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Cosa manca per creare un’economia circolare delle batterie

Una nuova analisi del Rocky Mountain Institute suggerisce le misure da includere in politiche ambiziose verso un’economia circolare delle batterie

economia circolare delle batterie
Via depositphotos.com

Dalla trasparenza agli incentivi, fino al monitoraggio. Tutto ciò che serve a un’economia circolare delle batterie

(Rinnovabili.it) – Adottare una economia circolare delle batterie, in cui gli accumulatori vengono riciclati o riutilizzati, potrebbe avere benefici inaspettati. Lo conferma un’analisi del Rocky Mountain Institute, che stima l’impatto in una riduzione della domanda di materie prime di quasi due terzi. Inoltre, come effetto collaterale positivo si avrebbe un rafforzamento delle catene di approvvigionamento per i produttori di veicoli elettrici.

Staccarsi dalle forniture di materie prime importanti ma centralizzate come il litio e altre terre rare, infatti, è cruciale. Aiuterebbe a minimizzare il rischio di interruzioni della filiera a causa del cambiamento delle alleanze commerciali, della geopolitica e del cambiamento climatico.

Il Rocky Mountain Institute elenca i compiti a casa che le autorità dovrebbero fare per costruire una vera economia circolare delle batterie. Focalizzandosi sugli Stati Uniti, secondo gli analisti occorre un approccio di conformità federale e un’armonizzazione di norme e regolamenti che va esteso alle filiere internazionali. Le regole a livello globale dovrebbero infatti essere uniformi e spingere le aziende a garantire la tracciabilità della catena di approvvigionamento. Le politiche devono poi facilitare il potenziamento dei nodi principali nella filiera: il trasporto, lo stoccaggio, la produzione, il riciclo e il riutilizzo. Infine, servono norme che fissino i parametri e gli indicatori in base a cui le aziende possano monitorare la conformità.

Siamo ancora distanti da un sistema ottimale. Oggi conviene spesso produrre nuove batterie in una logica di economia lineare. Al massimo, il riciclo si concentra su litio, nichel e cobalto, le rare volte in cui avviene. Se non saranno messi in piedi quadri normativi adeguati, prevede l’Istituto, il settore rischia di fare la fine della plastica. Oggi solo il 9% della plastica prodotta viene riciclata, un dato che preoccupa il mondo intero. 

I modelli da seguire: Corea e Unione Europea

Seguire l’esempio europeo potrebbe essere una buona strada per gli Stati Uniti. L’Unione ha compiuto un passo significativo per migliorare la tracciabilità della filiera, adottando un regolamento sulle batterie che richiede il riciclo di una percentuale crescente del peso degli accumulatori. I produttori inoltre devono rivelare l’impronta di carbonio e il contenuto riciclato. Anche i materiali che la compongono devono essere tracciati, per evitare le violazioni dei diritti umani lungo la catena. Gli attori a monte devono poi sottoporsi a controlli di terze parti nelle loro miniere.

Per favorire l’economia circolare delle batterie, bisogna anche tagliare i costi del trasporto. Gli accumulatori usati devono infatti essere trasportati e conservati. Stoccaggio e trasporto valgono il 40-60% dei costi di riciclo al momento, motivo per cui il settore privato è riluttante a investire in impianti. Occorre incentivare questo passaggio di filiera secondo il Rocky Mountain Institute.
Altro esempio da seguire per gli Stati Uniti è quello coreano. La Corea del Sud ha infatti emanato regole e approvato finanziamenti per impostare obiettivi di riciclo ed elargire fondi per ricerca e sviluppo. Attività, queste ultime, che devono concentrarsi in particolare sull’ecodesign, ovvero su una progettazione per il riciclo. L’estrazione e il riutilizzo dei materiali contenuti nelle batterie possono ridurre la domanda di materie prime fino al 64% entro il 2050.