L’economia circolare è in grado di migliorare anche la reputazione aziendale
(Rinnovabili.it) – Si è aperto ieri l’EcoForum 2018 tutto incentrato sul connubio tra economia circolare dei rifiuti e industria 4.0. Due elementi capaci insieme di vincere la sfida dello sviluppo sostenibile. L’indagine sulle Opportunità di Business e di innovazione dell’economia circolare e l’industria 4.0 realizzata dal Laboratorio Manifattura Digitale del Dipartimento di Scienze economiche e aziendali dell’Università di Padova e Legambiente e presentata durante la prima giornata dell’EcoForum a Roma martedì 26 giugno, si basa sulle prime 50 imprese tra le 231 identificate tra quelle manifatturiere che praticano l’economia circolare. Gli imprenditori di questo tipo sono illuminati e viaggiano in solitaria: cercano sinergie con enti di ricerca, sono capaci di produrre nuovi posti di lavoro e tuttavia non hanno sufficienti sostegni economici e normativi. Le imprese possono rinnovarsi in un’ottica di economia circolare e per farlo devono essere capaci di guardare a nuovi modelli di business e alla tecnologia. Un ruolo chiave è occupato quindi dalle tecnologie nell’ambito di Industria 4.0 che comprendono la manifattura additiva fino all’Internet delle cose (IoT).
Ad aprire la giornata ricca di appuntamenti è stato il direttore generale di Legambiente Giorgio Zampetti. Tante le personalità della politica e dell’imprenditoria hanno preso parte all’evento come il Sottosegretario del Ministero dell’Ambiente Salvatore Micillo, la deputata Rossella Muroni o Alessandro Bratti, Direttore generale Ispra. “Per far decollare il settore serve rimuovere gli ostacoli non tecnologici ancora presenti nel nostro Paese – ha detto il presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani – La burocrazia asfissiante, l’inadeguatezza di alcuni enti pubblici, le autorizzazioni sbagliate, i decreti ‘end of waste’ sulle materie prime seconde che non arrivano mai, il mancato consenso sociale per la realizzazione dei fondamentali impianti di riciclo sono questioni che vanno affrontate una volta per tutte per voltare pagina in tutto il territorio nazionale”. Secondo Francesco Ferrante il Vicepresidente del Kyoto Club “fino ad oggi sono sforzi “solitari” che nessuno è riuscito a “mettere a sistema”, garantendo un quadro normativo a livello nazionale e locale che consenta a questi “campioni” dell’economia circolare di diventare dei veri modelli da seguire per tutti”.
Il principale modello di business praticato è legato al recupero delle risorse (per 30 imprese, pari al 61,2%) o alla fornitura di input di natura circolare (15 imprese, 31,6%). A spingere gli imprenditori verso questa direzione sono motivi di natura etica e di responsabilità sociale d’impresa (89,6%) o motivi legati al mercato (aumento del valore del prodotto offerto, 81,2%). Il principale beneficio conseguito è legato al miglioramento della reputazione aziendale (86,6%). Si è scelto di investire prima di tutto in attività di marketing e commerciali (61,7%) e nelle attività di ricerca e sviluppo e rinnovo del proprio portafoglio prodotti (47,9%). I risultati dal punto di vista dell’occupazione sono positivi: il 52% delle imprese dichiara che l’occupazione è aumentata a seguito dell’adozione di pratiche di economia circolare.