di Isabella Ceccarini
(Rinnovabili.it) – Ridurre, riusare, riciclare: le parole chiave dell’economia circolare hanno guidato la giornata di apertura di EcoForum 2021, l’ottava conferenza nazionale sull’economia circolare organizzata da Legambiente, Nuova Ecologia e Kyoto Club in collaborazione con Conai e Conou e con il patrocino del Ministero della Transizione Ecologica e della Regione Lazio sul tema “Semplificazioni, innovazione e partecipazione: un piano nazionale per l’economia circolare”.
In apertura di EcoForum 2021, Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente, ha chiarito subito le criticità e i punti cardine che possono far decollare l’economia circolare: investire in nuovi impianti di riuso e riciclo per rifiuti organici e rifiuti speciali (quindi sia di origine domestica che industriale), più controlli ambientali efficaci, approvazione veloce dei decreti end of waste, semplificazione, sviluppare il mercato dei prodotti riciclati. A questi punti, Zampetti aggiunge la necessità di un dibattito pubblico sui territori per facilitare la realizzazione degli impianti, che troppo spesso si scontrano con i pregiudizi dei cittadini e i timori degli amministratori locali. L’Italia deve accelerare e approfittare dei fondi europei per dire basta a discariche e inceneritori a favore dei nuovi impianti, ma questo cambiamento non sarà realizzabile senza una semplificazione radicale degli iter autorizzativi.
La vera rivoluzione è quella delle autorizzazioni
Rivoluzione verde? La vera rivoluzione è quella delle autorizzazioni, che arrivano quando problemi e tecnologie sono diventati obsoleti. Potremmo dire che semplificazione è stata la parola d’ordine di tutti i partecipanti a EcoForum 2021: un’esigenza reale sentita da più parti, senza la quale l’Italia rischia di restare imbrigliata nelle sabbie mobili della burocrazia e di perdere un’occasione irripetibile per realizzare cambiamenti radicali.
Si fa presto a dire semplificazione se chi se ne occupa non sa cosa sia. «La vera semplificazione non si fa a colpi di norme ma per la capacità tecnica dei funzionari della Pubblica Amministrazione. Possono esistere norme studiate per incentivare il sistema, ma se a livello regionale non ci sono strutture tecniche in grado di affrontare temi di economia circolare non si faranno passi avanti», ha spiegato a EcoForum 2021 Laura D’Aprile, capo Dipartimento per la Transizione Ecologica e gli Investimenti verdi. Il primo passo è quindi investire sull’empowering tecnico di funzionari e cittadini per partecipare a un dibattito pubblico.
Alessandro Bratti direttore generale Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) concorda sulla necessità dell’empowering tecnico dei funzionari, ma bisogna intervenire su un sistema bloccato per non rischiare di diventare il collo di bottiglia del cambiamento: va bene fare presto, ma bisogna fare bene, in modo semplice e lineare. Le scelte fatte finora non sono chiare, affrontiamo un grande processo di ripresa ma siamo impreparati. «Oggi una procedura di valutazione di impatto ambientale dura in media 730 giorni: in parte è inefficienza, in parte gli studi sono fatti male e va ripreso l’iter dall’inizio. Oggi si parla di ridurre il tempo a 170 giorni, ma per fare questo bisogna assumere persone qualificate. Nelle condizioni attuali non si possono affrontare le sfide che ci aspettano».
Secondo Francesco Ferrante, vicepresidente di Kyoto Club, c’è una scarsa percezione dei cittadini e della politica delle tante eccellenze italiane che in tempi non sospetti hanno scommesso sul green, con risultati importanti: in molti campi siamo i primi in Europa e nel mondo. È innegabile la spaventosa impreparazione della PA, un grosso ostacolo per affrontare le sfide che ci aspettano. «Non abbiamo bisogno dell’ennesimo decreto semplificazioni con interventi parziali, la visione deve essere complessiva e la semplificazione reale. Proviamo a rappresentare le esperienze di chi ce l’ha fatta e a farne dei modelli, pungolando le amministrazioni sulla semplificazione».
Ferrante ritiene intollerabile che gli ostacoli siano dovuti a inefficienza e ritardi, ma anche a un’opposizione pregiudiziale in nome di una malintesa difesa del territorio e dell’ambiente. Alcuni impianti risolvono problemi che riguardano tutti. Ad esempio, la direttiva europea sulla plastica era stata approvata all’unanimità, al momento del recepimento si sono scatenate le proteste. Il recepimento non è arrivato, forse arriverà in ritardo rispetto agli altri paesi, creando polemiche contro la posizione del governo italiano.
Deve essere chiaro, per Ferrante, che la chiave per risparmiare risorse naturali e per rispondere alla crisi è nell’economia circolare e nell’innovazione, e non nasconde la sua delusione per il poco spazio attribuito nel PNRR all’uso efficiente delle risorse: «Non si tratta solo di gestire in maniera più intelligente e integrata il ciclo dei rifiuti, facendo gli impianti che servono e scegliendo quelli più innovativi – non soluzioni del secolo scorso, quali i termovalorizzatori (che non a caso la Commissione Europea ha escluso da ogni possibile finanziamento) –, ma piuttosto di semplificare il recupero con i decreti end of waste e promuovere ad esempio la chimica verde che si basa su materia prima vegetale e rinnovabile e non più sui fossili».
EcoForum 2021, la gestione dei rifiuti è un tema competitivo
Anche Massimo Medugno, direttore di Assocarta, mette il dito nella solita piaga intervenendo a EcoForum 2021: «Sarebbe bastato recepire la direttiva europea end of waste, che era chiara, e noi l’abbiamo complicata con il risultato di essere ancora fermi. Seguire norme europee ben scritte ci semplificherebbe la vita». Il 40% dei rifiuti finisce ancora in discarica perché non si riesce a recuperarli a causa di norme farraginose che spaccano il comma in quattro: a livello centrale si danno regole precise, ma a livello locale le regole sono diverse.
La gestione dei rifiuti, sottolinea Medugno, è un tema competitivo. «L’industria cartaria vive sulla rinnovabilità di un materiale riciclabile e compostabile. È possibile portare ancora gli scarti in Ungheria? Se non si danno alternative all’industria finiamo per sprecare soldi che vengono sottratti agli investimenti. Se il tema è la decarbonizzazione bisogna che ci siano gli strumenti adeguati, servono sforzi coraggiosi per mettere in piedi gli impianti per il 2030 mentre noi stiamo ancora aspettando le autorizzazioni per quelli del 2015».
«Useremo bene il PNRR se avremo un disegno generale», afferma a EcoForum 2021 Rossella Muroni, vicepresidente della Commissione Ambiente della Camera dei Deputati. «Invece il testo manca di ambizione e di conoscenza dei talenti italiani». Il PNRR, per decarbonizzare veramente l’economia e accelerare la transizione energetica deve semplificare le procedure per passare dall’energia fossile a quella rinnovabile. Occorrono tempi certi e brevi per gli iter procedurali, occorre potenziare i controlli ambientali, ma non ci sono risorse umane e materiali sufficienti.
E soprattutto vanno velocizzate le procedure ordinarie: la confusione normativa e la burocrazia ottusa sono le peggiori nemiche delle piccole imprese che non hanno i mezzi per pagare qualcuno che sciolga questi nodi. Per loro la paralisi è garantita, mentre in questo contesto si muovono agilmente gli imprenditori disonesti: «Si devono aprire i cantieri giusti nella maniera giusta. I cantieri che colpiscono l’ambiente sono quelli dove si lavora in maniera poco sicura e le procedure non sono trasparenti. Semplificare a pezzetti non aiuta, si deve semplificare attuando contemporaneamente i controlli. Spiazziamo gli schieramenti, non siamo quelli del no ma quelli del come e dove fare bene le cose. Per questo sosteniamo che si debbano aiutare i talenti italiani che scelgono il green, come i produttori plastica che vogliono riconvertire la produzione», conclude Muroni.
Chi dice no a tutto è nemico dell’ambiente
Ermete Realacci, presidente di Fondazione Symbola, inizia il suo intervento sul filo dell’ironia, ricordando il motto di un improbabile movimento immobilista molisano inventato anni fa dal giornale satirico “Il Male”. Realacci in realtà va dritto al punto: «Nella PA ha vinto il principio del “perché stare fermi quando si può rimanere immobili?”. La cosa migliore sembra non fare nulla, un atteggiamento da sconfiggere perché non si devono sprecare le risorse che ci sono e bisogna capire come spenderle.
La campana suona per l’ambientalismo, la partita da giocare è chiara. L’ambientalismo vero vuole dire come si fanno le cose. Se vuoi solo bloccare le cose, ti servi della burocrazia inefficiente; ti piace Greta ma ti opponi agli impianti per le rinnovabili, non ci si può più opporre a tutto a prescindere, è insostenibile». Realacci sottolinea che l’Europa non investe nel green perché è buona ma perché ha capito che funziona, che lì è il futuro dell’economia. Coesione, transizione verde e digitale sono i pilastri delle strategie europee da realizzare nei prossimi anni. Chi dice no a tutto è nemico dell’ambiente. «Questa idea di ambientalismo va sconfitta perché è nemica di un mondo migliore. Chi pensa che l’unico futuro possibile sia imbalsamare l’esistente non combatte i mutamenti climatici ma fa del male anche a noi».
Tra le interessanti e innovative esperienze presentate a EcoForum 2021, ne segnaliamo due. L’impegno globale di economia generativa di Nespresso che, avendo una filiera lunga, parte dai paesi di origine. Ha spiegato Chiara Murano, Sustainability & SHE manager Nespresso Italia, che dal 2003 esistono progetti di sostenibilità e sostegno alle aziende agricole locali.
Da dieci anni, inoltre, il progetto “Da chicco a chicco” – in cui Nespresso ha investito in Italia 6 milioni di euro in dieci anni – include tutti gli stakeholder: il consumatore riporta le capsule ai punti di raccolta, l’alluminio va a riciclo, la polvere di caffè usata diventa compost per le risaie, il riso viene riacquistato da Nespresso e che lo dona al Banco alimentare della Lombardia e del Lazio (nel 2020 sono stati donati 700mila piatti di riso). Vorremmo infine segnalare l’alleanza di Nespresso con Illy per il riciclo delle capsule di alluminio: colpisce questa partnership tra due aziende che competono sul business ma sono ugualmente sensibili alla sostenibilità e quindi pronte a collaborare per l’ambiente.
Un progetto di grande impatto è quello di FaterSMART per il recupero di assorbenti, pannoloni e pannolini. Come ha spiegato Orsola Bolognani, grant & international logistic modeling manager di FaterSMART, questi rappresentano il 4,5% dei rifiuti totali generati in Italia. Bolognani ha illustrato i diversi passaggi – che iniziano con una raccolta separata per poterli portare a riciclo – per trasformarli in materie prime seconde. Ora è in corso a Verona una sperimentazione con dei cassonetti intelligenti con cui gli utenti interagiscono tramite un’app che informa anche sull’importanza del progetto e sul beneficio ambientale che ne deriva. Il progetto ha avuto successo: vi hanno aderito 2400 famiglie generando un risparmio di 53 tonnellate di CO2.
I consumatori informati premiano le aziende green
A EcoForum 2021 tutti concordano sul fatto che la raccolta differenziata vada potenziata: abbiamo filiere virtuose di riciclo e spendiamo per portare i nostri rifiuti all’estero, mentre potremmo chiudere il cerchio in Italia dove abbiamo le tecnologie migliori e sappiamo trasformare meglio degli altri. «In Italia non abbiamo materie prime, ma siamo bravi nel riuso. La differenziata è carente, in alcuni casi si deve addirittura importare dall’estero mentre potremmo utilizzare tutto con una differenziata efficace», sottolinea Guido Pasqualini, sustainability sr advisor Lucart Group, che ha superato l’iniziale diffidenza dei consumatori producendo carta (igienica e da cucina) senza sbiancarla: «Il processo di sbiancamento è impattante, usare una fibra che non ha subito questo processo è un bel segnale. Ora la nostra carta innovativa è beige: il colore non interessa, il mercato ci ha premiato».
L’importante è informare correttamente i consumatori, insiste Luca Torresan, direttore commerciale del Gruppo Sartori Ambiente: «Dobbiamo far capire loro che eventuali variabilità di colore in prodotti di vetro o plastica riciclati non sono difetti, ma dipendono dalla variabilità del materiale di partenza, e quindi sono da considerare un pregio».
Perfino «realizzare pavimentazioni ecosostenibili è possibile: basta aumentare la qualità e quindi la durata per ottenere un beneficio economico per tutti e per l’ambiente. Si possono ridurre le emissioni di CO2 abbassando le temperature e riciclare materie prime seconde, PFU, plastiche», afferma Fabrizio Monti, direttore commerciale e responsabile sviluppo Italia Iterchimica.
Senza impianti non esiste economia circolare
La sintesi di EcoForum 2021 viene da Roberto Cingolani, ministro della Transizione Ecologica, che invita a non fermarsi alla semplificazione delle norme (che sicuramente è parte del problema, ma sono tutti d’accordo nel risolverla), ma al nocciolo del problema: la natura e l’ambiente, di cui dobbiamo realmente preoccuparci. «La sfida ambientale è enorme: ci sono obiettivi chiari a livello internazionale, la realtà è che devono essere perseguiti in tutto il mondo altrimenti anche se noi raggiungiamo la decarbonizzazione, ci saranno grandi economie emergenti e disordinate che compenseranno in un attimo lo sforzo europeo».
Un altro nodo importante è realizzare una transizione ecologica che non lasci indietro nessuno. «Il PNRR riguarda i prossimi cinque anni, ma ce ne sono altri trenta da vivere e da gestire, e la transizione ecologica è una maratona lunga in cui qualcuno parte svantaggiato. Non possiamo pensare di realizzarla a spese di milioni di famiglie lasciate indietro, o la sostenibilità ambientale senza quella sociale farà troppe vittime. È inaccettabile mettere le persone davanti alla scelta se morire di inquinamento o morire di fame perché non hanno lavoro. Facciamo uno sforzo comune e corriamo la maratona tenendo conto che non basta spingere un pulsante per cambiare le cose».
È importante una comunicazione chiara ed efficace affinché tutti capiscano l’urgenza che abbiamo davanti. Il senso dell’urgenza deve superare tutte le questioni secondarie: «L’homo sapiens è comparso sulla Terra 130 mila di anni fa, per 129.800 anni l’anidride carbonica è rimasta stabile e gli abitanti erano 1 miliardo. Negli ultimi 200 anni siamo diventati 8 miliardi e abbiamo raddoppiato la CO2 in atmosfera generando i problemi che sappiamo. Se Sapiens fosse apparso 24 ore fa, il problema sarebbe nato nell’ultimo minuto e mezzo. Il senso dell’urgenza viene da questo: se nell’ultimo minuto e mezzo abbiamo fatto questo disastro e vogliamo limitare i danni abbiamo un minuto per frenare e fare retromarcia, cioè fine secolo». La transizione ecologica è legata alla tecnologia, la sfida si vince con gli impianti e le infrastrutture per rigenerare la materia, senza impianti non esiste economia circolare.
Cingolani ha spiegato che sono stati stanziati circa due miliardi per nuovi impianti e si sta lavorando per recuperare i tempi dell’end of waste. Il ministro esprime qualche perplessità sulla consultazione pubblica perché inevitabilmente tarda i tempi: basta uno che si oppone al TAR e tutto si blocca, e purtroppo nella maggior parte dei casi chi interviene cerca la contrapposizione anziché la soluzione. «Non abbiamo alternativa che elettrificare il più possibile ricorrendo alle rinnovabili. Per arrivare al 70% di energia elettrica prodotta dalle rinnovabili dobbiamo impiantare strutture per circa 70 gigawatt in 9 anni, oggi ne mettiamo 0,8 (cioè un decimo): un risultato che è il combinato disposto di processi autorizzativi da 1500 giorni, sindrome nimby, difficoltà burocratiche e complessità di natura tecnica. Se da ora devo aumentare le rinnovabili che abilitano tutta la catena bisogna trovare un compromesso che deriva da una sana discussione sui problemi da affrontare: chi porta il problema senza soluzione è parte del problema».