Il Belpaese è primo tra le cinque principali economie europee, nella classifica di circolarità, il valore attribuito in base all’uso efficiente delle risorse. Ma stiamo perdendo punti e non è colpa del coronavirus
Pubblicato il “Rapporto nazionale sull’economia circolare in Italia” 2020
(Rinnovabili.it) – L’economia circolare in Italia rappresenta ancora oggi il nostro fiore all’occhiello. Il Belpaese continua a primeggiare tra le grandi nazioni europee quando si tratta di uso efficiente delle risorse, superando persino Germania e Francia. Una posizione invidiabile ma non scontata. Oggi infatti la circular economy nazionale sta rallentando e la colpa non è da attribuire all’emergenza coronavirus.
Il perché lo spiega il “Rapporto nazionale sull’economia circolare in Italia” 2020 (pdf), realizzato dal CEN-Circular Economy Network, la rete promossa dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile e da 14 aziende e associazioni di impresa, e da ENEA. Il documento, presentato stamane via streaming, offre una puntuale analisi della situazione nostrana attraverso quello che viene definito “l’indice di circolarità”.
Per calcolarlo, gli autori hanno preso in esame i 5 settori del Piano europeo per l’economia circolare del 2015 – produzione, consumo, gestione dei rifiuti, materie prime seconde e innovazione e investimenti- assegnando a ciascuno di essi un set di indicatori. Ad ogni indicatore è stato quindi attribuito un punteggio. Il risultato? L’economia circolare in Italia batte quella di Germania, Francia, Spagna e Polonia.
L’indice di circolarità
Le buone performance saltano subito all’occhio. Siamo, ad esempio, fra le economie con il maggiore valore economico generato per unità di consumo di materia (per ogni kg di risorsa consumata si generano 3,5 € di PIL). Allo stesso tempo registriamo anche i minori consumi di materia.
Potrebbe suonare strano ma anche quando si parla di rifiuti, il Belpaese sfoggia dei buoni risultati. Nel 2018, ad esempio, il riciclo dei rifiuti urbani è stato pari al 50 per cento, in linea con la media europea (dati Eurostat). Ciò ci colloca al secondo posto, dopo la Germania. La percentuale di riciclo di tutti i rifiuti è invece pari al 68 per cento, nettamente superiore alla media europea (57per cento). In altre parole, siamo al primo posto rispetto alle principali economie europee. Come mercato di materie prime seconde, invece, l’Italia si mantiene al secondo posto dopo la Francia, con un tasso di tasso di utilizzo circolare di materia del 17,7% (dato del 2017).
Terzo posto invece nella valutazione complessiva delle prestazioni relative a investimenti e occupazione. “Un punto debole è dato dal paragone sul numero di brevetti depositati dalle prime cinque economie europee relativi al riciclo dei rifiuti. L’Italia risulta scarsamente attiva su questo versante”, scrivono gli autori. Va meglio però l’indice di eco innovazione che vede l’Italia al di sopra della media europea e al secondo posto rispetto alle altre principali economie. Permangono delle criticità criticità sul fronte normativo. Ad oggi mancano ancora la Strategia nazionale e il Piano di azione per l’economia circolare
“Nell’economia circolare, l’Italia è partita con il piede giusto e ancora oggi si conferma tra i Paesi con maggiore valore economico generato per unità di consumo di materia”, commenta Edo Ronchi, presidente del Circular Economy Network. “Sotto il profilo del lavoro, siamo secondi solo alla Germania, con 517.000 occupati contro 659.000. Percentualmente le persone che nel nostro Paese vengono impiegate nei settori ‘circolari’ sono il 2,06% del totale, valore superiore alla media UE 28 che è dell’1,7%. Ma oggi registriamo segnali di un rallentamento, precedente anche alla crisi del coronavirus, mentre altri Paesi si sono messi a correre: in Italia gli occupati nell’economia circolare tra il 2008 e il 2017 sono diminuiti dell’1%. È un paradosso che, proprio ora che l’Europa ha varato il pacchetto di misure per lo sviluppo dell’economia circolare, il nostro Paese non riesca a far crescere questi numeri”.