Una biologa statunitense individua tre livelli di biomimetica di supporto alla progettazione d'innovazioni sistemiche che ci proiettino verso un’economia circolare
(Rinnovabili.it) – In natura, il rifiuto non esiste. Tutto è composto da sostanze nutrienti e materie prime. Mimare questo modello e questi processi può aiutare gli umani a passare da tecnologie energivore e consumistiche a un sistema che genera vita. A spiegarlo è la biologa statunitense Janine Benyus su Circulate News.
Spesso, l’innovazione che fa uso di una metodologia biomimetica scaturisce da una semplice domanda: cosa farebbe la natura in questo caso? Non si tratta di una sola idea, ma di milioni di soluzioni già ampiamente testate in centinaia di migliaia, se non milioni di anni.
Benyus individua tre livelli di biomimetica che ci possono aiutare a progettare innovazioni sistemiche che ci proiettino verso un’economia circolare.
Il primo livello è mimare la forma naturale. Per esempio, si può imitare il piumaggio di un gufo per creare un tessuto che si apre ovunque lungo la sua superficie. Copiare le piume è solo l’inizio, perché potrebbe portare a qualcosa di scalabile a livello sistemico, ma potrebbe anche non farlo.
Una più profonda biomimetica aggiunge un secondo livello, la mimesi dei processi naturali. Il piumaggio del gufo si autoassembla alla temperatura corporea senza tossine o alta pressione, per un processo chimico naturale. Le chimica verde tenta di copiare queste ricette.
Il terzo livello riguarda la mimesi degli ecosistemi naturali. Il piumaggio è parte di un gufo, che a sua volta è parte di una foresta, che a sua volta è parte di una biosfera. Allo stesso modo, un tessuto ispirato a un gufo dovrà essere parte di una più grande economia che lavora per generare vita e non per consumare. In altre parole, se produci un tessuto ispirato alla natura utilizzando chimica verde, ma sfrutti i lavoratori, inquini e lo spedisci su gomma a lunghe distanze, allora non hai raggiunto l’obiettivo prefissato.
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