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Diffondere buone pratiche per incrementare la sostenibilità della plastica

L’Agenzia Europea dell’Ambiente ha diffuso il briefing “Percorsi verso la plastica circolare in Europa, esempi di buone pratiche provenienti da paesi, imprese e cittadini”, un documento che incentiva e promuove le buone pratiche per la gestione delle plastiche in ottica di sostenibilità.

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Foto di Jon Moore su Unsplash

(Rinnovabili.it) – Sono molti i Paesi, le imprese e i privati cittadini che, in Europa, adottano quotidianamente buone pratiche nella gestione delle plastiche, con un approccio orientato alla sostenibilità. Sebbene infatti l’inquinamento prodotto dalla plastica necessiti di interventi vigorosi volti a ridurne la produzione, i prodotti esistenti e attualmente circolanti vanno indirizzati a cicli virtuosi che, secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente, hanno il potere di ridurne gli effetti nocivi come le emissioni di gas serra, l’inquinamento e la crescita dei rifiuti. 

Per supportare questo percorso proprio l’AEA oggi ha pubblicato un briefing intitolato “Percorsi verso la plastica circolare in Europa, esempi di buone pratiche provenienti da paesi, imprese e cittadini”, uno strumento concreto per chi voglia compiere percorsi di sostenibilità a partire dalla gestione circolare delle materie plastiche. 

Le buone pratiche nella gestione delle plastiche verso la sostenibilità

Il paper si basa su una relazione tecnica del Centro tematico europeo per l’economia circolare e l’uso delle risorse dell’Agenzia stessa, e si rivolge a imprese, decisori politici e cittadini fornendo loro una serie di esempi di comportamenti volti a rendere produzione e consumo di plastica più circolari e sostenibili.

Secondo il documento, un utilizzo più intelligente della plastica, una maggiore circolarità e l’introduzione di materiali rinnovabili sono i tre asset principali che possono determinare la diffusione di buone pratiche di gestione orientata alla sostenibilità. 

Cosa vuol dire? A detta dell’AEA, utilizzare in maniera intelligente la plastica vuol dire innanzitutto ridurre gli imballaggi e i prodotti monouso, favorendo un design circolare che renda i prodotti riparabili, riutilizzabili e, in generale, più duraturi. In tutta l’Unione sono già diffuse diverse buone pratiche che vanno in questa direzione come il noleggio delle attrezzatura, la condivisione di strumenti o mezzi di trasporto o il riutilizzo di casse e pallet nell’industria alimentare. 

Per aumentare la circolarità invece occorre utilizzare prodotti riutilizzabili più a lungo e ottimizzare le operazioni di raccolta, selezione e riciclaggio della plastica: buone pratiche che vanno in questa direzione sono quelle adottate dai negozi che riprendono i propri prodotti giunti a fine vita o consentono il riutilizzo, ma anche i consumatori hanno la propria parte nella costruzione della sostenibilità: è a loro che l’AEA si rivolge chiedendo di acquistare prodotti circolari e riciclandoli correttamente. 

Aumentare l’uso di materiali rinnovabili implica infine usare plastiche riciclabili e biobased, limitando la diffusione di quelle derivanti dall’industria fossile, a partire da materie prime i seconda e terza generazione. 

“Le imprese, i responsabili politici e i cittadini possono contribuire alla produzione e al consumo di materie plastiche più sostenibili e circolari – conclude il briefing dell’AEA. – C’è un enorme potenziale nel ridimensionare i modelli di business circolari, rafforzare le politiche, aumentare la domanda di prodotti sostenibili, ridurre i consumi inutili e migliorare il riciclaggio”.

Il destino dei rifiuti plastici dell’UE

Al briefing è correlato un documento complementare, la relazione “Il destino dei rifiuti plastici dell’UE” prodotta dal Centro europeo sull’economia circolare e l’uso delle risorse dell’AEA, che analizza le dinamiche di commercio dei rifiuti di plastica all’interno dell’Unione e di quelli esportati e dimostra che le esportazioni continuano a diminuire e si concentrano in pochi paesi, ai quali sono inviati soprattutto rifiuti di scarsa qualità, “scarti” del mercato europeo che, spesso, non possono esser trattati adeguatamente dagli Stati riceventi per mancanza di infrastrutture adeguate.