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Pale eoliche bioderivate per un riciclo più efficace

I ricercatori del NREL statunitense hanno creato una nuova resina per la realizzazione di pale eoliche, ottenuta dalla biomassa e in grado di rendere facile l'upcycling delle vecchie lame

Pale eoliche bioderivate per un riciclo più efficace
La nuova resina PECAN per pale eoliche bioderivate. Foto di Werner Slocum / NREL

Nascono nuove pale eoliche bioderivate dalla biomassa

Arriva dagli Stati Uniti e più precisamente da uno dei laboratori del Dipartimento dell’Energia nazionale l’ultimo progresso nel campo del “riciclo eolico“. Un gruppo di scienziati del National Renewable Energy Laboratory (NREL) ha, infatti, messo mano all’ecodesign delle turbine creando innovative pale eoliche bioderivate. Ad essere precisi il materiale derivato è solo uno ma nell’equazione complessiva risulta come uno dei più importanti perché determina la resistenza meccanica delle stesse. Parliamo della resina che, assieme alle fibre di rinforzo, viene impiegata nella realizzazione di tali componenti. Ma per comprendere la portata del lavoro svolto dal NREL è necessario fare qualche passo indietro.

Le resine termoindurenti delle pale eoliche

La stragrande maggioranza delle moderne pale nelle turbine eoliche su scala megawatt è attualmente prodotta utilizzando sistemi di resina termoindurente come poliestere, vinilestere o epossidica rinforzati da fibra di vetro o carbonio e un adesivo ad hoc per i longheroni di rinforzo interno. Materiali e struttura conferiscono alle pale la leggerezza e la resistenza necessarie ma rendono anche molto complesse le operazioni di riciclo.

In altre parole con la tecnologia attuale, le lame degli aerogeneratori durano circa 20 anni, dopodiché – nel migliore dei casi – possono essere riciclate meccanicamente. Ad esempio triturandole e macinandole per impiegarle come riempitivo del calcestruzzo. Oppure trasformandole in sci e in supporti per i moduli fotovoltaici. Nel peggiore dei casi, invece, sono destinate all’incenerimento o alla discarica.

In questi anni tuttavia i nuovi sforzi del settore eolico per rendere le pale riciclabili hanno aperto un nuovo trend. E sebbene i risultati siano ancora limitati e applicati su piccola scala, ne emerge un’attenzione crescente e dalle interessanti prospettive.

Pale eoliche bioderivate, l’approccio PECAN (PolyEster Covalently Adaptable Network)

È in questo contesto che si inserisce lo studio del NREL. Gli scienziati hanno messo a punto pale eoliche bioderivate impiegando una innovativa resina termoindurente ottenuta dalla biomassa. Soprannominata PECAN – acronimo di PolyEster Covalently Adaptable Network – la speciale resina non solo aiuterebbe ad allontanare il fine vita delle pale, ma potrebbe adattarsi fin da subito ai processi industriali attuali.

“L’approccio PECAN per lo sviluppo di pale eoliche riciclabili rappresenta un passo fondamentale nei nostri sforzi per promuovere un’economia circolare per i materiali energetici”, ha dichiarato Johney Green, direttore associato del laboratorio per le scienze ingegneristiche meccaniche e termiche dell’NREL.

La PECAN è nata dalla volontà di trovare un nuovo modo per facilitare l’upcycling delle lame eoliche. Gli scienziati volevano realizzare una pala che potesse essere riciclabile e hanno iniziato a sperimentare una serie di materie prime adatte a raggiungere lo scopo. Ma con loro grande sorpresa hanno scoperto che l’innovativa resina – sviluppata utilizzando zuccheri bioderivati – non solo raggiungeva l’obiettivo ma mostrava prestazioni equiparabili a quelle delle resine tradizionali

I vantaggi della resina PECAN

Il team ha costruito un prototipo di pala eolica da 9 metri. Sottoposta a test di convalida ha dimostrato di poter mantenere la forma, resistere agli stress e agli agenti atmosferici ed essere realizzata in tempi simili al ciclo di polimerizzazione esistente per il modo in cui vengono attualmente fabbricate le moderne pale. “Nove metri è una scala in cui siamo stati in grado di dimostrare tutti gli stessi processi di produzione che sarebbero stati utilizzati per le lame da 60, 80 e 100 metri”, ha affermato Robynne Murray, il secondo autore della pubblicazione su Science.

Ovviamente l’altro elemento clou che caratterizza la ricerca è la circolarità. Le pale eoliche bioderivate possono essere riciclate chimicamente con un blando trattamento termico che permette ai singoli componenti di essere recuperati e riutilizzati nuovamente dall’industria degli aerogeneratori. Chiudendo definitivamente il cerchio.

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