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L’inatteso ritorno delle bioplastiche biodegradabili

bioplastiche biodegradabili
Via depositphotos.com

I poliidrossialcanoati, che danno vita a bioplastiche biodegradabili dai batteri, sembravano destinati al fallimento. Fino ad oggi.

(Rinnovabili.it) – Hanno tutte le migliori qualità ambientali che si possano immaginare, come la biodegradabilità nell’ambiente circostante, compresi gli oceani e il suolo. Sono polimeri creati da microrganismi viventi (batteri) o prodotti sinteticamente da materie prime di origine biologica e rinnovabili. In pratica, delle bioplastiche biodegradabili. Eppure, i poliidrossialcanoati (PHA) non sono mai decollati come alternativa sostenibile alla plastica. Sono infatti più fragili, quindi non durevoli e convenienti come le plastiche convenzionali. Non possono essere facilmente fusi e riciclati, il che li rende costosi da produrre.

Eppure, c’è chi non ha smesso di crederci e di tentarne un perfezionamento. Così, i chimici dei polimeri della Colorado State University, sotto la guida del professor Eugene Chen, hanno pubblicato su Science i risultati di un processo che sembra risolvere ciascuno di questi problemi, aprendo la strada a un futuro in cui i PHA potrebbero decollare sul mercato. Chen e i suoi colleghi sostengono di aver creato una nuova classe di PHA con una strategia che tiene conto dell’instabilità termica intrinseca dei PHA convenzionali. La loro mancanza di resistenza al calore ne rendeva infatti difficile la fusione per trasformarli in prodotti finali. 

I chimici della CSU hanno apportato modifiche fondamentali alle strutture di queste plastiche, sostituendo gli idrogeni alfa – particolarmente reattivi e responsabili della degradazione termica – con gruppi metilici più robusti. Questa modifica strutturale migliora drasticamente la stabilità termica dei PHA, permettendo di creare una plastica che può essere lavorata allo stato fuso senza andare in decomposizione.

Inoltre, questi PHA di nuova concezione sono meccanicamente resistenti, più ancora delle due materie plastiche più comuni: il polietilene ad alta densità – utilizzato in prodotti come bottiglie e prodotti per l’igiene della persona – e il propilene isotattico, utilizzato per fibre sintetiche e parti di automobili. La cosa che più rende interessante l’esperimento è che i nuovi poliidrossialcanoati possono essere riciclati chimicamente per tornare al monomero costitutivo utilizzando un semplice catalizzatore e del calore. La molecola pulita così ricavata, può essere riusata virtualmente all’infinito per produrre altre bioplastiche.

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