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Ben 88mld e quasi 600mila lavoratori, ecco quanto vale l’economia circolare in Italia

economia circolare in Italia
Foto di Engin Akyurt da Pixabay

di Tommaso Tetro

 La fotografia scattata da Legambiente nel corso dell’EcoForum

(Rinnovabili.it) – Arriva a 88 miliardi, impiega quasi 600mila lavoratori. Ecco quanto vale l’economia circolare in Italia, quella in grado di ridurre, riutilizzare, riusare e riciclare le materie prime e rimetterle all’interno dei processi industriali. Siamo un po’ “i campioni” dell’economia circolare in Europa, riuscendo a riciclare il 79% dei rifiuti totali (più del doppio della media europea che si ferma al 38%). Questa la fotografia scattata al nuovo paradigma economico da Legambiente – citando i dati diffusi dalla Fondazione Symbola – nel corso dell’EcoForum, l’evento interamente on-line lanciato con La Nuova Ecologia e Kyoto club, dedicato quest’anno ai mercati dell’economia circolare e realizzato in collaborazione con Conai (Consorzio nazionale imballaggi) e Conou (Consorzio nazionale per la raccolta e gestioni degli oli minerali usati), con il patrocinio del ministero dell’Ambiente.

E’ stata messa a punto un’analisi sull’economia circolare e il ruolo, ritenuto “importante”, che può avere nell’attuale contesto di “crisi sanitaria e economica”. In particolare può creare nuova occupazione fino a 1,5 milioni di posti di lavoro; portare risparmi concreti per le aziende, fino a 600 miliardi all’anno; avere impatti sul miglioramento della qualità ambientale, che pesa tra il 2 e il 4% di riduzione delle emissioni di gas serra. Secondo Legambiente “l’economia circolare può diventare un prezioso alleato per superare la crisi sanitaria-economica che l’Italia sta attraversando e deve essere davvero uno dei pilastri del Recovery plan italiano”.

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L’Italia vanta la più alta percentuale di riciclo sulla totalità dei rifiuti, il 79% di rifiuti totali avviati a riciclo. Superiore rispetto a tutti gli altri grandi Paesi europei: la Francia al 55%, il Regno Unito al 49%, la Germania al 43% e la Spagna al 37%. Non soltanto però. L’Italia è “il primo Paese in Europa sull’obbligatorietà dei criteri ambientali minimi. La sostituzione di materia seconda nell’economia italiana comporta un risparmio annuale pari a 21 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio e a 58 milioni di tonnellate di CO2”. E siamo primi tra i grandi Paesi Ue anche “per la riduzione dei rifiuti: 43,2 tonnellate per milione di euro prodotto. La Spagna ne produce 54,7, la Gran Bretagna 63,7, la Germania 67,4, la Francia 77,4; la media Ue è 89,1”. Poi, “per ogni chilogrammo di risorsa consumata il nostro Paese genera, a parità di potere d’acquisto, 3,5 euro di Pil, poco meno della Gran Bretagna (3,7) che ha però un’economia trainata dalla finanza, della Spagna (3,1), della Francia (2,7) e della Germania (2,3)”. E meglio della media Ue che è di 2,2.

“Tra gli interventi da mettere in campo per far accelerare l’economia circolare – dichiara Stefano Ciafani, presidente di Legambiente – occorre semplificare di molto la normativa, a partire da quella sull’end of waste, completare l’impiantistica di riciclo, a partire dal Centro Sud del Paese, e accelerare la creazione di un mercato dei prodotti riciclati, obiettivo ancora oggi disatteso”.

In base ai risultati di un nuovo sondaggio dell’Ipsos il Recovery fund è “importante per un rilancio green dell’economia all’insegna” dell’economia circolare e della “lotta alla crisi climatica” per il 72% degli italiani. Dai dati ne viene fuori che c’è un’ampia fiducia nell’Europa: per il 61% degli intervistati infatti l’Ue ha giocato “un ruolo importante nell’indirizzare l’Italia verso uno sviluppo sostenibile ambientale e sociale”. Inoltre il 76% conosce il concetto di sostenibilità e il 40% i principi alla base dell’economia circolare. Ma è ancora troppo poco conosciuto “il Green deal europeo, visto che soltanto il 42% ne ha un’opinione positiva”. Il sondaggio poi mette in evidenza anche “le preoccupazioni per i problemi del Paese: l’80% degli intervistati è preoccupato a livello nazionale per l’occupazione e l’economia, il 45% per il welfare e il 39% per il funzionamento delle istituzioni”; a livello locale se occupazione ed economia restano le questioni prioritarie da affrontare per il 47% delle persone, al secondo posto ci sono l’ambiente per il 32%, e la mobilità per il 27%.

Per favorire la diffusione dell’economia circolare, l’83% è disposto ad adottare un comportamento favorevole; il principale contributo che i cittadini sono disposti a dare riguarda un maggior impegno nello smaltimento dei propri rifiuti, oltre il 41% degli intervistati lo farebbero. Però meno di 2 italiani su 10 sono disposti ad accettare prezzi più elevati, e oltre la metà degli italiani non è favorevole a un impianto per il riciclo dei materiali ‘vicino’ a casa propria. Per il 50% degli italiani un contributo alla transizione verso la sostenibilità può arrivare da ricerca ed innovazione. Sul fronte delle aziende soltanto una azienda su 4 investe in modo convinto nella sostenibilità; le previsioni lasciano intendere che il 56% delle aziende lo faranno prossimamente, in particolare con investimenti nella comunicazione.

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“La crisi climatica in atto e l’urgenza del rilancio dell’economia – osserva Francesco Ferrante, vicepresidente di Kyoto club – ci impongono di scegliere la strada dell’uso efficiente delle risorse e dell’economia circolare. A patto che si semplifichino norme troppo spesso barocche e che la strada indicata dalla politica sia coerente e non contraddittoria”.

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