Utilizzare una forma depolimerizzata di PET può migliorare l’impermeabilità degli impianti, fornendo un nuovo modo di smaltire la plastica
(Rinnovabili.it) – Se per smaltire la plastica ancora oggi si ricorre soprattutto alla discarica, c’è un modo per renderla utile a qualcosa. Lo ha proposto un dottorando dell’Università della Columbia Britannica, che ha studiato l’uso di PET depolimerizzato chimicamente come copertura degli impianti.
Il ricercatore ha pubblicato un paper in cui esamina le possibilità per dare una seconda vita a prodotti come le bottiglie e i tessuti usati all’interno delle discariche stesse. Siccome queste strutture ci accompagneranno per molti anni ancora, a giudicare dai tassi di riciclo, occorre studiare come renderle più efficienti. Quasi cento milioni di tonnellate di polietilene tereftalato oggi vengono prodotte a livello globale ogni anno. Neanche il 10% entra nei flussi del riciclo.
Alok Chandra, dottorando all’Università della Columbia Britannica e il suo supervisore, il professore di ingegneria Sumi Siddiqua, hanno sviluppato un nuovo metodo smaltire la plastica che sfugge ai canali dell’economia circolare. Nel lavoro pubblicato su Waste Management, propongono di utilizzare i rifiuti di PET nella stabilizzazione del suolo argilloso.
Le discariche sono infatti impermeabilizzate di norma con rivestimenti in argilla geosintetica, costituiti da uno strato di bentonite o un altro materiale a bassissima permeabilità supportato da geotessili o geomembrane. Utilizzare una forma depolimerizzata di PET, cioè il bis (2-idrossetil) tereftalato (BHET) può migliorarne l’impermeabilità, spiega la ricerca.
“A causa della sua non tossicità, bassa biodegradabilità e accessibilità, questo materiale mostra un notevole potenziale per l’uso in discarica”, spiegano. “Questo non solo risolve il problema dei rifiuti, ma ne aumenta anche il valore economico e ne incoraggia il recupero da terreni e oceani già inquinati”. Lo studio suggerisce che il materiale riutilizzato possa quindi essere utilizzato per creare uno strato resistente all’acqua che impedisca agli inquinanti come il piombo di percolare.
Altri studi sono però necessari per ottimizzare questa tecnologia. Il trattamento con BHET ha infatti aumentato la coesione a causa del forte ponte polimerico tra le particelle, ma non basta. Il rivestimento polimerico provoca anche una riduzione della rugosità superficiale e una diminuzione dell’angolo di attrito. Questo va tenuto in conto perché rende meno tortuosi (e quindi lenti) i percorsi dei liquidi verso il fondo degli impianti.