumi di energia, la nostra strutturale carenza di materie prime che ci ha abituato a ottimizzare l’uso di energia e risorse naturali; e poi ci sono anche elementi di ‘reazione’ come “un miglioramento delle prestazioni di consumo e riciclo di materia e di efficientamento e conversione alle rinnovabili del sistema energetico”. Tanto che per esempio “tra il 2011 e il 2019 la produttività d’uso delle risorse è migliorato in Italia del 59%, con la media dell’Ue al 31%”.
Nel riciclo di materia dai rifiuti urbani “con il 51,4%, siamo ormai a un passo dai valori di Paesi leader come la Germania, il Belgio o l’Olanda”. Infine, negli ultimi 10 anni – tra il 2010 e il 2019 – “il tasso di riciclo di materia in Italia è cresciuto di oltre il 20% passando dal 31 al 51%; mentre la media Ue è cresciuta del 10%, e quella dei Paesi più avanzati come l’Olanda e la Germania rispettivamente dell’8% e del 4%, quella della Francia del 10% e la Spagna del 5,5%”.
Ma di fronte si pongono alcuni rischi. Il primo è in “un rallentamento in settori-chiave della transizione ecologica, primo tra tutti la produzione e il consumo di energie rinnovabili: l’Italia era al 6,3% di energia pulita sui consumi finali nel 2004, era passata al 17,1% nel 2014 (target europeo del 17% raggiunto con largo anticipo), è rimasta al 18% nel 2019”.
Va peggio per le rinnovabili elettriche: “Nel 2010 la produzione elettrica da nuove rinnovabili era pari all’8%, un valore inferiore alla media europea o a Paesi come la Germania (14%) o la Spagna (18%). Nel 2015, grazie alla spinta del fotovoltaico, l’Italia era arrivata al 23%. E qui si è fermata: dal 2017 al 2019 è ferma al 23% della produzione elettrica”. Altro pericolo è legato alla contraddizione che si ha nel vedere buone prestazione ambientali affiancate dal “persistente declino del Paese sotto il profilo economico e sociale, anche per effetto della pandemia che ha avuto in Italia gli effetti tra i più drammatici d’Europa”. Il terzo aspetto che preoccupa è legato ai comportamenti, agli stili di vita e a quelli di consumo: “l’Italia mostra maggiore lentezza nell’aprirsi a modelli di consumo e stili di vita ‘circolari’“. Nelle nostre case consumiamo più energia della media dei cittadini europei: peggio di noi fanno solo Belgio e Lussemburgo.
Sebbene siamo uno dei principali produttori europei di prodotti alimentari biologici, per consumi bio sia rispetto alla spesa alimentare che per abitante l’Italia è dietro buona parte dei Paesi del nord. E poi fatichiamo nella mobilità alternativa: da una parte siamo Il Paese europeo con il più alto tasso di motorizzazione privata (614 auto ogni 1.000 abitanti), dall’altra pur essendo i primi produttori europei di biciclette i ritmi di vendita di bici e e-bike sono ampiamente al di sotto di quanto dovrebbero”.
“Per consolidare questo primato – conclude l’analisi di Circonomia – dobbiamo fare in modo che benessere ambientale, benessere economico, equità sociale crescano insieme. L’Italia tra i grandi Paesi europei è quello le cui difficoltà economiche sono più profonde e strutturate ma anche uno di quelli che ha maggiori titoli per puntare sull’economia circolare, sulla transizione ecologica, come antidoti sia alla crisi climatica e in generale ai problemi ambientali, sia al rischio di un declino socioeconomico irreversibile. Per questo, spendere presto e bene gli oltre 200 miliardi che il Pnrr destina al nostro Paese non è solo giusto e necessario nell’interesse della lotta alla crisi climatica e al degrado ambientale: è anche utilissimo per dare gambe più forti alla nostra ripartenza economica”.